Avete presente i “terrapiattisti”, quelli che se osi dire frasi tipo “il globo terrestre” ti lanciano un anatema? Per loro le immagini dei satelliti e dalla Stazione spaziale internazionale sono fake e gli astronomi tutti ballisti. Beh, adesso hanno un gruppo con cui dovrebbero gemellarsi, i “grandinavisti”, che spiegano tutte le difficoltà dei motori a gasolio con questa considerazione: nel giro di pochi anni tutte le imbarcazioni extralarge dovranno scordarsi gli oli combustibili che usano oggi e passare ad alimentazioni meno inquinanti come, appunto, il gasolio. Che, dicono, non basterà. Che fare, allora? Demonizzarlo in campo automobilistico perché non ce ne sarebbe abbastanza per tutti…
Poi c’è chi dice che i propulsori diesel sono quasi dei toccasana per i nostri polmoni e chi, al contrario, li considera alla stregua degli untori di manzoniana memoria. Per capire come stanno realmente le cose è indispensabile una premessa: se Volkswagen e compagnia scaricante non avessero truccato le carte dei test di omologazione tutto questo can can non ci sarebbe stato. Quindi se adesso i bari pagano il conto non possono lamentarsi, ma è altrettanto vero che una purga staliniana avrebbe effetti collaterali non da poco.
Dice Enrico De Vita, ingegnere e giornalista, tra le voci più autorevoli del mondo automotive: «Che tutti i combustibili fossili siano destinati a esaurirsi entro qualche decina d’anni è un fatto incontrovertibile, ma ancor prima verranno abbandonati perché troppo cari o non convenienti dal punto di vista ambientale. Ma oggi ragionare solo sulle emissioni considerate nocive per l’uomo sarebbe riduttivo. Dobbiamo invece considerare anche quelle nocive per il pianeta. Se il signor Rossi decide di comprare una vettura elettrica per sostituire la sua a gasolio, deve sapere che quando esce dal concessionario l’auto nuova ha già prodotto un’enorme quantità di CO2 per la fabbricazione delle batterie». È il concetto dello “zaino ecologico” che ogni oggetto si porta sulle spalle, e De Vita sottolinea: «Solo per andare in pari con la maggior quantità di anidride carbonica emessa, bisogna percorrere con l’auto elettrica fra i 30 e i 40 mila chilometri e nel frattempo il pianeta va in debito. Le nuove tecnologie vanno benissimo, ma andrebbero inserite nel concetto di economia circolare. Un esempio: se rottamiamo, nel Piemonte assieme a Lombardia ed Emilia, tre milioni di automobili diesel e dovessimo produrne di nuove con qualsiasi motore dovremmo spendere una quantità di energia elettrica gigantesca: 75 miliardi di kilowattora».
Ed ecco il primo verdetto. Se si viaggia poco, diciamo tra i 5 mila e i 10 mila chilometri l’anno, la Terra sarà felice se ci teniamo la nostra euro 4 Turbodiesel. Anche perché a parità di tutto, ovvero potenza e prestazioni, è innegabile che i motori a gasolio consumino meno rispetto a quelli a benzina e dunque emettono meno CO2. Resta da capire perché vengano ancora costruiti propulsori molto (troppo) potenti, ma anche assolutamente inutili sulle strade di oggi. Gli occhi elettronici sono dappertutto e le multe sono salate, quindi ecco la miracolosa conversione dei notoriamente indisciplinati automobilisti italiani. Di conseguenza molti esperti consigliano di progettare nuove generazioni di motori piccoli e poco assetati, anche diesel.
L’anidride carbonica è il testimone che il partito pro-diesel chiama spesso al banco dei testimoni, con buone ragioni. Col gasolio si consuma meno e dunque si emette meno per chilometro. Quindi se siete in autostrada e viaggiate sul filo dei 130 potete lavarvi la coscienza a onta dei titoloni che dipingono il gasolio come una specie di arsenico. In città, però, scendono in campo i polmoni di chi respira l’aria delle metropoli ma anche, secondo recenti studi, di quasi tutte le città con più di 30 mila abitanti. Signori e signore, entrano in scena gli ossidi di azoto (NOx) e, soprattutto in passato, le polveri sottili. I primi sono controversi, il partito della nafta dice che al massimo possono irritare le vie respiratorie, gli studi epidemiologici sono un po’ meno ottimisti. Ma quelle famigerate polveri sottili, quelle che secondo alcuni ci costano miliardi l’anno per i danni che causano alla salute di chi vive nei grandi conglomerati urbani, sono progressivamente scese a valori che 30 anni fa sembravano una chimera, e tutto questo grazie alla introduzione del filtro antiparticolato.
Tuttavia, la demonizzazione del diesel continua a sostenere che sono molte volte maggiori rispetto a quelle dei motori a benzina. Il che non è vero, perché studi della Stazione Combustibili di San Donato Milanese hanno accertato che, col Fap, il gas che esce dallo scarico dei diesel contiene meno particelle dell’aria respirata dal motore. E c’è una recente direttiva europea che impone anche ai “benzina” a iniezione diretta l’adozione di un filtro antiparticolato.
Ma ecco la sintesi estrema del sapere degli esperti. Se vivete in città rassegnatevi: giusto o no che sia, le legislazioni penalizzeranno sempre di più le auto a gasolio, dunque è meglio vendiate la vostra finché non perde troppo valore. Se, invece, girate soprattutto sulle statali e in autostrada tenetevi stretta la vostra Tdi, consuma poco e sostituirla con un’ibrida o un’elettrica, come argomentava Sergio Marchionne, «renderebbe felici soprattutto i cinesi, che possiedono la tecnologia di fabbricazione delle batterie al litio, il cobalto, il palladio e le terre rare». Come tutte le dipendenze, insomma, anche quelle tecnologiche in prospettiva possono rivelarsi nefaste. La conclusione più razionale pare essere questa. L’era in cui qualunque cosa circolava ovunque è fnita o, almeno, è al tramonto. Adesso vuoi per i regolamenti vuoi per raziocinio personale si deve optare su carburanti personalizzati, auspicando che chi ha legittimamente comprato un diesel e vive in città venga incentivato a fare un salto positivo in avanti.
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