Papa Francesco, ricevendo in udienza poco prima di Natale le delegazioni di alcuni istituti bancari italiani, ha ricordato che la finanza sana «non degenera in atteggiamenti usurai, in pura speculazione e in investimenti che danneggiano l’ambiente e favoriscono le guerre». Un appello che dovrebbe essere ascoltato non solo dai cattolici, per i quali il Papa è una guida e un punto di riferimento, ma anche e soprattutto da coloro che sono da sempre attenti alla finanza sostenibile. Già, perché a osservarne gli sviluppi negli ultimi due anni, viene voglia di riscrivere l’arcinoto verso dei Giganti in “mettete dei cannoni nei vostri fondi”.
Dall’invasione dell’Ucraina, nel febbraio del 2022, è più che raddoppiato infatti il valore dei titoli legati ad aziende del settore della difesa nei portafogli di fondi etichettati come Esg, acronimo che sta per “environmental, social and governance” – in italiano “ambiente, società e governo delle imprese”. Lo ha scritto Avvenire, in un’inchiesta pubblicata lo scorso settembre, che riportava i dati di Morningstar, una società internazionale che analizza i fondi d’investimento: nel primo trimestre del 2022, prima dell’invasione russa, i principali fondi Esg attivi in Europa avevano un’esposizione di 3,2 miliardi di euro verso il settore della difesa. Soldi che in meno di tre anni sono aumentati a quasi 8 miliardi di euro.
L’esposizione dei fondi Esg è salita da 3,2 a 8 miliardi di euro in meno di tre anni
La maggiore flessibilità dei fondi Esg a inserire i produttori di armi nei loro portafogli è da ricercare, soprattutto, nella spinta politica dei governi europei che hanno chiesto più volte di allentare i criteri di selezione degli investimenti sostenibili per poter includere anche imprese attive in settori che “scottano”. Bruxelles, sotto le forti pressioni dell’alleanza atlantica, intende aumentare la spesa per la difesa nei prossimi anni; investimenti ritenuti necessari per affrontare uno scenario geopolitico, soprattutto a Est, sempre più difficile. E chiede il sostegno anche agli investitori privati, che hanno affidato i loro risparmi alle banche e ai fondi.
In questo scenario, sta cambiando anche la percezione dei conflitti nell’opinione pubblica, con l’idea sempre più diffusa che gli investimenti in armi, per scopi difensivi, possano assumere il carattere di utilità dal punto di vista sociale.
Cosa cambierà, dunque, nei prossimi mesi? Poco o nulla. Le parole del Santo Padre resteranno inascoltate. I governi aumenteranno i loro acquisti di armi e, forse, si scriveranno nuove regole per rendere i produttori di bombe, missili e carro armati più presentabili agli occhi degli investitori attenti alla sostenibilità. Così la faccia della finanza sarà salva.
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