Il primo caso nella storia di sponsorizzazione sportiva di una manifestazione e il vino più rappresentativo della Enotria mitica dell’antichità: il Cirò, l’antico “Krimisa” era il premio per i vincitori delle Olimpiadi e un rimedio medico per chi doveva riprendere le forze. Oggi ha da poco compiuto 50 anni come Doc e ha ricevuto un grande impulso in termini di qualità come di quantità grazie all’arrivo di nuove generazioni in cantina e al lancio di iniziative inedite.
Per esempio, Cataldo Calabretta produce ottimi bianco e rosso, ma anche un sorprendente rosé, che al naso ha note di melograno, ribes rosso, bacche nordiche, camemoro, ribes bianco e poi note pepate; mentre al palato dà una sensazione quasi tattile e sapidità importante. Sempre in tema di rosé, è ottimo quello dell’azienda Romano Rocco Pirito, con note di ciliegie e amarene, arancio rosso, cuoio e liquirizia, da immaginare sulla cacciagione più che sul pesce. Più classica la versione di Tenuta del Conte, dagli aromi di vaniglia e mela caramellata, poi amarene e confettura.
Un grande ruolo lo ricoprono anche i rossi con le loro sensazioni speziate, i ricordi fruttati e di erbe aromatiche. Partiamo dal Rosso Cantine Fezzigna, rifinito in ogni dettaglio ma ancora capace di conservare una sua rustica eleganza e originalità. Un altro bell’esempio di Cirò è il Gemme Azienda Dell’Aquila. Sergio Arcuri con il suo Aris ci mostra un vino unico e speciale: profondo, con note di sottobosco e senape, bocca con tannino e sapidità, sentore di amarene, tabacco, iodio e liquirizia. Suo fratello gemello in eleganza e ruolo simbolico è ’A Vita di Francesco de Franco. Il suo 2015 è una meraviglia, forse il Cirò più “nebbiolesco” con tannini fini, sottili, scontrosi ma saporitissimi e profumi di erbe officinali e macchia mediterranea. Etichetta meravigliosa e bellissima quella di Cantine Scala, vero vintage anni 60, che prelude a un vino più rotondo e accomodante di altri Cirò, ma che è perfetto per esemplificare come questo mix particolare di macchia mediterranea, erbe officinali e spezie d’Oriente possa combinarsi perfettamente con note più fruttate di cassis, ribes e mirtilli, mentre tabacco, pepe e tannino lo rendono dinamicamente rustico e appassionante.
Se siete amanti del gusto naturale e “bio” non perdetevi Cote di Franze, ideale per capire la difficoltà che ci può essere nell’avvicinarsi a questi nettari particolari. Tra i bianchi gustosissimi e dal grande rapporto qualità prezzo rammentiamo, oltre a quelli di Cote di Franze, Ippolito 1845 e Santa Venere, quello dello storico Librandi: un’azienda con attenzione al dettaglio e alla cura del vino da vero artigiano nonostante si estenda per quasi 350 ettari, distribuiti in sei tenute in quattro Comuni, e vinifichi le uve di altre 42 piccole imprese per ulteriori 150 ettari.
© Riproduzione riservata