Team building, sempre più aziende hanno la mania del gioco. Ecco perché

Chi l’ha detto che a una certa età bisogna smettere di giocare? Nel mondo del lavoro le attività ludiche sono sempre più apprezzate. Fanno gruppo e migliorano l’armonia interna, a vantaggio della produttività

Il lavoro è una cosa seria e quindi, per farlo bene, bisogna giocare. Sembra un controsenso ma è ciò che sta alla base del team building e dei giochi organizzati da un numero sempre maggiore di aziende e società. Team building, appunto, che in inglese sta per costruzione del gruppo o, ancora meglio, per spirito di corpo o di gruppo.

Team building: l’origine della pratica

È una prassi che abbiamo importato dagli Stati Uniti, i quali a loro volta l’hanno fatta propria partendo dagli studi di un pedagogo tedesco, Kurt Hahn, e facendo in seguito fiorire una serie di ricerche e approfondimenti che hanno avuto una prima applicazione in campo scolastico, per poi diventare uno strumento sempre più consigliato dai responsabili delle risorse umane in ambito aziendale.

Inglesismi a parte, dietro il team building ci sono idee che sono logiche per una questione di buon senso e che pertanto non richiedono conoscenze troppo sofisticate. L’obiettivo delle attività di team building è quello di costruire quello spirito di gruppo che, semplificando un po’, si ha nello sport, all’interno di una squadra.

Si potrebbe obiettare che in ambito sportivo le cose siano rese più facile dall’ovvietà e dall’importanza dell’obiettivo comune: vincere il campionato o evitare una retrocessione. Nel lavoro, spesso è più difficile individuare un traguardo attorno al quale costruire meccanismi di solidarietà e lealtà. Premesso che non è sempre così, è comunque qui che entrano in gioco le attività di team building.

Team buiding: più giochi, meglio lavori

Queste consistono in giochi con i quali si possono raggiungere diversi scopi: passare un po’ di tempo insieme fuori dall’ufficio, per conoscersi meglio, per favorire una socializzazione che non risenta di protocolli e formalismi che in ambito lavorativo hanno il proprio peso, perché i colleghi non siano solo delle entità che si materializzano nelle ore d‘ufficio ma diventino persone con le quali avere una relazione umana oltre che professionale. In questo modo è l’azienda stessa a diventare qualcosa di più di un erogatore di stipendi.

Insomma, il team building mira a creare una solidarietà di gruppo, a favorire l’armonia tra coloro che ne fanno parte, con il fine ultimo di irrobustire l’attaccamento al proprio posto di lavoro e di aumentare la produttività. Il benessere psicologico del lavoratore si traduce in un guadagno per chi lo impiega.

Come detto, lo si fa giocando, ma questi giochi sono una cosa seria ed è quindi bene affidarsi a un esperto, un professionista specializzato in formazione esperienziale perché consigli o disegni il tipo di attività che più si adatta alle necessità dell’azienda.

Giochi diversi per obiettivi diversi

Il ventaglio di opzioni è davvero ampio e va incontro a ogni esigenza ma soprattutto a ogni portafoglio. Può essere considerata attività di team building anche una cena o un aperitivo aziendale, soluzione un po’ casereccia ma con una sua utilità, con un costo più che contenuto. All’estremo opposto ci sono viaggi organizzati a sorpresa in zone dai climi estremi, dov’è chi organizza che decide dove si va e cosa faranno i partecipanti, provvedendo al trasferimento e all’attrezzatura necessaria. Questi eventi di outdoor training possono durare anche diversi giorni e naturalmente richiedono un investimento molto più consistente.

In mezzo, ci sono decine di soluzioni meno costose ma non necessariamente meno efficaci. Una di queste è la caccia al tesoro, da fare in sede o in una location da scegliere. È molto utilizzata perché costringe i partecipanti a mostrare le proprie capacità di problem solving, senza contare che la formazione di squadre è l’occasione anche per mescolare dipendenti che, lavorando per uffici o direzioni diverse, spesso hanno poche occasioni di contatto.

Un corso di sopravvivenza è un’altra opzione. La location lontana dalla propria quotidianità favorisce indubbiamente una interazione diversa e meno ingessata, mentre le condizioni inospitali in cui si è immersi costringono a prendere rapide decisioni, a fidarsi del gruppo e a trovare in esso una garanzia.

Una scelta completamente diversa è quella che porta la direzione a preferire per la propria forza lavoro un corso di meditazione. Niente neve, pioggia, caldo o freddo ma silenzio, riduzione al minimo degli stimoli sensoriali e tanta attenzione a un tipo di energia diverso. Spogliandosi delle proprie sovrastrutture, ci si mette a nudo ma si ha possibilità di percepire e vedere sotto una nuova luce le persone con le quali si vive per 12 ore al giorno gomito a gomito, rimanendo spesso degli estranei.

Uno sport scandinavo: l’orienteering

Diverso ancora è l’orienteering, altra attività da fare all’aperto, in boschi o in città, nella natura o in un ambiente urbano. Si tratta di uno sport molto praticato nei Paesi scandinavi. Al partecipante viene chiesto di completare un dato percorso, con tappe da coprire in un determinato ordine, munito di bussola e cartina. Per strada sarà costretto a passare per una serie di punti di controllo che permetteranno di accertare la corretta esecuzione della prova. Qui ad esser privilegiate sono la memoria e la capacità di osservazione.

L’active painting, invece, valorizza altre doti, come la creatività e l’immaginazione. Alle squadre viene chiesto di realizzare un’opera d’arte, un quadro, ma senza usare tela e pennelli ma attrezzi non convenzionali

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