La via della seta passa lungo le sponde del torrente Cosia. È qui, nel cuore di Como, che alla fine dell’Ottocento si tingevano i pregiati tessuti prima di metterli in commercio ed è qui che da 30 anni sorge – quale memoria storica e centro di ricerca – il Museo della seta, dedicato al ciclo completo di lavorazione della pregiata stoffa. La storia, almeno in parte, la conosciamo: il territorio comasco è stato capace, con operosità e sacrificio, di creare nella seconda metà del diciannovesimo secolo qualcosa che in Italia prima non esisteva. Parliamo dell’industria serica, illuminata conversione da filiera artigianale legata alla seta a realtà industriale e meccanizzata, capace di imporsi con i suoi tessuti di qualità sul mercato mondiale, per la gioia di stilisti e acquirenti. Se vi recate in zona, allontanandovi un po’ dal lago e dal centro città, il paesaggio attorno è rivelatore di questo recente passato: tutto il basso bacino lariano e la pianura brianzola sono punteggiate di fabbriche legate alla lavorazione della seta. Qualcuno ha persino fatto i calcoli: l’industria che ruota attorno alla seta occupa un quinto del territorio.
Il Museo della seta – che è ente privato, ma è gestito da associazioni ed enti locali, tra cui la Camera di Commercio e il comune di Como – è nato proprio per “mettere in mostra” l’identità del luogo, per ricordare a tutti da dove si è partiti, per rinfrescarci la memoria. L’avventura della seta lombarda ha radici antiche, che meritano di essere riscoperte e valorizzate, e il Museo della seta accompagna i visitatori in questo viaggio nel tempo, quando a Como comparivano i primi telai meccanici fin dal 1875, anticipando di circa 20 anni l’esplosione demografica dell’industria cosiddetta pesante in Lombardia. Industrie, laboratori organizzati di filatura, stabilimenti di tinto-stamperia e infine tessiture meccaniche: questa la filiera produttiva che il museo racconta, attraverso fotografie, oggetti, macchinari, documenti, tessuti e creazioni che si possono toccare con mano. «Il Museo della seta», spiega il direttore Paolo Aquilini, «raccoglie l’eredità fisica e immateriale di quel mondo industriale che ha così profondamente segnato il territorio lariano per più di un secolo, trasformando una primogenita collezione tessile in un’articolata e completa raccolta di macchinari industriali, strumenti di lavorazione, oggetti dedicati e testimonianze del panorama linguistico della sericoltura».
Inaugurato nel 1990, l’edificio fu progettato da Lorenzo Muzio e Franco Taraglino in un quartiere di Como scelto non in maniera casuale, ma proprio lì dove, a inizio del ‘900, fiorivano tante ditte tessili grazie alla disponibilità di energia idraulica del torrente Cosia: oggi, come sappiamo, la città lariana è profondamente trasformata, il settore del tessile ha risentito, specie negli anni 90 e nei primi anni 2000, di una battuta d’arresto a causa della concorrenza cinese. Diverse realtà hanno chiuso, altre hanno trovato strategie per sopravvivere in un mercato sempre più complesso: l’attenzione e la curiosità verso la seta però non sono diminuite e, come ci spiegano dagli uffici del museo comasco, l’andamento delle visite all’esposizione segue una curva ascendente costante (circa 11 mila i visitatori dell’ultimo anno). Merito di una riorganizzazione che valorizza l’archivio, dove regnano un migliaio di planches da stampa con i modelli per i tessuti. Tutto è stato catalogato e, quando possibile, restaurato, compresi i tamponi da stampa a mano, risalenti alla fine dell’800. Per dimostrarne il funzionamento, una sezione didattica del museo ha ricreato un laboratorio di stampa su tessuto che utilizza copie in riproduzione 3D delle matrici storiche originali. Sala dopo sala, si segue quindi il processo dell’industria serica, osservando da vicino macchinari originali, stampe e tessuti. Va detto, però, che non è questo l’aspetto più interessante del museo, che finirebbe per limitarsi a mera esposizione etnografica: il direttore e lo staff stanno puntando tutto sulle mostre temporanee, capaci di “leggere” l’arte della seta e la maestria che essa richiede da prospettive inedite. Come, per esempio, quella appena conclusa dedicata a Manlio Rho, protagonista del razionalismo comasco tra gli anni ‘30 e ‘50 del Novecento e – cosa non meno importante – stimato e richiesto consulente delle più importanti firme della moda italiana.
Per l’occasione sono stati esposti manufatti tessili, carte prova, campionari di colore, ma anche grandi tele esposte in anteprima, grazie alla collaborazione stretta con gli eredi del pittore, e realizzate sino al 1957, anno della sua scomparsa. Rho è stato il primo e unico pittore della sua generazione a essersi fattivamente interessato al tessile come fonte d’ispirazione per le arti plastiche e pittoriche, e il confronto inedito nelle sale del museo tra i dipinti e le arti applicate è intrigante: immediato cogliere le analogie culturali e linguistiche tra fashion e arti liberali. La scelta, poi, di chiudere il percorso espositivo con una riflessione sul rapporto tra l’arte e l’arte applicata, anche alla luce delle nuove tendenze del mercato ha messo in luce come il museo conservi sì memoria del passato, ma guardi anche al futuro. «Como è una città che sul tessile ha fondato la propria economia per molti secoli: specializzatasi in particolare nei manufatti serici, dà sostanza ancora oggi al concetto del made in Italy», conclude il direttore. «Il patrimonio di persone, conoscenze, competenze, esperienze e materiali accumulati su cui riposano le industrie tessili è riconosciuto quale valore aggiunto nel contesto della competizione globale: farlo emergere, preservarlo, valorizzando è strategico non soltanto per sostenere e alimentare la creatività che garantirà un futuro a un settore tuttora vivace, ma anche per costruire un’identità sempre più ricca da proporre a un turismo progressivamente sempre più vivace».
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