Non è uno sport di contatto (se non con la pallina…), nel golf non ci sono tackle, salti a due, stoppate, o mischie. Gli avversari ci sono eccome e, oltre che con i concorrenti, il confronto è continuo e senza appello con il campo e le opzioni che propone, da interpretare e volgere a proprio favore. Ma probabilmente il soggetto con cui il contatto risulta ancora più decisivo è proprio il giocatore stesso, con il mix di componenti caratteriali e attitudinali che determinano, forse più di quelle tecniche e fisiche, il risultato. Quante volte ci si è trovati a cercare con fatica difetti nello swing dei campioni e, quindi, a domandarsi quale fosse il motivo che porta alcuni a giocare ampiamente sotto il par e altri a soccombere sotto pesanti score. La risposta ce la fornisce uno dei più grandi di tutti i tempi, Bobby Jones, quando affermava che «la gara di golf si gioca per lo più su un campo da golf lungo una spanna… lo spazio compreso tra le tue orecchie». Con l’aiuto di Alexander Sackrule, Mental Coach con esperienza nel mondo dello sport, a supporto anche di golfisti professionisti e amateur, portiamo l’attenzione su una componente determinante ai fini della performance sportiva ma anche nel godimento del tempo trascorso sul campo: la mente.
UN “MUSCOLO” DA ALLENARE Una delle caratteristiche che rendono particolare il golf è la variabile tempo. Nell’accezione delle ore trascorse in campo durante le quali il giocatore deve mantenere alta la concentrazione, ma con un’intensità che deve variare in relazione al centro dell’attenzione: il colpo da tirare, l’alternanza di risultati, la ricerca della pallina, propria e dei compagni di gioco, per non dire dell’interazione stessa con questi ultimi, piacevole se si crea la giusta atmosfera, più pesante se il team non risulta affiatato.«È ormai un dato confermato », dice Sackrule, «che gran parte del successo nello sport è anche da attribuire a un buon allenamento della mente. Usata correttamente, essa determina un atteggiamento vincente, un senso di sicurezza adeguato, una buona prevenzione dello stress e l’abilità di rimanere più focalizzati sul gioco. Come un muscolo che quando è scarico o troppo caricato non reagisce, anche la psiche deve essere pronta quando viene sollecitata. La mente non è solo il cervello ma tutto il sistema, compreso il corpo e le sensazioni che prova. La testa è il quartier generale: a volte conviene isolarlo per vivere la situazione in modo inconscio. Se ti focalizzi sull’aspetto razionale del momento golfistico non ce la fai: è l’insieme che determina il risultato. L’obiettivo diventa creare lo stato di eccellenza (flow, stato di grazia) in cui il sistema mente/corpo sono un tutt’uno. Il Mental Coach affianca il giocatore con l’intento di consentirgli di esprimere il suo potenziale completo (sia esso la capacità di realizzare al meglio il singolo colpo o di vivere il lungo momento di una gara esprimendo il massimo di sé), creando una specie di “fairway mentale” dove convogliare le prestazioni fisiche, giocando il suo miglior golf».
TROPPO POCO TEMPO… «Il molto tempo trascorso in campo», ricorda ancora l’“allenatore della mente”, «lascia molta possibilità per pensare ad esempi positivi cui rifarsi per trarre, diciamo così, ispirazione; ma nelle attese tra un colpo e l’altro anche per farsi sopraffare da frustrazione o esaltazione. Con un buon allenamento mentale, in parte fuori e in parte sul campo, con pratiche sviluppate con i giocatori riferite al gioco e che in questo possono essere subito riversate, si può puntare a interiorizzare i modelli di eccellenza ispirati ai campioni, a fissare e realizzare obiettivi chiari, attraenti e sicuramente realizzabili, imparando a come non farsi condizionare dagli errori e a silenziare le voci interne di sabotaggio (“non devo andare fuori limite…”) o di entusiasmo eccessivo».
ATTENZIONE = ENERGIAA volte sembra che, immediatamente dopo aver formulato un pensiero esso si avveri. E non succede solo per eventi negativi, anche se l’impressione spesso è questa. Se il livello di conoscenza del potenziale della mente umana è ancora limitato, così come il controllo, è riconosciuto che la mente agisce per immagini in base alle quali delinea e di fatto costruisce la realtà di cui si ha, poi, percezione o evidenza. Ne consegue l’importanza di ciò che prima di un colpo da golf viene visualizzato, non solo in termini reali (il green, il bunker ecc.) ma anche di pensiero positivo/ negativo.
