Da quando la difesa dell’ambiente è diventata una priorità nelle divisioni marketing delle aziende di tutti i settori è iniziata una corsa forsennata a cercare di colorare di verde ogni tipo di prodotto. Le industrie automobilistiche si sono da tempo iscritte alla corsa all’ecologicamente corretto e ciascun costruttore cerca di dimostrare che i suoi modelli sono più green di quelli dei concorrenti. Poi ci si sono messi anche i complottisti no watt che, per esempio, affermano che le vetture elettriche non sono affatto a emissioni zero perché tutto dipende da come viene prodotta l’energia elettrica di cui sono ghiotte. Insomma, un discorso complesso.
Per prima cosa, anche in campo automobilistico, occorre fare una distinzione fondamentale: quando si parla di emissioni nocive non si può generalizzare. Occorre distinguere tra emissioni inquinanti e sostanze clima alteranti. Le prime provocano effetti dannosi sui territori e sugli esseri viventi; le seconde, invece, hanno conseguenze globali, che si manifestano alterando il clima. Poi c’è anche chi correttamente sottolinea che limitarsi a misurare le emissioni di CO2 e di altri inquinanti è solo un aspetto del problema, perché la sostenibilità di un’auto va misurata in base a tutta la sua vita operativa, dalla costruzione fino alla rottamazione, fino allo smaltimento o al riciclo.
In pratica capire quali siano davvero le automobili che inquinano meno è un rebus di difficilissima soluzione. Meglio, quindi, affidare il responso a organismi internazionali che, diciamo così, lo fanno per mestiere.
Le auto che inquinano meno
Ed ecco che, per esempio, Green NCap, organismo di valutazione che opera collaborando con i governi europei, conferisce il massimo dei voti (ovvero cinque stelle) a quasi tutte le elettriche, a cominciare dalla Volkswagen Id.5 Pro Performance. La muscolare batteria da 77 kilowattora garantisce nelle condizioni ideali di utilizzo fino a 500 chilometri di autonomia, una performance alla portata anche di altre vetture che fanno il pieno alla colonnina di ricarica come l’Audi Q4 e-tron (da 56.650 euro), appena potenziata nell’autonomia e ottimizzata nei tempi di ricarica e nei consumi, che promette una percorrenza massima di 560 chilometri.
Altri modelli a emissioni quasi zero (il quasi è dovuto a microplastiche e polveri sottili provocate dai freni e dal rotolamento degli pneumatici) puntano invece sulle pure prestazioni: è il caso della elettrica Bmw i5 (da 74.400 euro) che, a seconda delle versioni, ha potenze comprese tra i 340 e i 600 cavalli e accelera da zero a 100 in tempi compresi tra i 3,8 e i sei secondi. L’analisi, al momento, non si concretizza in una vera e propria classifica. Presuppone però, una durata del veicolo di 16 anni, un chilometraggio percorso di 240 mila km e i calcoli si basano sulle previsioni attuali del cambiamento del mix energetico medio dei 27 stati membri dell’Unione Europea e del Regno Unito.
Ciò significa che devono essere presi in considerazione tutti i processi e i flussi di risorse ed energia associati alla produzione, all’utilizzo e al riciclaggio dell’auto a fine vita, per prevedere l’impatto ambientale dell’auto “dalla culla alla tomba”. Non ci sono dunque dubbi sul fatto che siano le Bev (Battery electric vehicle) a vantare il primato delle minori emissioni, ma è altrettanto certo che chi non si accontenta di una city car non sempre può permettersi i loro prezzi di listino (l’ultima Suv Kia elettrica giunta sul mercato italiano, la Ev9, costa da circa 75 mila euro, solo per fare un esempio) che, ovviamente, si riflettono anche sull’entità del canone richiesto a chi opta per la formula del noleggio a lungo termine.
Ma ecco entrare in scena le ibride plug-in che costano meno e hanno l’indubbio vantaggio di poter riportare a casa il loro pilota anche quando di centraline di ricarica non se ne vede nemmeno una. A circa 21 mila euro meno della Bev i5 si trova, per esempio, una bellezza a quattro ruote come l’Alfa Romeo Tonale Q4 plug-in che la mattina fa almeno 50 chilometri in elettrico, emette una media di 26 g/km di anidride carbonica, a patto di ricaricarla, ed è perfetta per chi ama guidare come ai vecchi tempi con i suoi cavalli e un assetto sportivo all’altezza del blasone del marchio.
Per risparmiare ancora di più, e inquinare con giudizio, 27 g/km, ecco la Lynk&Co, ibrida ricaricabile basata sulla Volvo Xc 40 (entrambi i marchi sono proprietà della cinese Geely), disponibile nella versione da 261 cavalli che costa 44.500 euro e dichiara un’autonomia in elettrico di quasi 70 chilometri. Come dire che nel mondo reale ne può fare una cinquantina. Fino a qui, in ogni caso, non ci piove: mentre svolgono il loro lavoro su strada le elettriche al 100% sono le più virtuose. Ma come la mettiamo con le emissioni dovute all’estrazione dei minerali per le batterie e tutto il resto?
Il dubbio è grosso come una casa e su internet si trovano decine di siti che dimostrano che tenendo conto di tutti i fattori il castello di carte dell’elettrico crolla miseramente. Per capire chi ha ragione meglio affidarsi a chi ne capisce davvero come la Fondazione Caracciolo, il centro studi dell’Aci, e l’Università Guglielmo Marconi che in una ricerca del 2022 hanno cercato di fare luce. Cominciando con il chiarire che una vettura elettrica prodotta in Cina ha un’impronta carbonica superiore del 35% rispetto a una costruita in Europa, dove è maggiore la percentuale di energia derivata da fonti rinnovabili.
Poi un verdetto tranchant: un’ipotetica Smart fatta e alimentata al 100% con elettricità “green” produce 29 volte meno CO2 rispetto a una gemella che va a benzina. Ma la ricerca prende anche in esame lo scenario peggiore, quello della stessa Smart elettrica prodotta e alimentata con più del 70% di fonti fossili, sulla carta una vera e proprio untrice ambientale. Che, in ogni caso, nel corso della sua intera vita non fa né meglio né peggio della gemella a benzina. Infine, una curiosità alimentata a gasolio.
Tra le auto che si sono meritate la bellezza di tre stelle nelle valutazioni di Green NCap ce n’è una alimentata con il tanto vituperato gasolio. È la Bmw 220d, una coupé sportiva che fa circa 20 chilometri con un litro e si distingue per l’efficace contenimento delle emissioni di polveri, sottili e non. Dov’è la stranezza? Semplice: questa diesel sbaraglia molte auto a benzina, tante mild hybrid e perfino qualche plug-in che si fermano a valutazioni comprese tra le due e le due stelle e mezzo.
ha collaborato Nicole Berti Di Carimate | Articolo pubblicato su Business People di gennaio-febbraio 2024 – Scarica il numero o abbonati qui
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