Un Paese in stand by

Un Paese in stand by© Getty Images

Viaggiando in treno, ho sentito un signore che, commentando la situazione dell’Italia in questa fase storica, sentenziava: «la voglia di cambiamento è palpabile, ma viviamo solo nel presente senza aver imparato nulla dal passato, e perciò senza futuro». Ci ho riflettuto un po’, e durante il viaggio di ritorno mi sono trovato a fare più di un ragionamento su un Paese in effetti decisamente in stallo. È come si fosse messo in pausa, in stand by. Ma se ne avessi avuto il tempo (e la voglia) avrei replicato al mio compagno di carrozza che alla fin fine non è poi neanche tanto vero che viviamo nel presente: chi vive nel presente coglie l’attimo in tutte le sue potenzialità, beve la vita, è il Carpe Diem di oraziana memoria. L’Italia di oggi invece vive alla giornata, senza forza né voglia di pianificare il suo futuro, senza memoria per un passato pieno di tanti errori così come di non poche vittorie.

Le decisioni che vengono prese oggi a livello economico hanno una prospettiva di tempo limitata, e questo vale per le imprese come per le famiglie. Perché gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo, e le previsioni sono ormai al pari di quelle metereologiche, che con il cambiamento climatico mischiano e confondo le stagioni in un perenne turbinio di fraintendimenti.

La visione politica poi ha un raggio d’azione limitato alle date delle continue tornate elettorali, occasioni in cui la cosiddetta classe politica si sente “ricattata” dalle urne e agisce di conseguenza. Col risultato che nessuno ha la forza e il coraggio di arrischiare una visione del Paese, ma ognuno porta avanti un qualche progetto “bandiera” che gli faccia avere soprattutto visibilità sui social. La verità è che sono tramontate le ideologie, ma delle idee non si è vista ancora l’alba. Sinceramente non so come o chi possa aiutare il Paese a uscire da tale torpore. Non credo agli uomini (o alle donne) forti al comando, ma credo nel talento dei bravi, di quelli che hanno studiato, che possono vantare una storia di successi e di fallimenti da cui hanno saputo rialzarsi. Credo nei professionisti che hanno dimostrato di generare profitti senza passare con lo schiacciasassi sulla vita dei dipendenti come delle comunità in cui le loro aziende operano. Così come credo che a volte non bisogna per forza inventarsi novità mirabolanti, ma bisognerebbe avere l’umiltà e l’intelligenza di copiare – bene – dai più bravi, da quelli che hanno saputo fare meglio di noi. Alla fine, penso che avrei poi chiuso la mia chiacchierata col signore del treno ricordandogli che per Sant’Agostino esiste in definitiva quasi un unico tempo, quello presente: «il presente del passato, che è la storia; il presente del presente, che è la visione; il presente del futuro, che è l’attesa». Pertanto, se si agisce bene nel presente, si fa onore alla storia, costruendo una visione che possa contribuire all’attesa e alla speranza di tempi migliori.

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