Palazzo Strozzi di Firenze celebra l’arte rivoluzionaria di Helen Frankenthaler (1928-2011), una delle più importanti artiste del Novecento, tra le pochissime a praticare l’astrazione portandola ai massimi livelli di sperimentazione.
Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole (fino al 26 gennaio, il catalogo è di Marsilio Arte), nata in collaborazione con la Helen Frankenthaler Foundation – ente che la stessa artista, con pragmatismo, aveva istituito già quando era in vita – si apre in un momento in cui anche il mercato italiano dei collezionisti appare attento alla sua produzione: sempre in questo periodo, anche la Galleria Gagosian di Roma presenta una mostra che si focalizza su una ventina di opere su carta di grandi dimensioni, risalenti della sua produzione più tarda.
Alla scoperta della mostra Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole
Tra le pochissime astrattiste della sua generazione, Frankenthaler ha inventato persino una nuova tecnica di pittura, dimostrando grande abilità di sperimentazione: il suo soak-stain (imbibizione a macchia) consiste nell’applicare della vernice diluita orizzontalmente su tele non trattate, distese a terra. Si crea così un “effetto acquerello”, su cui l’artista americana va poi ad applicare altra vernice con il pennello o con delle spugnette.
Nelle dieci sale di Palazzo Strozzi giganteggiano le sue opere di grandi dimensioni, fatte di una pittura traslucida, in cui ciascuno può cogliere dettagli sempre nuovi. L’artista traccia la sua personalissima via all’astrazione realizzando una poesia di colori e forme: queste ultime dobbiamo andare a scovarle sugli sfondi dei dipinti oppure ai lati, vicino alla cornice. In questo modo la mostra fiorentina diventa una “caccia al tesoro” tra i quadri di un percorso che si snoda cronologicamente, scandito decade per decade.
Helen Frankenthaler traccia la sua personalissima via all’astrazione realizzando una poesia di colori e forme
Fondamentali, all’interno della mostra, i confronti con i tanti artisti che Helen Frankenthaler frequenta, a partire dal marito Robert Motherwell, con cui condivide fino al divorzio l’atelier nel Massachussetts, un luogo che ispira entrambi per la luce particolare della costa. Interessanti anche i rimandi con il campione dell’astrazione americana, quel Jackson Pollock da cui apprende l’arte dello sgocciolamento della pittura, e con Mark Rothko, che la stimola a riflettere sull’essenzialità del colore.
Negli anni Settanta Frankenthaler si ritira in Connecticut dove si dedica alla pittura di paesaggio, seppur alla sua maniera: negli anni Novanta si risposa e conclude la sua parabola artistica con un’arte piena di luce e di energia – dove le forme astratte paiono quasi giocose – che non può non incantare ancora chi vi si accosta.
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