Trenta miliardi di euro ogni anno. Tanto costano alla società italiana, facendo la media delle varie fonti ufficiali, dall’Aci al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, gli incidenti stradali, che, se fossero azzerati con una bacchetta magica, farebbero guadagnare all’Italia almeno due punti di Pil. Una torta enorme, un traguardo che nessun fautore della spending review ha mai visto neppure nel più lisergico dei sogni. Ma, adesso, proviamo a farlo noi quel sogno. Guardiamo una via a grande percorrenza, un raccordo autostradale o una tangenziale, chiudiamo gli occhi e facciamo finta di essere in uno di quei film che iniziano con un fatto, per esempio una rapina o una riunione di famiglia, e poi, subito dopo, ci mostrano la scritta “Dieci anni dopo…”. Adesso tutto cambia, stiamo osservando il traffico del 2023 e possiamo capire come guideremo. Forse, però, sarebbe meglio dire come “non guideremo”, perché la nuova frontiera delle quattro ruote consisterà nell’affidare sempre più compiti alla macchina e sempre meno all’uomo. Le auto, insomma, si sposteranno da un punto A fino a un punto B quasi da sole, senza farsi prendere la mano dalla fretta, senza rischiare, senza trasgredire le regole del codice della strada. Ed ecco che incidenti, morti, feriti e invalidi diventeranno rare eccezioni a una virtuosissima regola, con l’economia libera di destinare ad altri scopi la gigantesca torta da 30 mila milioni ogni 12 mesi.Già, ma chi pagherà quella dolce torta destinata a essere tagliata in una miriade di fette? I costruttori non intendono certo svenarsi, nel senso che con i venti di crisi che tirano pensare a tecnologie rivoluzionarie e ai relativi costi sarebbe una pura follia. Che fare, allora? Semplice: pensare l’auto di domani con le tecnologie di oggi. E non è roba da Isaac Asimov, lo scrittore che nel 1964 narrava di robot e telelavoro quando a disposizione c’erano a malapena i frullatori. Pensiamo alle vetture che frenano da sole: se la didascalia del film si invertisse e diventasse “Dieci anni fa…”, potremmo vedere il neoproprietario di una lussuosa Audi A8 ostentare tronfio ai suoi passeggeri il dispositivo che frena da solo quando si scende al di sotto della distanza di sicurezza, una chicca destinata a pochissimi. Oggi quella tecnologia è alla portata di tutti, per esempio di chi compra una Fiat 500L (250 euro) o una Skoda Citygo. Sì, è vero, sulla mini monovolume italiana e sulla city car ceco-tedesca la frenata automatica funziona solo fino alla velocità di 30 chilometri orari, ma ormai la strada è tracciata. E il bello è che il superfreno presto si ripagherà da solo: negli Stati Uniti a chi possiede una vettura che ne è equipaggiata molte compagnie assicurative applicano sconti del 15/16%.Insomma: l’auto che si guida da sola sta arrivando e, in alcuni casi, cammina già sulle sue ruote. Le case più avanti sul fronte dell’hi tech hanno già messo su strada prototipi molto interessanti, veri assi nella manica in previsione della mano di poker che si giocherà nei prossimi anni con in palio le quote del mercato mondiale. Il “trucco” consiste nello sfruttare sistemi già disponibili, nel farli dialogare tra loro e nell’aggiunta di qualche idea del tutto nuova. Stanno già macinando chilometri, per esempio, alcune Ford Fusion Hybrid che dispongono del monitoraggio delle zone d’ombra e della segnaletica orizzontale, dell’active park system e del controllo attivo della velocità di crociera (tutti sistemi già disponibili su alcuni modelli in produzione), ma anche di quattro sensori aggiuntivi che utilizzano raggi di luce per scansionare l’area che circonda l’auto in un raggio di 60 metri. La sensibilità degli occhi elettronici è altissima e permette ai chip di bordo non solo di individuare pedoni e ciclisti, ma anche un piccolo animale alla distanza di un campo da calcio. A questo punto il gioco è fatto e la Fusion riesce a reagire da sola a tutto ciò che le succede intorno, provvedendo alle opportune manovre con tempi di reazione rapidissimi.In casa Honda, invece, si punta in modo deciso sul dialogo tra l’auto e i telefoni cellulari nelle tasche dei guidatori che le stanno attorno, oltre che su telecamere anteriori e posteriori che misurano la larghezza della strada e “vedono” pedoni o altri ostacoli. Nel caso in cui la persona che sta per attraversare sia invisibile, magari perché nascosta da un cespuglio, la vettura può “sentire” la connessione wi fi del suo smartphone e regolarsi di conseguenza. Chi non è un nativo digitale, insomma, è avvertito: tra qualche anno rischierà più degli altri e dovrà sperare, se proprio deve essere investito, che a farlo sia una Volvo dotata del nuovo airbag salva pedone installato nella parte anteriore del cofano. E, naturalmente, già i record fioccano. Mercedes-Benz, per esempio, è la prima casa automobilistica al mondo a dimostrare che è possibile viaggiare su un’auto completamente automatica anche nel traffico urbano ed extraurbano. Ad agosto 2013 la vettura sperimentale S 500 Intelligent Drive ha percorso “da sola” lo storico tragitto del viaggio che fece Bertha Benz con la Patent-Motorwagen. Il percorso di quasi 100 chilometri da Mannheim a Pforzheim, infatti, è stato lo stesso che, 125 anni fa, aveva osato intraprendere la moglie dell’inventore dell’automobile Carl Benz. Il sistema scelto in casa Mercedes si basa sull’assistenza alla guida già disponibile sulle auto tedesche delle classi E ed S, integrata da altri sensori, radar e telecamere e da una mappa digitale tridimensionale del territorio che si deve attraversare. Secondo Mercedes, il progetto segna una pietra miliare lungo la strada che dall’automobile, nel senso letterale di veicolo in grado di muoversi da solo, conduce all’auto autonoma, capace cioè di guidarsi da sola. Il costruttore che arriverà per primo a tagliare il traguardo dell’autoguida vincerà un premio da capogiro: una recente ricerca ha fissato a quota 75% la percentuale degli automobilisti che si farebbero volentieri scarrozzare dalle loro vetture. Come dire che in ballo, potenzialmente, ci sono tre quarti del mercato mondiale. Ma non mancano i dubbi. Per esempio, i modelli della nuova generazione si potranno portare (guidare in questo caso sarebbe una parola grossa) anche senza patente? In fondo, per stare accomodati su un Frecciarossa non è richiesta alcuna abilitazione… Ma il vero quesito è: siamo proprio sicuri che il piacere della guida sia una cosa tanto vecchia da dover finire in una soffitta, anche se in quel solaio al posto delle ragnatele ci sono microchip capaci di campionare miliardi di byte al secondo?
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