Era il 1790 quando, tra le aule dell’Eton College, si palesò un eccentrico personaggio: era George Bryan Brummel, conosciuto ai più come Lord Brummel, padre del dandismo. In un’epoca in cui dominavano i colori sgargianti e le parrucche maschili, e l’igiene personale era considerata un optional, la scelta di stile di Beau Brummel era solita destare non poco stupore. Il primo dandy della storia della moda non si limitò a introdurre il blu per gli abiti e l’uso dei pantaloni lunghi a tubo, ma reinterpretò il frac come abito comune, adatto alla vita quotidiana.
Il queue de morue, nome francese dovuto alle caratteristiche bande a punta che ricadono sul dietro come una coda di rondine, fino alla fine del ‘700 veniva utilizzato come uniforme militare: solo all’inizio dell’800, e solo grazie a Brummel, diventò un caposaldo del guardaroba maschile. Così indispensabile che, nel 1840, la rivista Mode et Costume dichiarò: «Il frac, simbolo della civiltà d’oggi, è l’uniforme che l’uomo di cultura deve indossare. Lo si vede dappertutto dove la vita e il piacere sono presi sul serio: è portato dal supplicante, dal padrino, dall’uomo in lutto e anche da chi va al ballo, dall’ammiratore ardente di un’attrice e dall’uomo annoiato che beve il suo tè serale». Da allora sono passati molti anni, secoli, e il dandismo (così come il frac) ha subito non poche variazioni. Lord Brummel lasciò questo mondo a metà ‘800 e la sua eredità fu raccolta, rivista e interpretata da alcuni esponenti dell’ambito letterario e culturale dell’epoca. Uno su tutti, Charles Baudelaire. Ne Il pittore della vita moderna, raccolta di brevi saggi pubblicata su Le Figaro alla fine del 1863, utilizzò come pretesto le opere del pittore Constantin Guys per teorizzare sul concetto di arte ed estetica moderne. Tra le pagine spicca un elegante ritratto del dandy e delle sue regole di vita: l’innaturalità, quindi lo studio esatto di ogni dettaglio, ne era il principio fondante e di seguito la repulsione per tutto ciò che veniva considerato convenzionale. Va da sé che il dandy non poteva e non doveva amalgamarsi con le folle, necessitava di uno stile proprio caratterizzato da una cura minuziosa per il particolare. Il poeta de Le Fleurs du mal sceglieva di vestirsi sempre di nero – si dichiarava, infatti, in lutto per l’umanità – e amava indossare voluminosi papillon, prevalentemente di colore scuro, e rigorosamente tagliati di sbieco.
La regola base è lo studio attento di ogni minimo dettaglio e il rifiuto di quanto ritenuto troppo convenzionale
Bastone alla mano, un garofano verde come fiore all’occhiello, quella sigaretta sempre in bocca (intesa più come un accessorio che come un vizio): era il dandismo di Oscar Wilde, in cui le sete e i velluti colorati venivano utilizzati come veicolo espressivo. Da esteta convinto, lo scrittore irlandese considerava il bello come l’unico mezzo per sopravvivere alla fugacità della vita. D’altronde, la ricerca estrema dell’assoluta ed eterna bellezza è il soggetto della sua opera più famosa, Il ritratto di Dorian Gray. Così recita un suo celebre aforisma: «La bellezza è l’unica cosa cui il tempo non possa recar danni. Le filosofie svaniscono come sabbia, e le dottrine si susseguono l’una dopo l’altra come le foglie appassite in autunno, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni e un possesso per tutta l’eternità». Rendere la propria vita un’opera d’arte, questo era il principio fondante del modus vivendi di Wilde: indirizzare l’esistenza alla ricerca del piacere, sotto qualunque forma esso si possa presentare. E l’abito, i tessuti pregiati e una gestualità eccentrica ne facevano sicuramente parte. La stessa idea di bellezza e di piacere assoluti hanno caratterizzato la vita di un altro letterato illustre, un uomo così elegante da essere considerato il Lord Brummel nostrano: Gabriele D’Annunzio. Il suo guardaroba, utilizzato nel 1988 per la mostra Il guardaroba di D’annunzio curata da Annamaria Andreoli per Pitti Uomo, è il più affascinante e completo documento della moda maschile italiana tra la fine dell’800 e i primi del ‘900. Cappotti, cravatte, gilet, pigiami, fasce da collo in piqué bianco, una pelliccia d’orso: leggendo i nomi delle griffe sulle etichette che firmano quei capi è possibile viaggiare nel tempo e osservare il costume dell’epoca. Erano il meglio di quegli anni quanto a sartorie – come il napoletano Petroni –, camiciai – adorava i veneziani Bonaldi e Zecchi – e calzolai, come il milanese Quinté. Il Vate amava definirsi come un animale di lusso, così amante del ben vestire da redigere liste di viaggio meticolose prima delle partenze: «Abito grigio ferro, abito a quadretti bianchi e neri, abito marrone con tait, tait nero, pantaloni bianchi, sei gilet bianchi». Si potrebbe citarne molti altri: dal poliedrico e geniale artista Cocteau, fino ai contemporanei Tom Wolfe e Carmelo Bene.
