Un tempo il lavoro garantiva stabilità. Oggi, per molti, significa ansia e stress costante. Secondo l’8° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, il 73% dei dipendenti ha vissuto situazioni di stress sul posto di lavoro, il 75,9% si sente sopraffatto dalle responsabilità quotidiane e il 76,8% non riesce a bilanciare vita privata e professionale. Il risultato? Un dipendente su tre è a rischio burnout.
I più colpiti sono i giovani. Il 47,7% dei lavoratori tra i 18 e i 34 anni si sente distante dal proprio impiego, emotivamente svuotato. Percentuali più basse per adulti (28,2%) e lavoratori senior (23%), ma il problema resta: il malessere è diffuso, e nessuno ne è immune.
Sindrome da corridoio: il fenomeno che contribuisce allo stress da lavoro
A peggiorare la situazione c’è la cosiddetta “sindrome da corridoio”, il fenomeno che porta tre milioni di italiani a non riuscire più a separare vita privata e professionale. Il 36,1% si porta il lavoro a casa, con effetti negativi sulle relazioni personali, mentre il 25,7% arriva in ufficio già carico di ansie private.
Per i più giovani, il confine tra ufficio e tempo libero è ancora più labile: il 41% non riesce a spegnere il cervello dopo l’orario lavorativo. Non si tratta solo di stipendio o condizioni contrattuali. I lavoratori vogliono supporto concreto per gestire lo stress. Il 63,5% vorrebbe strumenti per migliorare il proprio benessere, come meditazione, yoga o counseling psicologico, mentre il 38,2% ritiene che la meditazione possa essere un valido aiuto.
Ma più di tutto, chiedono tempo. Tempo per sé, per le proprie passioni, per gli affetti, per riposare. Quasi nove lavoratori su dieci sentono di non averne abbastanza. Il problema è strutturale: il lavoro, così com’è organizzato oggi, non lo permette. Eppure, quando l’ambiente è sano, il lavoro migliora la vita. Il 94,6% dei dipendenti indica nei rapporti con colleghi e superiori un fattore determinante per il proprio benessere. Il 92,2% considera cruciale l’equilibrio tra lavoro e vita privata, mentre il 91,6% chiede maggiore flessibilità sugli orari.
Sentirsi valorizzati, avere autonomia e poter lavorare in un ambiente positivo non sono dettagli, ma elementi chiave per la qualità della vita. “I tempi sono maturi per le aziende per proporsi come hub del benessere, garantendo ascolto e accompagnamento alle soluzioni, da quelle più piccole e quotidiane a quelle più articolate, private e pubbliche” afferma Alberto Perfumo, a.d. di Eudaimon. Un’idea che trova conferma nei dati. “La ricerca dimostra che ormai quando entrano in azienda le persone non rinunciano all’obiettivo del proprio benessere olistico, cioè psicofisico e sociale” ha dichiarato Giorgio DeRita, segretario generale del Censis. “Tuttavia, sono ancora molte le situazioni di stress legate al lavoro e in particolare la sindrome da corridoio, cioè l’osmosi di ansie e disagi tra lavoro e vita privata. Attrarre e trattenere lavoratori significa sempre più misurarsi con le loro nuove e inedite aspettative”.
© Riproduzione riservata