Presidente, come si posiziona il vostro circolo nell’offerta golf nell’area della capitale?
Sono in molti a dire che il nostro è un campo bellissimo dal punto di vista tecnico e del contesto. L’area su cui si sviluppa il circolo è di ca. 110 ettari, in grado di accogliere oltre alle 18 buche da campionato le nove executive, aperte anche a chi non ha l’handicap. La club house di 7 mila mq è l’altro cuore del circolo per i momenti prima e dopo la pratica sportiva. Altro elemento che ci caratterizza è l’ottimo ristorante che, caso raro, è aperto anche al pubblico.
Qual è il vostro target?
La nostra compagine è formata da soci con azione e “iscritti” (come li indica la Fig), ma puntiamo ad attrarre anche chi vuole conoscere nuovi percorsi. Pensando non solo ai golfisti italiani, nascono convenzioni come quella con l’Ambasciata Coreana e accordi con tour operator per gli appassionati che, in particolare dal Nord Europa, possono abbinare l’offerta golfistica della nostra regione con le bellezze di Roma e dintorni.
Come si presenta la nuova stagione?
Il nostro obiettivo è sempre quello del miglioramento in una logica di corretta gestione. Nel ’94, non molto tempo dopo la nascita del Marco Simone G&CC, abbiamo ospitato l’Open d’Italia, un esordio importante che ci ha portato negli anni a dare impulso ai programmi ed all’immagine del nostro circolo con opportuni investimenti. Lo scorso anno la situazione economica generale si è riflessa sulla nostra attività non consentendo il break even per la parte sportiva, richiedendo interventi di copertura da parte della proprietà (che per il 90% è del Gruppo Biagiotti). D’altro canto, un evento imprevisto, la chiusura di un circolo vicino nel 2013, porterà benefici nella nuova stagione. Un evento contingente per il quale ci siamo fatti trovare pronti e che, con una promozione, ha consentito di accogliere e di far giocare da subito chi si è trovato di fatto senza il proprio circolo.
OSPITALITA A 360° Oltre alle 18 buche da campionato, il circolo ne offre nove aperte a chi non ha l’handicap. E la club house si estende su 7 mila mila |
Quanto contano le gare?
Sono un elemento centrale del nostro conto economico, anche perché molto richieste da parte dei giocatori e dalla Federazione stessa. Il calendario si presenta ben nutrito di appuntamenti e, dal nostro canto, puntiamo a mettere a disposizione un campo e un circolo particolarmente adatti e attraenti per giocatori e sponsor.
L’Italia può diventare il Paese del golf?
Con il potenziale disponibile l’Italia, a parte alcune zone lungo la Penisola, non sta cogliendo le opportunità che il turista-golfista offre. La Federazione esercita un’azione di spinta ma la strada è ancora lunga. Il golf, seppur con significativi passi in questi anni (come la copertura da parte di Sky), non è riuscito (ancora) a muovere interessi realmente importanti in un Paese essenzialmente calciofilo. Anche gli sponsor non trovano i ritorni d’immagine e commerciali agli investimenti, le difficoltà dell’Open d’Italia lo testimoniano. Altri Paesi con popolazioni molto più ridotte (la Svezia per esempio) esprimono una base di giocatori e un movimento nettamente superiori, e in media si occupano di golf con regolarità e spazi molto ampi, dando visibilità a chi intende utilizzare sfruttare questo sport in chiave business.
Come far ripartire il golf italiano?
A mio avviso, uno dei temi è la necessità di facilitare l’accesso a questo sport. A partire dalle regole, necessarie ma particolarmente complesse: un più veloce ingresso in campo una volta acquisite le regole principali (per imparare poi tutte le altre dal vivo) potrebbe avvicinare nuovi appassionati. Un’altra opzione per favorire il gioco in campo dei neofiti sarebbe alzare l’handicap. E per contenere uno dei limiti del golf (i tempi lunghi) si potrebbe ridurre la lunghezza dei campi e delle gare: i test che abbiamo effettuato (gare su 12 buche) hanno riscosso interesse, limitando il tempo “rubato” alla famiglia e ad altre attività. E in questa direzione abbiamo avanzato proposte e iniziato a discuterne in varie sedi.
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