La moda maschile, per la primavera, ha tradotto nelle collezioni questa tendenza che già imperversava per le strade delle grandi città, tanto da essere oggetto di numerosi ritratti su blog di streetstyle come The Sartorialist e Tommy Ton. Ecco che le passerelle sono state percorse da dandy più o meno espliciti, spesso vestiti con completi rigorosi arricchiti da elementi stravaganti. È il caso dell’uomo di Kris van Assche per Dior: abiti che non passeranno mai di moda, caratterizzati da un’eleganza minimalista, e capi interessanti, tra cui una giacca con chiusura ad alamaro. Smoking sartoriali decorati da gessati d’antan e una palette colori che spazia tra tutte le sfumature del blu: blu navy, lapislazzulo, denim slavato. Il dandy di Etro, di contro, fa capolino vestito con giacca doppiopetto bianca dai bottoni dorati, dolcevita bianco, pantaloni blu navy e mocassini bicolore: un look che ricorda il personaggio letterario Jay Gatsby, indimenticabile nella mise estiva bianca con camicia argentata descritta da Fitzgerald, dandy lui stesso. Un viaggiatore elegante è la proposta di Kim Jones per Louis Vuitton: un accenno all’Oriente accostato a capi sartoriali sporty e d’ispirazione militare. Un uomo che si veste di materiali pregiati come il cashmere, il mohair e il coccodrillo. Nel corso dei secoli il dandismo ha subito infinite mutazioni e contaminazioni, attingendo nuova linfa nel corso del tempo. D’altronde questo fenomeno può essere definito come la prima vera manifestazione della vanità maschile: Lord Brummel altro non era che l’antenato degli uomini d’oggi, attenti al dettaglio e curati più di quanto vogliano dichiarare o ammettere.
Gli accessori perfetti Un dandy che si rispetti deve curare ogni dettaglio del proprio look dalla testa ai piedi, letteralmente. Ecco, quindi, il cappello Alessandria di Borsalino, rasato con cinta in canneté: un punto di blu che sicuramente avrebbe fatto innamorare Lord Brummel. Per non parlare di quanto Baudelaire avrebbe apprezzato l’interpretazione contemporanea del papillon di Cor Sine Lab Doli: il particolare modello sectum è realizzato in tessuto stampato a pois e arricchito da un elemento in ceramica bianca. La cravatta di Eton in seta operata, invece, è divertentissima nel suo colore arancione vivo con microfantasia a fiorellini a contrasto. Altrettanto particolare è la pochette da taschino firmata Ferrucci Milano: in seta, è decorata da un simpatico pattern che richiama le racchette da ping pong. Bally è una certezza per la pelletteria: la business bag bicolor marrone e ocra è un’ottima alternativa alla classica borsa da ufficio. La cintura di Daks, in pelle e con stampa check in pvc, è un’elegante interpretazione del tartan che, appena accennato, arricchisce il look senza stravolgerlo. Un dandy che si rispetti deve sempre indossare i gemelli: Carlo Pignatelli li propone in metallo lavorato a bassorilievo con effetto maglia metallica e decorati dal logo della maison, adatti al gentleman contemporaneo. Infine, calze e calzature: i pois delle lunghe calze in cotone di Alto Milano sono perfette accostate alla lussuosità dei mocassini in pelle color cuoio anticato con nappine dell’Antica Cuoiera del Calzaturificio Soldini.
Colore e stampe spiritose La camicia è un sine qua non del guardaroba maschile e, ça va sans dire, anche di quello di un dandy. L’importante è non cadere nella banalità: via al classico quindi, ma con un tocco particolare e non convenzionale. Colori inaspettati, righe, pois e stampe: le camicie del dandy sono il frutto dell’incontro tra tagli sartoriali e dettagli divertenti. Eton propone una camicia carica di personalità in twill di cotone rigato, piccolo collo tondo e polsini a contrasto: le righe multicolor sul fondo pastello creano un’interessante contrapposizione. Gant, invece, reinterpreta il classico dei classici in rosa e lo caratterizza con un lieve rigato verde e azzurro. Le botton down in cotone stampato di Brooksfield sono camicie portabili tutti i giorni, adatte alla vita quotidiana: per un dandy che non vuole esagerare.
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