Body Of Evidence: l’impegno è un’arte

Al Pac di Milano va in scena la prima ampia personale in Italia di Shirin Neshat, eclettica creativa e attivista iraniana

Body Of Evidence: l'impegno è un'arteVideo still dell’installazione Rapture del 1999© Shirin Neshat, Courtesy Shirin Neshat Studio

In questo aprile milanese scoppiettante grazie alla Design Week, è bene prendersi del tempo anche per una riflessione politica, purché a regola d’arte. Basta andare al Pac Padiglione d’Arte Contemporanea e immergersi in Body Of Evidence, la prima ampia personale in Italia dell’artista e attivista iraniana Shirin Neshat, già Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel ’99 e Leone d’Argento al Festival di Venezia nel 2009.
Curata da Diego Sileo e Beatrice Benedetti, la mostra ripercorre, fino al prossimo 8 giugno, oltre trent’anni di carriera di Neshat attraverso una decina di video-installazioni e quasi 200 opere fotografiche entrate a far parte delle maggiori collezioni museali al mondo, come quelle del Whitney Museum, del MoMA, del Guggenheim di New York e della Tate Modern.

Artista multidisciplinare, Shirin Neshat si è infatti confrontata con la fotografia, il video, il cinema e il teatro confezionando ogni volta narrazioni liriche eppure politicamente incisive, che mettono in discussione il tema del potere, della religione, delle relazioni tra i sessi. Al centro della sua ricerca, che non si concentra solo sull’Iran ma si allarga al mondo intero, c’è il corpo femminile.

Shirin-Neshat-Rebellious-Silence-1994

In questa immagine, l’opera Rebellious Silence del 1994 (© Shirin Neshat, Courtesy the artist and Gladstone Gallery) 

Il percorso espositivo si apre con il video Fervor, un’opera di 25 anni fa che narra l’incontro tra un uomo vestito all’occidentale e una donna che indossa il velo. Incentrato sul dualismo anche Turbulent, il video che le ha fatto guadagnare il Leone d’Oro, richiamato anche nella sala seguente da un’opera più recente. Questa è una mostra di dicotomie e contrasti, che spiccano ancor di più nella serie di 111 ritratti Land of dreams, fotografie di grande impatto.

Impossibile poi non commuoversi, vista anche la cronaca internazionale, davanti a The Fury, resoconto crudo del trauma sofferto da una immaginaria prigioniera politica. E mentre il parterre del Pac di Milano accoglie l’opera The Book of Kings, installazione dedicata ai brogli elettorali del 2009 in Iran, sulla balconata del museo le iconiche Women of Allah, volti di donne con versi poetici dipinti sul viso, dominano questa mostra ad alto tasso di bellezza estetica unita a potenza espressiva e detonazione politica.

In ogni opera di Neshat il personale diventa politico, anche nei lavori più intimi che chiudono il percorso espositivo, come Passage, emblema della condizione nomadica di una donna come Neshat che vive in bilico tra Est e Ovest, non rinuncia alle sue origini ma non accetta tradizioni ineluttabili. Soprattutto, che sostiene la nuova generazione di iraniane che lottano per la loro vita e per la loro libertà.

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