La situazione non è delle migliori, lo sappiamo ormai da tempo. Il mercato langue e – bisogna dirlo – l’inverno stava passando senza che nessuna casa motociclistica riuscisse a toglierci di dosso la noia del “già visto” o delle moto “pragmatiche”. Finché quei geni italiani che stanno sul lago di Varese e che rispondono al nome di Mv Agusta non hanno pensato di sfornare una moto che di intelligente ha ben poco, di pratico meno e che la parola understatement – dogma in questo periodo di crisi – non sa nemmeno dove trovarla sul dizionario.Si chiama Brutale Dragster 800 e già potrebbe bastare. Il nome di per sé, infatti, evoca lo sport su due ruote più primordiale che c’è: andare da un punto a un altro in linea retta nel minor tempo possibile partendo da fermo. Non c’è nemmeno bisogno di curvare. Basta dare tanto tanto gas e tenere la moto dritta. Che poi non è come dirlo lo immagina chiunque. Chi ha visto quelle gare conosce il profumo di gomma bruciata, le scintille degli occhi carichi di adrenalina dei piloti, la cura spasmodica del dettaglio tecnico… l’amore per le moto. Quelle da cuore in gola.
La Dragster non è semplicemente una Brutale cui è stato montato un ruotone da 200 sotto un codino striminzito. Questa Dragster è un progetto che presenta novità e accorgimenti tecnici che la rendono a tutti gli effetti una moto con una personalità propria. È costruita attorno al motore tre cilindri in linea che equipaggia le sorelle Brutale 800 e Rivale 800 secondo una filosofia molto accorta: utilizzare uno stesso propulsore, con le dovute accortezze, per sfornare modelli diversi tra loro e destinati a pubblici differenti. Banale, quando ci si riesce, economia di scala. Questo motore è un piccolo gioiellino della tecnica (albero motore controrotante, basamento close-deck cui s’aggiunge il cambio estraibile) e chi ha avuto modo di provarla ne è rimasto entusiasta. Pesa solamente 52 kg, ha coppia e potenza più che a sufficienza e, soprattutto, una regolarità d’erogazione che trasforma ogni rotazione del polso destro in divertimento puro.
A gestire i 125 cv e gli 81 Nm a disposizione del pilota c’è una raffinata elettronica già sperimentata sulla Rivale. Il nuovo sistema, denominato Mvics (Motor Vehicle Integrated Control System), permette di configurare quattro differenti mappe di gestione: Sport, Normal, Rain e – chicca per chi ci sa fare – una quarta mappa free a totale discrezione del pilota. Oltre al controllo di trazione (a otto livelli) il pilota potrà gestire risposta al gas, giri del limitatore, erogazione della coppia, sensibilità del comando del gas (Ride by Wire) e freno motore.
Ad abbracciare il motore non poteva che esserci lo storico – per concezione – e moderno – per costruzione – telaio con tubi in acciaio e piastre in alluminio. La ciclistica è improntata all’estrema maneggevolezza: l’interasse, nonostante il look faccia pensare ad altro, è davvero contenuto e rimane sui 1.380 mm come nella Brutale. L’avancorsa di 95 mm vuole invece mantenere la proverbiale precisione dell’avantreno in fase di percorrenza. Le sospensioni chiudono il cerchio offrendo un pacchetto interamente regolabile con forcella da 43 mm Marzocchi e mono posteriore Sachs. La novità più appariscente è, però, lo pneumatico posteriore Pirelli Diablo Rosso II da 200 mm che sembra fatto apposta per invitare a infiniti burnout in perfetto stile dragster. L’impatto della ruota dietro è accentuato dal design del codino ridotto veramente al minimo indispensabile. Le forme della Dragster, tutte concentrate sulla parte anteriore, esprimono aggressività e cattiveria e quando ci si avvicina si scoprono particolari di stile da intenditori come gli specchietti integrati, il portatarga a sbalzo, le pedane e i cerchi personalizzati e il nuovo parafango anteriore. Bianca o grigia, come la si voglia prendere, questa Mv così fuori dal coro, così sbruffona e testosteronica, è un raggio di sole in un mondo che usa troppo il cervello e poco la pancia… o l’anima, che poi è uguale.
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