Smart working, lavorare da casa a volte conviene. Ecco cosa dice la legge

Si chiama anche “remote job” o, in italiano, lavoro agile. Da noi, è regolamentato dal maggio dell’anno scorso

Smart working, lavoro agile. Una volta c’era il lavoro a casa, quello (sottovalutato) della casalinga, oggi c’è il lavoro da casa, anche se in realtà – soprattutto per una questione di marketing – gli si danno i nomi più vari, come remote job. Con Internet è possibile quello che vent’anni fa era a stento immaginabile e quanto più le aree connesse crescono e aumenta la velocità di trasferimento dati, tanto più è possibile lavorare senza muoversi dalla propria poltrona.

Smart working: che cos’è e cosa dice la legge

Una definizione dello smart working è contenuta nel ddl del 2016 sulle nuove forme di lavoro autonomo, perché è questo è l’ambito al quale il “lavoro agile appartiene”: “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. La caratteristica contrattuale di questo tipo di impiego è quella di non prevedere una postazione fissa. Non c’è un cartellino da timbrare né una scrivania da occupare, se non il tavolo della propria casa. In realtà, si può lavorare da qualunque posto, che sia un bar, un parco o una spiaggia.

La legge, la numero 81, del 22 maggio 2017, è entrata in vigore il 14 giugno dello stesso anno: gli articoli relativi allo smart working vanno dal 18 al 23. La legge lascia libere le parti, lavoratore e datore di lavoro, di scegliere liberamente se adottare questa modalità organizzativa o meno, chiede solo che l’accordo venga formalizzato e non resti verbale. Per quanto computer e device in grado di connettersi siano generalmente essenziali, per chi sceglie il telelavoro, non sono un requisito necessario: si può accedere al remote job anche senza pc.

Uno smart working non è per sempre

L’accordo, che può valere per un dato periodo o essere a tempo indeterminato, può essere anche revocato da ciascuna delle due parti con un preavviso di trenta giorni, che salgono a novanta nel caso in cui a beneficiare del lavoro da casa siano lavoratori portatori di handicap. In casi particolari, l’azienda può annullare questa concessione prima della scadenza o senza preavviso, purché ci sia un “giusto motivo”, come può esserlo una performance piuttosto deludente da parte dell’impiegato o del professionista che ne beneficia.

Perché lo smart working può convenire

Rinunciare all’ufficio può essere conveniente per il lavoratore: innanzitutto evita di dover perdere tempo e soldi per raggiungerlo. Le spese per mezzi pubblici e benzina non sono proprio indifferenti. Meno stress, quindi, e di conseguenza una migliore resa: Può convenire anche alla società che offre questa possibilità ai suoi dipendenti, perché potrebbe aumentare la produttività di questi ultimi, senza contare che in questo modo si può risparmiare anche sulla metratura degli uffici (visto parte del personale non è presente in sede) e sul consumo energetico. Il ddl precisa che chi optasse per questa soluzione, ha diritto a percepire lo stesso stipendio dei colleghi parigrado o addetti alla medesima mansione che invece in ufficio ci vanno. Stesso discorso per i premi e gli incentivi.

Molto vasta è la tipologia delle attività che si possono svolgere da casa, da quelle poco qualificate a quelle che richiedono competenze e specializzazioni di più alto profilo: dal giornalista al montatore, dalle consulente al programmatore, dal traduttore al copywriter. Un’idea più precisa, però, la si può avere scorrendo la lista delle cento società più consigliate, in tema di smart working, stilata dal sito Flexjobs. Va detto che sono tutte o quasi tutte americane, ma la maggior parte ha diversi sedi in altri Paesi, Italia inclusa.

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