Da Bmw a Porsche: quando il suv diventa coupé

Dimensioni massicce e trazione integrale si sposano oggi con tetti spioventi da vere sportive. Perché anche l’occhio vuole la sua parte

L’unica macchina che è stata presa per i fondelli da critica e pubblico più di lei è stata la mitologica Duna. Perché per i Soloni della critica a quattro ruote la SsangYong Actyon non era solo un brutto anatroccolo, era completamente inutile. Il motivo di tanta acidità? Semplice: si trattava di un incrocio tra un Suv e una coupé che all’epoca del lancio, era il 2006, pareva bizzarro come un ibrido tra un topo e una tigre. In Corea del Sud qualcuno si lecca ancora le ferite dato che il coro di scherni ha ovviamente condizionato le vendite, tanto che in Italia le concessionarie ne avevano i piazzali pieni. Un flop storico, insomma, ma alla luce di quello che è successo dopo i criticoni hanno dimostrato di aver preso un granchio sesquipedale.

Che direbbero adesso che un’erede in linea diretta della dileggiata coreana come la Jaguar I-Pace (da 81.300 euro) ha fatto man bassa di premi ai prestigiosi International Engine+Powertrain of the Year Awards 2019? D’accordo, è un’elettrica con un’autonomia di 470 chilometri, ma la giuria l’ha premiata anche per la silhouette che combina quella di un Suv con quella di una coupé. In concreto, a dimensioni massicce si abbina un tetto spiovente da sportiva, formula sposata anche dalla Bmw X4, raffinata trazione integrale con cambio a otto rapporti, fiore all’occhiello del costruttore bavarese. Certo, i tempi della reietta made in Korea sono lontani, adesso nessuno rega­la più niente e per mettersi al volante del­la tedescona ci vogliono almeno 54.950 euro, ma se l’Iban può osare un po’ di più, diciamo fino a quota 86 mila, ecco la Por­sche Cayenne Coupé. «Nel 2018 abbiamo venduto più di 31 mila Cayenne in Cina», dice Oliver Blume, presidente del Consiglio direttivo di Porsche Ag, «ma ades­so i clienti volevano qualcosa di più atle­tico ed emozionante. Per dare ai nostri fan quello che vogliono e guadagnarne di nuovo ci voleva un tocco sportivo in più». Insomma, in tempi in cui i limiti di veloci­tà fanno morire nella culla le velleità corsaiole, l’importante torna più l’apparire che l’essere e, in effetti, la nuova cavallina di Stoccarda sa come farsi notare. Se, poi, continuate ad avere nelle vene sangue a 100 ottani, ecco il modello top di gamma, la biturbo V8 da quattro litri con potenza di 550 cavalli e coppia massima di 770 Nm. Si accelera da zero a 100 all’ora in 3,9 se­condi e la velocità massima è di 286 chi­lometri orari. L’effetto collaterale di tanta possanza sono ovviamente emissioni di inquinanti oversize.

Chi sposa la rivoluzione green può pun­tare sulla E-tron di Audi (da 83.390), Suv coupé elettrico con una scocca deriva­ta da quella della Q8, opportunamente modificata per ospitare le batterie sotto il pianale. La vettura ha due motori elettri­ci, uno per asse, che permettono di avere una trazione integrale anche in assenza di un albero di trasmissione. Una ghiot­ta chicca tecnologica è rappresentata dal debutto su un’auto di serie degli spec­chietti virtuali (optional) che si guardano attorno attraverso due telecamere. L’au­tonomia dichiarata, naturalmente nel­le condizioni ottimali, è di 400 chilometri, ma quota 350 è a portata di mano. gli squilli di watt di Ingolstadt risponde Stoc­carda, sponda Mercedes, con la Eqc 400, un’altra elettrica dura e pura con prez­zi a partire da 76.839 euro. I più raffina­ti cultori della storia automobilistica po­tranno sfoggiare il loro sapere scegliendo tra gli innumerevoli pacchetti disponibi­li l’Edition 1886, che ricorda l’invenzione della prima automobile. Ma scordiamoci il passato: l’Eqc offre sistemi di assisten­za alla guida avanzati che garantiscono il massimo livello di sicurezza e comfort. Un esempio? La ionizzazione dell’aria per mantenere l’utente fresco e rinvigorito. Secondo Britta Seeger, membro del Bo­ard of management di Daimler Ag, però, il vero punto di forza è un altro, tant’è che ha dichiarato: «Chi usa una Merce­des elettrica deve essere sicuro di poterla guidare anche sulle lunghe distanze sen­za temere di restare a secco di watt». Ecco perché la ricarica è fino a tre volte più ve­loce di quelle considerate efficaci fino a un paio di anni fa e può immagazzinare una potenza massima fino a 110 kW.

I Suv con la linea modellata dagli steroi­di delle lamiere, insomma, vanno forte in tutti i sensi. Al punto che Cupra, raffina­to marchio indipendente nato da una co­stola della spagnola Seat, ha scelto pro­prio questa formula per la sua concept Formentor presentata al recente Salone di Ginevra. In questo caso la motorizza­zione è ibrida plug-in e il responsabile del design Alejandro Mesonero-Roma­nos ha detto lapidario: «Per affascina­re gli appassionati di auto oggi non ba­stano tecnologia e prestazioni, ci vuole anche e soprattutto un’estetica mozza­fiato». Come dire che l’occhio torna pre­potentemente a volere la sua sacrosan­ta parte, e in questo caso è il baricentro molto basso a sottolineare la sportivi­tà del modello. Una caratteristica che, a ben guardare, aveva anche la vituperata SsangYong Actyon. Meditate voi che ai tempi l’avete ampiamente spernacchiata, spesso chi innova troppo presto ne esce immeritatamente con le ossa rotte. In fondo anche l’auto più rivoluzionaria di tutti i tempi, la Citroën Ds, quando rac­colse il testimone dalla preistorica Trac­tion Avant venne criticata proprio per la linea. Quindi stiamo pronti, quando arri­verà la prima Suv a tre ruote dovremo an­darci piano con le critiche, potrebbe es­sere l’apripista di una nuova generazione di veicoli…

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