Manager sull’orlo di una crisi di nervi

Manager sull'orlo di una crisi di nervi© Getty Images

Quando si parla di management, la maggior parte dei contesti prende in considerazione la posizione dei Ceo, essendo cresciuto il peso del loro ruolo nella concezione della leadership moderna. Tuttavia, ça va sans dire!, non di soli Ceo vive la catena di comando delle imprese. Perché ai numeri uno seguono numeri due e tre, che nel loro insieme risultano altrettanto determinanti per la crescita aziendale. E da quel che si vede, andando in giro, i manager di livello intermedio sono in sofferenza come mai prima d’ora.

«Stiamo annaspando», confessa tra i denti qualcuno; e quando un simile anello di congiunzione risulta in affanno, prima o poi potrebbero generarsi ricadute anche gravi sull’intera macchina organizzativa. Tra le cause indicate: la complessità dei processi amministrativi e la crescita delle responsabilità individuali, il mancato reperimento di personale qualificato per i ruoli e, quindi, il carico di lavoro nel dover provvedere a sopperire – con risorse inadeguate – alle crescenti esigenze esecutive; così come recitano la loro parte il non riuscire a conciliare la vita professionale con quella privata, le perenni crisi di carattere economico e le emergenze nazionali e internazionali (dopo la pandemia, i conflitti dietro l’angolo), nonché l’imposizione di dover cavalcare le innovazioni tecnologiche, prima il digitale, ora l’AI; per non dire delle crescenti esigenze sociali (vedi la D&EI) e ambientali.

C’è di che far uscire di testa chiunque, anche – per quanto preparato – un manager… Già, perché la preparazione non basta, né la sola formazione può essere una soluzione. Anche l’avvento dell’AI viene tradotto come la possibilità di far fare più cose in meno tempo, anziché come un’occasione per dare respiro ai processi e regalare margini di riflessione ai team di lavoro. Se in natura esistono i sistemi di depressurizzare e di decantazione, una ragione ci sarà; ed è appunto quella che superare a lungo il limite che un organismo è in grado di sopportare rischia di portare al collasso l’insieme.

Ebbene, esistono confini che non vanno superati. Si tratta di frontiere che i Ceo devono avere ben tracciate nella mappa neuronale. Non so se ingaggiare i cosiddetti nuovi manager della felicità sia una soluzione, come impone un trend in voga, anche perché la felicità è di per sé uno stato momentaneo mentre le aziende necessitano di risultati certi e verificabili, perciò costanti nel tempo. So solo che prendersi realmente cura del middle management, ovvero dei coach chiamati ad allenare le varie anime delle aziende, è la sfida pratica che impone la contemporaneità in cui le buone intenzioni e le belle parole hanno smesso di avere valore.

Resta sempre aggiornato con il nuovo canale Whatsapp di Business People
© Riproduzione riservata