Una volta, a Milano, per respirare aria d’America, bastava mettersi ai lati di un campo in terra battuta e guardare tiri e palleggi. Attorno a quel rettangolo di gioco all’aperto, incastonato nella giungla d’asfalto di via George Washington, arrivavano a frotte i ragazzini per vedere andare a canestro i cestisti in erba della Dopolavoro Borletti. Era il 1930. E la federazione internazionale basket neppure esisteva (sarebbe nata due anni più tardi).
1930 I primi a indossare la maglia granata sono gli impiegati della Dopolavoro Borletti, la squadra aziendale della ditta di orologi e meccanica di precisione Fratelli Borletti
1936 Nascita ufficiale della Pallacanestro Olimpia Milano
1936/1939Vince quattro scudetti consecutivi
1947 Fusione con la Pallacanestro Como, l’ex Triestina Milano di Adolfo Bogoncelli
1955 Arrivano gli stranieri. Il primo in assoluto è il greco Dimitris “Mimis” Stefanidis
1956 Arriva come sponsor di maglia il marchio Simmenthal
1 aprile 1966L’Olimpia conquista la prima Coppa dei Campioni nella storia della pallacanestro italiana
1978/1987Con Dan Peterson l’Olimpia è campione d’Italia quattro volte e vince il Grand Slam
1980La famiglia Gabetti subentra nella proprietà
1999/2008Dopo i cinque anni dell’era Stefanel, girandola di proprietà da Pasquale Caputo a Sergio Tacchini fino a Giorgio Corbelli
2008Inizia l’epoca di Giorgio Armani. Nel 2014 conquista il 26esimo scudetto
Quel formidabile gioco di squadra inventato in Massachusetts nel 1892 dal professore di educazione fisica James Naismith, importato in Italia nei primi anni del secolo, aveva conquistato gli appassionati dirigenti della ditta Fratelli Borletti, orologi e meccanica di precisione, che decisero di formare una squadra di impiegati. Colletti bianchi in maglia granata, niente di più. L’odore di parquet e di spogliatoio, e il luccichio delle coppe, sarebbero arrivati solo qualche anno dopo. Eppure in quel campetto polveroso, americano anche nell’indirizzo, si stava allenando la futura Signora del basket italiano, quella che sarebbe poi stata definita la “24esima” squadra del Nba a stelle e strisce: 26 scudetti, quattro coppe Italia, tre Euroleghe, tre coppe delle Coppe, due coppe Korac e un trofeo Intercontinentale brillano nella sua bacheca. Stiamo parlando, ovviamente, dell’Olimpia Milano che quest’anno spegne le prime 80 candeline. Anche se a conti fatti i compleanni sarebbero 86, ma la nascita ufficiale delle “Scarpette rosse” viene fatta risalire al 1936, quando il Borletti inizia a divorare scudetti – quattro titoli conquistati di fila – e il futuro patron Adolfo Bogoncelli muove i suoi primi passi alla guida dei rivali della Triestina Milano.
GLI AMERICANI A bordo di quel campo già saltava e strepitava Sandro Gamba, il dieci volte campione con la maglia dell’Olimpia (dal 1950 al 1963), e poi tutta una vita a urlare dalle panchine come allenatore di Torino, Varese, Cantù e infine su quella della Nazionale. Era una ragazzino Sandro Gamba quando assaporava quella pallacanestro tutta polvere e sudore. E poi l’America arrivò davvero in quell’angolo di Milano. Nel primo Dopoguerra, agosto 1945, la squadra della quinta armata Usa giocò contro il Borletti. Così Sandro Gamba ha ricordato nel libro di Sandro Pugliese, Olimpia – Un sogno sul parquet, quella data imprescindibile nella sua educazione sentimentale al basket: «Gli americani con una sgargiante divisa rossa, i nostri con maglie prebelliche piene di rammendi. Ammirazione per gli alleati, commozione per i nostri. Seguendo la partita sognai di giocare un giorno con quelle maglie rosso infuocato».
IL MITO BOGONCELLINei maggiori momenti di gloria, come accennato, l’Olimpia Milano è stata definita la “24esima squadra dell’Nba”. Il destino di Milano, come abbiamo visto, si intreccia con la madre patria sin dagli esordi fino alla cocente sconfitta con i militari Usa. Ma quel filo non si interrompe lì. Sono i primi anni Cinquanta quando il presidente Adolfo Bogoncelli ordina dagli Stati Uniti delle scarpette di tela, che fece poi replicare in Italia in 500 paia. Da qui l’origine del mito delle “Scarpette rosse”. Accanto allo stile d’Oltreoceano, però, il mito dell’Olimpia affonda le sue radici nella campagna trevigiana, terra d’origine di Bogoncelli. Nel 1936 aveva fondato la Triestina Milano, una squadra dal nome che pare un’autostrada, ma così chiamata perché composta da ben otto atleti giuliani. I soldi finirono in fretta e Bogoncelli trasferì i suoi in quel di Como. Nel 1947 la storia fa il suo giro più affascinante: il vecchio rivale acquista la Borletti, ormai in crisi, e si lancia così nell’avventura del l’Olimpia Milano, che all’epoca tutti chiamavano Borolimpia. La parabola del super presidente è perciò talmente legata a quella delle maglie granata, che la stessa data di fondazione della squadra ha finito per coincidere con quella della Triestina Milano (1936), e non con quella del Borletti.
