Quando nasci da una coppia mista in un Paese come il Sudafrica dell’apartheid, in cui i rapporti tra bianchi e neri sono vietati, rappresenti un’anomalia intollerabile e sei irrimediabilmente destinato a un’esistenza “fuori legge”. Eppure Trevor Noah se l’è cavata bene. Merito di una madre forte e senza paura, convinta che tutto è possibile, di qualsiasi colore sia la tua pelle, l’importante è andare a scuola, imparare l’inglese, fare quello che si pensa sia giusto e rifiutare le leggi sbagliate e illogiche inventate dagli uomini. In questo libro Noah, oggi conduttore televisivo, attore e comico celebre negli Usa (dal 2015 il Daily Show, seguito da milioni di telespettatori in tutto il mondo), ripercorre la sua vita senza retorica e con tanta ironia, aprendoci gli occhi su cosa significasse realmente nascere in Sudafrica negli anni ’80.
«Sono cresciuto in Sudafrica durante l’apartheid, il che era complicato, dal momento che ero il prodotto di una famiglia mista in cui l’elemento misto ero io. Mia madre, Patricia Nombuyiselo Noah, è nera. Mio padre, Robert, è bianco. Svizzero tedesco, per essere precisi, bianco come sono invariabilmente gli svizzeri tedeschi. Sotto l’apartheid, uno dei reati più gravi che si potesse commettere era avere rapporti sessuali con una persona di razza diversa. Inutile dire che i miei genitori se ne resero colpevoli. (…) Chiedete pure a mia madre se abbia mai considerato le implicazioni di avere un figlio di sangue misto sotto l’apartheid. Vi risponderà di no. Voleva fare una cosa, ha trovato il modo di farla e l’ha fatta. Era dotata della temerarietà necessaria per compiere un atto del genere. Se ci si fermasse sempre a pensare alle conseguenze, non si farebbe niente. Il che non toglie che fosse una decisione folle e sconsiderata. C’era un milione di cose che dovevano andare bene perché riuscissimo a cavarcela, così come abbiamo fatto, per tutto quel tempo».
© Riproduzione riservata