Non è facile descrivere a parole il fascino di poter cenare su un porto dalla storia secolare, con uno sguardo che abbraccia il Bigo, la biosfera di Renzo Piano, l’Acquario e la Lanterna. Per provare questa ebbrezza, anche nei mesi invernali, a Genova c’è Marco Visciola con il suo Marin.
Il Marin ha compiuto dieci anni da poco, cosa avete imparato in questo primo decennio e che programmi avete per il prossimo?È stato un percorso fatto di passi piccoli ma tenaci, che ci hanno portato a diventare un punto di riferimento nel panorama ligure e acquisire rilevanza nazionale. Siamo nati come un ristorante di pesce tradizionale, evolvendo gradualmente verso una cucina d’autore, ma saldamente ancorata al territorio. Il futuro è tutto da scrivere: la ricerca, lo sviluppo, la contaminazione con altre culture e altre realtà saranno sempre più preponderanti. L’obiettivo è quello di alzare sempre più l’asticella sia in termini di offerta gastronomica sia a livello di sostenibilità, ambientale e umana.
Quella di mare spesso ritenuta una cucina fatta solo di ingredienti di alta qualità, come si inserisce la creatività in questo contesto?La qualità degli ingredienti è fondamentale in ogni cucina. Il Marin interpreta la Liguria contemporanea, in un equilibrio di sapori di mare, di entroterra ed erbe aromatiche. Propongo i simboli culinari del territorio, ma mi piace offrire anche una rivisitazione leggera, precisa, senza prevenzioni.
Può fare un esempio di qualche suo piatto che ben rappresenti questo concetto?Penso alla Minestra degli abissi, in cui il pesce da zuppa diventa un ripieno per i bottoni di pasta insieme alle zampette delle seppie tenute da parte dalla preparazione del lardo di seppia. Le lische dei pesci, con alghe, cozze e vongole, impreziosiscono il brodo. Oppure alla Finanziera dal mare, ricetta nata dalla tradizione piemontese di terra e reinterpretata utilizzando le preziose risorse del mar Ligure. O ancora lo Spaghetto Martini Cocktail, un dialogo tra mixology e gastronomia, un piccolo intreccio di spaghetti al burro con un’emulsione di olive verdi, caviale italiano e un tocco finale di gin “taggiasco” spruzzato al momento in aerosol. Un piatto all’apparenza semplice, ma dai molteplici livelli di interpretazione.
Ovunque si parla di sostenibilità: come conciliare un’esperienza di fine dining di mare con la ricerca di nuovo equilibrio con la natura?Sfrutto il pescato del Golfo fornito dalla Cooperativa Pescatori Camogli, piccola realtà locale di pesca sostenibile, che gestisce l’unica tonnarella rimasta in Liguria. Quindi pesce di stagione, che offre vantaggi per l’ambiente e qualità. Tratto poi solo pesci a ciclo vitale breve che si sono già riprodotti al momento della pesca, prediligendo il pesce azzurro e in generale il pesce “povero”, che se ben lavorato diventa protagonista di grandi piatti. E poi cerco di sfruttare e valorizzare tutte le parti del pesce, anche attraverso la frollatura, che consente di dare una vita più lunga all’alimento. Dalla maturazione del pesce e dalla “norcineria” di mare nascono piatti nuovi e sorprendenti.
Quello tra vino e pesce è un matrimonio spesso incantevole, ma che va accuratamente seguito. Ci racconta un abbinamento particolarmente ben riuscito dei suoi piatti?Per lo Spaghetto Martini proponiamo come abbinamento l’Ageno de La Stoppa, un vino naturale della zona piacentina a base di Ortrugo, Trebbiano e Malvasia di Candia vinificata secca. La lunga macerazione sulle bucce gli conferisce una nota tannica che aiuta ad asciugare il palato e bilanciare la parte grassa del piatto. Inoltre, in bocca ha un sentore di salamoia di oliva sul finale, che riprende e esalta le note del gin vaporizzato sul piatto. Poi, quando il nostro sommelier Alessio Silesu trova clienti curiosi di sperimentare, si diverte con proposte che vanno oltre il vino. La Finanziera dal mare, ad esempio, può essere abbinata con un cocktail a base di chartreuse verde, ginger beer e succo di limone.
© Riproduzione riservata