Bogoncelli è, infatti, l’uomo che ha letteralmente inventato il basket made in Italy. E lo ha fatto con geniali intuizioni. È stato il primo a portare sul parquet le sponsorizzazioni sportive, con il marchio Simmenthal stampato sulle magliette dei giocatori per 17 anni. Poi ha creato il ruolo di allenatore-giocatore affidato al “Principe”, Cesare Rubini, quel campione che riuscì a vincere in due sport differenti: sia sotto canestro che in vasca come pallanuotista. E rimase sulla panchina dell’Olimpia per ben 32 anni. Bogoncelli è stato anche il manager che ha diffuso il verbo della pallacanestro in Italia con l’ingaggio del primo straniero, il greco Stefanidis (1955) e il sorprendente invito agli Harlem Globetrotters: un evento rimasto nella memoria degli appassionati. È sua l’idea di sostituire le divise da gioco, passando dalle vecchie T-shirt alle canotte. Nel 1966 arriva l’intuizione forse più importante dal punto di vista sportivo: Bill Bradley rinuncia all’Nba per prendere una seconda laurea a Oxford. Bogoncelli lo viene a sapere e lo ingaggia come “straniero di coppa”. È il tassello che manca: con “Dollar Bill” l’Olimpia vince la prima coppa Campioni battendo in finale lo Slavia Praga. L’ultimo grande regalo alla sua squadra sarà ancora all’insegna dell’America: l’ingaggio di Dan Peterson come allenatore. Al momento del ritiro di Bogoncelli dal basket, quando la famiglia Gabetti entrerà nella proprietà nel 1980, l’Olimpia ha la bacheca dei trofei occupata da ben 19 scudetti. Di questi, 15 portano la firma del patron trevigiano.
IL DREAM TEAM La leggenda dice che l’azienda Simmenthal avrebbe abbandonato come sponsor l’Olimpia per un “effetto collaterale” del successo nei palazzetti sportivi: pare che da una ricerca di mercato risultasse che la maggior parte degli italiana associava il nome Simmenthal alla pallacanestro e non alla carne in scatola. È il 1973 quando Bongoncelli riceve la brutta notizia. Si ricomincia con l’Innocenti, poi è il turno di Cinzano e di Billy. Ma è tempo di cambiamenti. Cesare Rubini lascia la panchina dell’Olimpia. Se ne va anche Sandro Gamba, all’epoca suo assistente. Sembra il tramonto della squadra dei record. E, invece, è l’inizio di una nuova alba.Nel 1978 prende il via il ciclo magico del “Coach” per antonomasia, Dan Peterson, quello della famosa “Banda Bassotti” milanese che nella prima stagione raggiunge la finale scudetto, persa poi contro la Virtus Bologna. La squadra rinasce attorno alle geometrie del playmaker Mike D’Antoni, ai tiri a caricamento laterale di Mike Sylvester e al gigante Charles Kupec. Ma ci sono i giovani a fare la differenza, frutti di un vivaio che ha la sua più felice espressione in Vittorio Gallinari, padre di Danilo, oggi stella dei Denver Nuggets. Rimarrà in campo per undici anni, uno meno di D’Antoni. Nel 1982 arriva il primo scudetto, grazie nel frattempo anche all’arrivo di Dino Meneghin. Ed è un titolo che vale la doppia stella per il 20° campionato nazionale vinto. Dal 1982 al 1989 la squadra centra cinque scudetti su otto finali conquistate e mette in mostra gente come Bob McAdoo e Kenny Barlow. Il 1987, l’ultimo anno di Peterson prima del grande ritorno nel 2011, è anche il migliore: il Coach dell’Illinois agguanta il titolo europeo e realizza il Grand Slam con scudetto e Coppa Italia.
LA RINASCITA Negli anni 90, l’Olimpia riparte, ancora una volta nella sua storia, dal Nordest. La nuova proprietà che subentra alla famiglia Gabetti è quella di Bepi Stefanel, il fondatore del noto marchio di abbigliamento che lascia Trieste portandosi dietro i suoi fenomeni (tra cui Boscia Tanjevic e Dejan Bodiroga). Sotto la sua presidenza Mike D’Antoni passa dal campo alla panchina e continua a vincere (nel 1995 arriva il 25esimo scudetto). Dura cinque anni l’esperienza di Stefanel a Milano ed è l’ultimo periodo di serenità prima di una lunga parentesi oscura. Il club passa di mano all’imprenditore italo-americano Pasquale Caputo, poi a Sergio Tacchini e ancora a Giorgio Corbelli. Sono stagioni difficili per la Signora del basket milanese. Nel campionato 2003/2004 non riesce neppure a qualificarsi per i playoff. La tifoseria è in subbuglio e fa sentire la sua voce con proteste nel cuore di Milano, come quella del 2 giugno a piazza Scala. La città reagisce. Si racconta che il sindaco Gabriele Albertini, la famiglia Moratti e Adriano Galliani, a.d. del Milan ma tifosissimo dell’Olimpia, incomincino a tessere una tela di appoggi per fare entrare un grande imprenditore in società. Inizia così, attraverso una sponsorizzazione, l’avventura di Giorgio Armani. Con il marchio Armani Jeans, pur sotto la presidenza Corbelli, inizia una nuova era per il basket italiano. La prima stagione, 2004/2005, è esaltante anche se la finale scudetto è persa contro la Fortitudo Bologna. Quattro anni più tardi, l’Olimpia entra ufficialmente a far parte del gruppo Armani. Bisogna però dire addio al talento di Danilo Gallinari, che cede alle lusinghe dei New York Knicks. Tuttavia la EA7 Emporio Armani si ricostituisce con un quintetto base di fuoriclasse e trova una bandiera in un altro figlio d’arte, Alessandro Gentile. Nella stagione 2013/14, sotto la guida di Luca Banchi, la squadra vince 21 partite consecutive in campionato e conquista il suo 26esimo scudetto. La Signora del basket è tornata. E dopo la delusione della passata stagione, ha più fame di vittorie che mai in Italia e nell’Eurocup.
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