Gli scogli dell’AI

Gli scogli dell'AI© iStockPhoto

Non nascondiamoci dietro un dito: al mondo delle imprese, l’AI impone diversi grandi scogli – non facili né semplici – da superare. Un primo scoglio è che nel giro di pochi anni cambierà i connotati del lavoro, di almeno l’80% delle professioni fa notare l’Annual Conference di ManpowerGroup Italia. Dopodiché certamente genererà nuovi posti di lavoro, 30 milioni entro il 2030, ma è anche vero che da qui ad allora ci sarà da colmare un profondo gap di competenze tra le ben cinque generazioni che si troveranno a lavorare insieme in questo lasso di tempo.

Un secondo scoglio è la componente etica, molto dibattuta ma ancora affatto concordata: al momento non esistono paletti chiari che delimitino il lecito dall’illecito, anche perché le potenzialità dell’AI continuano a evolversi giorno per giorno e per poter regolamentare qualcosa bisogna anche conoscere i termini esatti entro cui questo qualcosa può arrivare e i rischi cui si va incontro: altrimenti le regole verrebbero scritte in base a un orizzonte perennemente in mutazione. E la chiarezza delle regole è cruciale per quelle imprese che vogliono agire legalmente adottando l’AI, e che chiedono e pretendono di avere una rete di controlli – accurati e severi – che inibisca chi opera traedone vantaggi a discapito del bene comune.

Un altro scoglio è che poche aziende ancora sanno quanto vale e cosa fare dell’intelligenza artificiale, perché è vero che se ne discute ormai in modo abnorme, ma è anche vero che i termini pratici sono ancora una nebulosa indistinta per i più. Servono organismi – pubblici e privati – capaci di accompagnare le imprese italiane in questo passaggio epocale; così come serve che la ricerca sull’AI diventi patrimonio industriale, che la ricerca si tramuti in economia e posti di lavoro, affinché l’Italia e l’Europa tutta siano sempre di più e sempre meglio dei produttori di tecnologia e non solo dei grandi consumatori di tecnologie.

Un altro dei tanti e numerosi scogli che qui non abbiamo lo spazio e il modo di includere in modo esaustivo, è che l’AI – tanto quanto il digitale – dovrà diventare patrimonio di ogni impresa, nel senso che ogni settore – nessuno escluso – dovrà ingegnarsi per individuare in questo straordinario strumento degli utilizzi che non facciano tagliare i posti di lavoro, bensì li rendano più efficaci ed efficienti in termini di produttività e di competitività. Soprattutto, credo che l’AI sia un’occasione che metterà alla prova anche manager e imprenditori, perché presto il discrimine non sarà più tra chi la userà e chi no, ma tra chi la utilizzerà seguendo la corrente e chi la impiegherà in maniera creativa.

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