Benché sia approdato alla guida del ristorante Imàgo dell’hotel Hassler ancora giovanissimo, Andrea Antonini ne ha fatta di gavetta e tutta in cucine prestigiose e stimolanti, come quelle del Giuda Ballerino con Andrea Fusco, del Metamorfosi con Roy Caceres e dei tristellati El Celler de Can Roca e Piazza Duomo. Forse è proprio per questo che la sua proposta ha stile e personalità, ed è contraddistinta da piatti che uniscono italianità, romanità e tecnica di alto livello, come la Riccio bag, il Carciofo e animella, il Calamaro alla milanese o gli Scampi al pepe verde.
Quale è la chiave di lettura per far percepire la cucina romana in maniera diversa dalla clientela?
La romanità rappresenta per me un concetto importante, ma non esclusivo: rimanda a un senso di appartenenza a Roma, che è la mia città ed è qualcosa a cui tengo. Non è, però, un fattore limitante, non definisce in toto la mia identità e la mia cucina: le mie proposte portano quasi sempre delle note che richiamano la mia città, ma non si esauriscono in questo. I piatti della cucina romana sono conosciuti ovunque: l’abilità sta nel rendere eleganti ricette che sono tipiche della cucina popolare e trasmetterle correttamente in un contesto elegante come quello dell’Imàgo.
Il suo ingrediente preferito?
Non posso non nominare i carciofi. Sono parte della mia cultura e della mia terra e li uso in mille varianti, non solo come vegetale in sé e per sé, ma anche per le salse e, grazie agli enzimi particolari che il carciofo possiede, per preparare un fondo bruno che è in realtà vegetale.
Il futuro della ristorazione d’autore e la sua sostenibilità passano, per molti aspetti, dalle materie prime ai turni del personale, come li affrontate?
Mi sto sempre di più assestando sulla selezione di produttori specifici, che non vuol dire necessariamente piccoli. Quindi evito grandi aziende che mi forniscono praticamente tutto, preferendo il produttore specializzato in un certo ambito, valorizzando le esperienze e le conoscenze di ognuno nel proprio settore. Poter selezionare la materia prima in questo modo mi piace e mi diverte molto. Per i turni del personale, facciamo sì che tutti i miei ragazzi, sia in sala che in cucina, lavorino al massimo otto ore al giorno, con grande beneficio in termini di atmosfera e lucidità.
–TUTTE LE INTERVISTE AGLI CHEF ITALIANI–
Tecnica e cuore, in che percentuali sono necessarie per una cucina d’autore oggi?
Il cuore, inteso anche come talento, devi averlo per forza e necessariamente deve andare di pari passo con la tecnica, perché oggi lo standard è veramente alto, la competizione estrema, e se non hai un ottimo livello tecnico non riesci a stare al passo con gli altri.
Cosa distingue gli chef della sua generazione dai loro predecessori?
Sicuramente oggi la formazione è più facile e veloce; il processo è più rapido grazie alla tecnologia, grazie ai social, grazie – ad esempio – alla possibilità di mandare una mail a un ristorante importante e accordarsi per uno stage o per un’eventuale assunzione. Oggi un ragazzo a 30 anni in molti casi è formato per poter fare l’executive, una volta non era così.
Quali sono gli accorgimenti più importanti in sala per regalare al cliente la migliore esperienza possibile?
L’importanza della sala in Imàgo è fondamentale. Quello che ci imponiamo è di non stare mai fermi, di non accontentarci mai. Cerchiamo sempre di migliorare, nell’arredamento come nel team, che si tratti dell’introduzione di un nuovo elemento o di cambiare la carta del vino, il layout del menu o introdurre idee nuove sul metodo di servizio. Per me questo è il trucco: non rimanere mai immobile, ma evolversi di continuo.
Qual è il processo creativo con cui vengono pensati gli abbinamenti cibo-vino?
Il processo avviene tramite tanta, tanta pratica e sperimentazione. Quando nasce un nuovo menu, viene realizzato e ripetutamente assaggiato. Si inizia provandolo interamente insieme al sommelier, che seleziona quattro-cinque idee di vino. Dopodiché queste vengono assaggiate con il piatto e si può addirittura arrivare a modificare leggermente la ricetta, a livello di acidità o di grammatura di sale, affinché l’abbinamento sia perfetto. Un pairing che mi ha davvero emozionato è stato quello del Carciofo e animella del menu Imago 8 con uno sherry proposto da Alessio Bricoli (Head Sommelier, ndr).