La Cina si schiera contro i campi da golf

Troppi lussi, stravaganze occidentali ma, soprattutto, troppe speculazioni: così Pechino ha messo fine al proliferare delle buche

Sull’isola di Hainan, a sud del Paese, una foresta subtropicale è stata sacrificata per realizzare un paradiso asiatico dei golfisi; nello Yunnan, nei 450 ettari di terrazzamenti dove veniva coltivato il té verde e dove si trovano alcuni monasteri tutelati dall’Unesco, sono spuntati tre campi da golf e una pista per voli low cost. Senza contare che la sola provincia di Guangdong vanta più campi da golf dell’Irlanda (97) e Pechino ne ha 70, il doppio di Londra.

Sono solo alcuni casi limite che hanno portato il governo di Pechino ha porre un limite al golf in Cina: nessun nuovo campo potrà essere costruito e centinaia (in dieci anni si è passato da 200 a oltre 700) vedono lo spettro dello smantellamento. Troppa speculazione edilizia, soprattutto a discapito delle campagne e troppi lussi e stravaganze “occidentali”. Ufficialmente lo stop al golf, riporta il quotidiano la Repubblica, si giustifica con la “mancanza della necessaria autorizzazione”; ma i media di Stato rivelano che la scomunica del gioco simbolo del capitalismo punta invece a colpire “funzionari esterofili, nuovi milionari sempre meno sensibili alla disciplina del partito e speculatori immobiliari”.

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