C’è un capo di Stato che dice cose che nessun altro suo collega si azzarda a sfiorare. Per convenienza politica. E che nessun Ceo si arrischia ad affermare. Per convenienza economica. Cose che, se prese sul serio anche da chi “subisce” – probabilmente per necessità o per quieto vivere – le decisioni dei politici così come di manager e imprenditori (ovvero cittadini e lavoratori), avrebbero la capacità di riscrivere l’attuale modo di intendere il lavoro e le basi stesse della società. Il leader in questione è segnatamente Papa Francesco, non nuovo a dichiarazioni in cui auspica che siano riviste certe ammorbanti regole che si è dato il mondo cosiddetto evoluto.
Nel suo instancabile, ma ormai ripetuto e ripetitivo appello agli Stati, alle aziende e ai singoli, Bergoglio continua a battere sullo stesso punto. Sul fatto che il modello di crescita economica che ci siamo scelti, il capitalismo, divide e ruba il futuro delle persone. Sostiene che gli stili di vita e il desiderio di consumo e di un certo tipo socialità, nonché i tempi del lavoro, ci rendono esausti e insensibili. Si vive per lavorare e non – come dovrebbe essere – si lavora per vivere.
Denuncia anche che abbiamo lasciato che il morbo di ciò che inquina la terra, l’aria e l’acqua pervadesse anche le nostre anime, e che smarriti come siamo andiamo a cercare sicurezze nel voler permanere a oltranza in queste forme di lampante schiavitù. È indubbio che non bisogna essere cristiani, men che meno cattolici, per poter comprendere quanto siano sane (se non sante…) le parole del Papa. Parole che più che risultare “contro” qualcosa o qualcuno, puntano a essere “per” una causa. In questo caso, una buona causa.
Il guaio è che nell’ubriacatura collettiva in cui siamo sprofondati, questo tipo di contenuti viene sommerso dal rumore di fondo di tutto il resto: da una notizia su un sito, da un trafiletto sul giornale, da un post sui social… Dopo di che meglio passare velocemente alla polemica successiva, alla novità (!) dell’ultimo scandalo. Tanto, per le stesse ragioni denunciate da Bergoglio, di polemiche e inutili clamori non possiamo dirci certo parchi. Possibile che, in nome dell’economia e di un cosiddetto sviluppo senza evoluzione, ci siamo rassegnati a permanere in una notte in cui tutti i gatti sono grigi? In cui non riusciamo a trattenere neanche per il breve tempo di una riflessione, pensieri e inviti con i quali si può anche non concordare, ma che vanno indubbiamente in direzione della salvaguardia della nostra dignità? Possibile che la nostra umanità valga così poco?
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