Ciò verso cui è convogliato il pensiero prima del colpo, ne influenza la qualità. «È così», conferma Sackrule, «dove poni l’attenzione scorre l’energia. La capacità di visualizzare ciò cui si punta può costituire il fattore vincente, l’attitudine a indirizzare in modo corretto l’energia può consentire di prevalere colmando gap tecnici o atletici». Un esempio è quello del colpo di fronte a un ostacolo e la negativa attitudine di dirsi «non devo andare fuori limite»: l’immagine che rimane impressa è, purtroppo, quella del fuori limite con probabili nefande conseguenze. «In un caso come questo», prosegue Alexander, «oltre che visualizzare un obiettivo “affermativo” (ad esempio, “devo andare al centro del fairway oltre l’ostacolo”) con il mental coaching ci si abitua a richiamare immagini e momenti in cui la performance è stata vincente o il gesto tecnico effettuato in modo fluido e corretto. Si punta a imparare a creare e mantenere uno stato ottimale per il gioco, a utilizzare la visualizzazione per migliorarlo, a credere maggiormente in se stessi, a imprimere il ricordo dei successi per ripeterli. Ripensare alle mie migliori 18 buche, imparare a vivere prima l’esperienza o la performance cui si ambisce: questa è una delle chiavi per puntare al meglio».
LA ROUTINE DIVENTA UN’ALLEATAUn elemento che in diversi sport caratterizza chi primeggia è la routine. Basti pensare a Cristiano Ronaldo allorché si prepara per un calcio di punizione: gesti e azioni sempre uguali, dai passi all’indietro per la rincorsa alla postura del corpo. Nel golf il momento decisivo che inciderà sullo score è il colpo (poco più di un secondo), ma i momenti che anticipano il contatto con la pallina possono contenere la vera ragione della buona riuscita dello swing e del suo risultato: la preparazione “al” e “del” colpo. «Nel mio lavoro, punto a che la routine – costruita dialogando con il singolo e adattata nel tempo – inizi partendo dalla sera prima. Ritengo che più si riesce ad anticipare la preparazione (vivendo prima l’esperienza, focalizzandosi sui successi ecc.), migliori saranno gli effetti per ricreare lo stato d’animo, cioè l’equilibrio mente-corpo, che ha favorito e favorirà la performance». La routine è una vera ripetizione di gesti e azioni per focalizzarsi su quanto genererà il risultato: la scelta tattica e del bastone giusti, dimenticare gli errori, individuare il target da raggiungere, eliminare i dubbi e provare la sensazione di sicurezza che si ha quando si è consapevoli di stare effettuando il colpo migliore. «In una parola essere nello “stato di grazia”. A quel punto addressandosi sulla palla si potrà puntare a sfruttare il massimo della propria tecnica e capacità golfistica».
POSTURA, FISIOLOGIA E RISULTATI A molti sarà capitato, osservando un giocatore a conclusione di una buca, di intuire quale potesse essere il suo risultato. In effetti, ognuno di noi avrà colto la differenza nel proprio stato fisico allorché ci si trovi in una condizione di irritazione/arrabbiatura o, al contrario, di felicità/rilassatezza: dai muscoli del viso a quelli del resto del corpo, il livello di tensione è diverso e si percepisce dall’espressione accigliata o distesa, dal tipo di camminata: sciolta e allegra piuttosto che dimessa e lenta. Facile è la conclusione che lo stato d’animo influisca sulla postura. «Ma è molto importante considerare che questa affermazione vale anche nel senso opposto», conclude Sackrule, «e cioè che la postura si riverbera sul binomio corpo-mente. Migliorando la capacità di focalizzazione e di percezione di sé, vi è la possibilità di intervenire sul proprio stato fisico con benefici effetti sullo stato d’animo. Si mette così il fisico nelle condizioni di esprimersi al meglio, agendo nel senso inverso: cioè facendo sì che sia il corpo a influenzare in modo positivo la mente».
ALEXANDER A. SACKRULE |
Nato a Legnano nel 1975, ha iniziato a giocare a golf e in pochi anni ha accumulato buoni risultati. Da fine settembre 2011, insieme a papà Arthur, ha iniziato un programma di consulenza per la Federazione Italiana Golf di mental coaching per la squadra nazionale giovanile maschile e segue alcuni giocatori pro e amateur (maschi e femmine). Fa parte di Educational Services, fondata dal padre nel 1986, che opera in Italia e all’estero in qualsiasi settore (business, arte, educazione, sport, benessere fisico o mentale, ecc.) con organizzazioni e individui. |