Vino: gli affinamenti che sfidano la tradizione

In mare, sulla cima del Monte Bianco o ancora tra la lava, in un pozzo o nelle cave di marmo: la varietà dei luoghi dove il vino viene fatto affinare ed evolvere non sembra avere limiti

Quando il vino affina in luoghi insolitiIl vermentino dei Colli Apuani di Pierpaolo Lorieri viene fermentato e affinato in una botte di marmo

Tra spazio, abissi oceanici, cave di marmo e grotte naturali, la varietà dei luoghi dove il vino viene fatto affinare ed evolvere non sembra avere limiti. Ma danno davvero qualcosa di speciale? Per assaggiarne qualcuno a volte è necessario recarsi di persona sul luogo, come nel caso del vermentino dei Colli Apuani di Pierpaolo Lorieri, che insieme a Stefano Grassi ha ideato un vino fermentato e affinato in una botte di marmo, da degustare nel contesto surreale della cava, magari accompagnato dal Lardo in conca locale.

Il mare, campo di sperimentazione diffuso

Il mare è uno dei principali campi di sperimentazione a partire dal primo Champagne che affina nel cuore delle acque, ovvero del Selection Edition zero dosage. Dopo la fermentazione in acciaio e 24 mesi di rifermentazione in bottiglia, compie un’immersione a 52 metri di profondità nella “UnderWaterWine Cave” della Cala degli Inglesi, nell’Area Marina Protetta di Portofino, che gli regala una cremosità particolare e un finale di freschezza sorprendente. Questo metodo brevettato, chiamato affinamento isobarico, è di proprietà di Jamin, startup che offre questo servizio a chiunque voglia affinare il suo vino in mare. Il percorso di ogni singola referenza viene monitorato in maniera che l’habitat marino aggiunga vantaggi non riproducibili a terra. Sempre da questa esperienza nascono i vini di Tenuta del Paguro a Ravenna, che inabissa in mare l’albana per lo Squilla Mantis, il sangiovese per il Pagurus e il merlot per l’Homarus.

All’Isola d’Elba, l’Azienda Agricola Arrighi ha ricreato un’antica tecnica di vinificazione greca immergendo per cinque giorni in mare, a 10 m di profondità, grappoli di ansonica in nasse di vimini. Dopo il recupero, le uve vengono vinificate in anfore di terracotta, ricreando quello che si ritiene fosse il metodo utilizzato 2.500 anni fa nel Mediterraneo. L’assaggio è incredibile e spiazzante tra sale, iodio e dolcezza vanigliata di canfora e mandarino tardivo ma non solo.
Non troppo lontano, nel Delta del Po troviamo poi Stella Maris Brut Blanc de Noir di Mariotti, le cui bottiglie vengono immerse nelle acque per tre mesi. Qui le correnti e il costante movimento naturale fanno sì che i lieviti si muovano, conferendo al vino una texture e un bouquet davvero unici.

Dalle cave sotterranee all’alta quota: gli affinamenti insoliti del vino

Nel Monferrato, antiche cave sotterranee di pietra risalenti a milioni di anni fa, oggi sono utilizzate dalla cantina Castello di Uviglie per l’affinamento del Metodo Classico. In queste profondità, “Le Cave Extra Brut” matura per 44 mesi sui lieviti. Sempre in Piemonte a Barge si trovano le miniere abbandonate della Valle Germanasca che ospitano per 36 mesi le bottiglie di Eli Pas Dosè, il Metodo Classico di L’Autin.

Ad Asti, il produttore Carlo Mo ha trovato un metodo singolare per l’affinamento del suo Moscato “Mario e il Pozzo”: una volta imbottigliato, il vino viene collocato in un vecchio pozzo di famiglia, 30 metri sotto terra. Questa profondità assicura una temperatura costante e una totale assenza di luce, perfette per la maturazione del vino.

E se in cima al Monte Bianco viene affinato per due anni il Cuvée des Guides, un Metodo Classico di Cave Mont Blanc, Casa d’Ambra a Ischia fa riposare i suoi vini in tunnel scavati nella lava.

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