Stipendi: il 60% dei dipendenti è insoddisfatto

La retribuzione resta un punto dolente per molti italiani, soprattutto quando in azienda non sono previsti sistemi di incentivazione individuale

Quasi il 60% dei dipendenti italiani è insoddisfatto del proprio salario, che viene considerato non in linea con il proprio contributo offerto all’azienda. È una delle evidenze che emergono da “Salary Satisfaction ed.2019”, lo studio condotto da JobPricing in collaborazione con Spring Professional che mappa il livello di soddisfazione degli italiani nei confronti del loro pacchetto retributivo.

La ricerca, giunta quest’anno alla quarta edizione, elabora un indice di soddisfazione (da 0 a 10), che riflette il giudizio medio espresso dai lavoratori sul proprio stipendio, analizzato in base a sei diverse dimensioni: equità, competitività, performance, trasparenza, meritocrazia, fiducia e comprensione.

E nei risultati del 2019 il salario si conferma un fattore “igienico” nel determinare la soddisfazione del dipendente: uno stipendio considerato inadeguato dal lavoratore produce infatti demotivazione, ma la partecipazione e l’entusiasmo non crescono necessariamente al crescere del pacchetto retributivo.

La soddisfazione sale, ma resta su livelli critici

Nel 2019 l’indice di soddisfazione complessivo sale di 0.4 punti rispetto all’anno scorso, arrivando al valore di 4.1: nonostante la leggera crescita, si tratta di un dato ancora molto basso con punte più critiche in particolare nel Centro-Sud e nelle Isole. Quasi il 60% dei lavoratori del Paese, infatti, si dice fortemente (20,6%) o leggermente (38,3%) insoddisfatto del proprio salario, mentre solo il 3,4% ha raggiunto un grado di piena soddisfazione per la propria retribuzione.

Tra i settori più svantaggiati dal punto di vista retributivo troviamo il commercio e i servizi che raggiungono il livello più basso di soddisfazione: appena 3.8 punti, rispetto ai 4.5 e 4.6 di industria e servizi finanziari. Dal punto di vista dell’inquadramento professionale, sono i dirigenti a dirsi più soddisfatti: con un indice di 5.4, superano infatti sia i quadri (4.9), che i dipendenti e gli operai (fermi a 3.7).

In calo l’equità interna

Crescono le disuguaglianze all’interno dei luoghi di lavoro: rispetto agli anni scorsi JobPricing e Spring Professional rilevano una percentuale maggiore di lavoratori che non si considerano retribuiti equamente rispetto ai colleghi che svolgono la stessa mansione.

L’indice di equità interna tocca infatti quest’anno il suo valore più basso (4.6), con un calo di 0.4 punti rispetto al 2018 e di 0.3 nel periodo 2016-2019. E a sentirsi meno valorizzati rispetto ai colleghi sono in particolare i lavoratori che percepiscono una retribuzione fissa (per loro l’indice di equità è di appena 4.4 punti), al contrario dei dipendenti di aziende che prevedono incentivi di lungo termine, retribuzione variabile o premi di produzione anche di tipo non monetario (in questi casi il valore raggiunge quasi la sufficienza, 5.7).

Performance e retribuzione: lo scarto è significativo

Sono in molti a pensare che il proprio impegno lavorativo non sia pienamente riconosciuto e valutato: lo pensa, ancora una volta, il 60% dei dipendenti che ritiene di non essere retribuito in modo adeguato rispetto al proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Un’opinione condivisa in particolare dai lavoratori che percepiscono una retribuzione fissa: per loro il valore relativo a quest’area è di appena 2.9 punti. E sono ancora una volta i dipendenti con salario fisso a valutare più negativamente la trasparenza e la meritocrazia all’interno della propria azienda.

Il riconoscimento del merito, quindi, resta un tema molto delicato, come sottolinea anche Alessandro Fiorelli, CEO di Jobpricing: “la percezione è che aumenti retributivi, gratifiche, bonus, possibilità di carriera, etc. non vadano ai “migliori” e questo risulta coerente con lo scarso livello di fiducia e di comprensione che i lavoratori hanno rispetto alle politiche retributive dei loro datori di lavoro.”

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