Chi non ricorda lo slogan di una famosa campagna del 1997? «Ci sono cose che i soldi non possono comprare, per tutto il resto c’è Mastercard». Ebbene, se dovesse essere lanciata all’alba del 2025, quel concetto funzionerebbe a metà, perché nella nuova golden age targata Trump, anche a quel che si pensava non avesse un prezzo è stato apposto un cartellino in bella vista. Alcuni articoli, vedi l’etica delle imprese, sono addirittura in saldo. Questo perché lo spettacolo indecoroso a cui si sta assistendo dall’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Usa, è la prova provata della sfacciata e incommentabile (perché si commenta da sola) ipocrisia perpetrata dalle aziende big tech americane negli ultimi anni.
Perché appena il neopresidente ha iniziato a spararle sempre più grosse e fuori da ogni buonsenso, Mark Zuckerberg (Meta), Jeff Bezos (Amazon) e company si sono sentiti finalmente liberi di gettare alle ortiche la maschera di mecenati in ambasce per i diritti umani, per le sorti degli oceani, per il destino dell’Amazzonia, o per l’andamento riproduttivo del fringuello delle Baleari (non so se esiste, ma ci sta bene) e hanno dichiarato il “liberi tutti”.
Da un giorno all’altro, mastodontici conglomerati d’affari si sono allineati tempestivamente come un sol uomo per cancellare quella che viene indicata, con un tono dispregiativo, la cultura woke. La stessa che avevano contribuito a rafforzare e a rendere “di moda” attraverso le loro piattaforme e di cui si professavano invece paladini. Salendo sul carro del vincitore, assecondandone le sparate, visto che – se solo volesse il tycoon anche con una qualsiasi delle sue mattane potrebbe fargli perdere miliardi – le big tech si sono abbattute come un ciclone sulle politiche DEI (diversità, equità e inclusione): Meta, Amazon e Google hanno annunciato di avere abolito o tagliato pesantemente le loro iniziative.
Eccetto Apple, le big tech Usa si sono allineate per cancellare la cultura woke
Zuckerberg è il più attivo nel non voler fare prigionieri, per prima cosa ha decretato la fine del fact-checking negli Usa su Facebook e Instagram, prendendo a modello le community note di X del consigliere in chief Elon Musk. Anche se ai dipendenti allarmati della CZI, l’associazione fondata insieme alla moglie per operare tra filantropia e tecnologia, è stato al momento risposto che le politiche DEI rimarranno inalterate… E il fondatore di Amazon non ha voluto essere da meno, infatti, il Bezos Earth Fund ha, tra le altre cose, interrotto il suo supporto alla Science Based Targets initiative (SBTi), un organismo internazionale che valuta se le aziende stanno decarbonizzando in linea con l’accordo di Parigi.
A dire il vero, l’abolizione delle attività DEI negli Usa è un trend degli ultimi mesi, Microsoft, Zoom e Harley Davidson avevano già superato il punto di non ritorno. Trump ha incoraggiato e incoraggerà altri a fare altrettanto, in uno stormire di deregulation che al momento ha preso come bersagli la DEI e la sostenibilità (per rimanere in tema di imprese), ma ovviamente siamo solo agli inizi. L’unica voce fuori dal coro pare essere rimasta al momento Apple, che ha rispedito al mittente le richieste analoghe avanzate dagli azionisti conservatori, ma quanto resisterà la mela prima di essere morsa anche lei?
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