La trama
Padova, anni 50. Teresa lavora come portinaia in un palazzo del centro. Dietro un aspetto dimesso e in apparenza insignificante, nasconde un segreto. Nel dicembre del 1943, quando aveva sedici anni, ha assistito all’arresto della famiglia ebrea per cui lavorava. Un attimo prima di essere portata via dai soldati, la padrona le ha affidato il suo ultimo nato. Non molto tempo dopo, però, qualcuno ha fatto la spia, così Teresa per punizione è stata rinchiusa in manicomio.
Anni dopo, continua a pensare a quel bambino. Presta servizio in casa delle ricche signorine Pozzo e intanto lo cerca. Finché un nuovo colpo del destino le offre l’occasione tanto attesa: c’è un impegno da onorare, una verità da consegnare prima che il portoncino di vicolo Sant’Andrea 9 si spalanchi per l’ultima volta e lei sia finalmente libera di ricominciare.La citazione
“Nessuno sapeva che il neonato si chiamava Amos, tanto meno che era ebreo, tranne loro due. A lui ci si riferiva con il nome di Pietro, assegnatogli su due piedi. Si diceva che era stato sottratto a un destino in orfanotrofio, dove venivano accolti provvisoriamente bambini separati dai genitori e senza parenti, e che la madre se lo sarebbe ripreso quando fosse tornata dalla Germania. In altri casolari si nascondeva gente in fuga, disertori o renitenti, si sapeva e si taceva, ed era pericoloso, ma Pietro era un’opera di carità, non destava preoccupazioni, sgambettava insieme a Celestina e stava in braccio a tutte”.
La recensione
Prendendo spunto da vicende storiche e da ricordi d’infanzia, Manuela Faccon costruisce il ritratto di una donna unica e, al tempo stesso, come tante, fragile dentro, ma forte fuori, per gli altri. Il suo romanzo d’esordio è intimo e intenso. Parla della dignità al femminile, dei sacrifici che comporta la lealtà, verso il prossimo e verso sé stessi. Temi complessi inseriti abilmente in una narrazione scorrevole e coinvolgente. Una nuova voce interessante del panorama editoriale italiano.
Manuela Faccon
Vicolo Sant’Andrea 9
Feltrinelli