Dal terremoto alla rinascita, attraverso l’arte. Il sisma che sconvolse il Centro Italia cinque anni fa non provocò solo ingenti danni a persone e territori, ma anche al patrimonio artistico: Ancona, affacciata sul Mediterraneo ma punto di riferimento culturale per l’Adriatico, si è rimboccata le maniche e ha custodito nella Mole Vanvitelliana i reperti provenienti dai comuni terremotati e bisognosi di restauro. Ora la Mole – spettacolare isola artificiale pentagonale, progettata nel 1732 da Luigi Vanvitelli nel porto – diventa il centro di un nuovo importante progetto artistico che, attraverso opere contemporanee, riflette sul rapporto tra natura e uomo. Terra Sacra, fino all’8 maggio, «non ha intenzione di confrontarsi con le perdite, ma riflette sul recupero e sulla restituzione della vita», spiega il curatore Flavio Arensi.
Presenta ben 120 opere di 36 artisti: da Gianfranco Baruchello a Renato Birolli, passando per Silvia Camporesi, Gino de Dominicis, Flavio Favelli. All’ingresso ci accoglie “il bosco digitale” di Quayola, poi ci si immerge nella pittura, con l’Autostrada di Titna Maselli e il misterioso Gilgamesh di De Dominicis. La seconda sezione, dedicata all’antropologia dello spazio, si concentra sulla taranta come danza sacra e poi si prosegue con opere che ragionano sul tema così attuale del confine: dalla Persia di Flavio Favelli, all’Iran di Pietro Masturzo, fino all’“atlante metafisico” di Silvia Camporesi.
Arriviamo poi alla parte forse più politica e impegnata del percorso: incontriamo i lavori di Peppe Avallone sul terremoto di Napoli degli anni Ottanta e i video di Alessandro Tesei su Fukushima e il disastro naturale che toccòil Giappone. Accanto, in intelligente dialogo, una selezione effettuata dalla Sovrintendenza locale delle opere ricoverate alla Mole, dopo il salvataggio dei Carabinieri a seguito del sisma del Centro Italia. L’arte può agire come agente di rinascita, collettiva e individuale. Tuttavia, a ricordarci il pericolo dei confini e delle divisioni, ci sono le opere del grande Zoran Music che riportano la memoria alla follia dei campi di concentramento, accanto alle tavole di Andrea Bruno e a un toccante lavoro di Giovanni Albanese sui senzatetto.
Un modo per dirci che la bellezza salverà sì il mondo, ma non possiamo stare solo a guardare, come suggeriscono anche le Macerie prime di Zerocalcare, il celebre fumettista. Il finale ha un’atmosfera spirituale, quasi mistica: ci sono le straordinarie foto di Gina Pane in dialogo con i grandi tronchi sonori di Roberto Pugliese e spiccano le suggestive incisioni di Franco Fanelli.
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