Verso Brasile 2014: tutto quello che c’è da sapere sui Mondiali

Ora ve lo sveliamo noi. È partito il countdown per aggiudicarsi il trofeo più desiderato del pianeta. Abbiamo deciso di raccontare ai nostri lettori l’altra faccia della manifestazione: dalla storia ai record, dai protagonisti (di ieri e di oggi) al business, passando per le mascotte e le mille curiosità che l’hanno animata dal 1930, anno in cui si giocò per la prima volta nel lontano Uruguay

Sarà sicuramente un Mondiale di calcio (20esima edizione nella storia di questa competizione) caratterizzato da luci e ombre. Brasile 2014 doveva essere ricordato per l’attenzione ai conti e all’ambiente, si è trasformato, invece, in un’edizione molto travagliata. I costi organizzativi sono costantemente lievitati, nonostante le continue pressioni della Fifa, detentrice di tutti i diritti dell’evento. Sul fronte economico gli investimenti previsti dal governo di Brasilia hanno superato i 9,5 miliardi di euro. La voce di costo più importante è quella legata agli stadi. Dei tre impianti esistenti, solo il Maracanà (lo stadio di Rio de Janeiro utilizzato per la cerimonia inaugurale e per il match finale) non ha sforato il budget. I restanti nove presentano costi realizzativi non inferiori ai 170 milioni di euro ciascuno.In queste condizioni sarà difficile replicare i buoni risultati raggiunti dal comitato organizzatore sudafricano (Mondiale 2010): 6,1 miliardi investiti e un utile di 885 milioni. La lievitazione dei costi dell’impiantistica e quelli collegati alla sicurezza potrebbero generare una perdita secca, al termine del torneo verdeoro, di 500-600 milioni di euro. Per la Fifa, il Mondiale continua a essere, però, un’occasione unica per generare ricavi a sei cifre. Un successo economico per l’organismo svizzero, che, da alcune edizioni, ha concentrato i propri sforzi sulla vendita dei diritti Tv. Oggi valgono 2,3 miliardi di euro (circa il 38% della torta complessiva). Al secondo posto vi sono i ricavi da biglietteria per 1,7 miliardi di euro (28%), seguiti dal giro d’affari turistico per 1,3 miliardi (21%) e dalle sponsorizzazioni ed entrate commerciali per 800 milioni (13%). Tre i format previsti: Adidas, Coca-Cola, Hyundai-Kia, Emirates, Sony e Visa (Fifa partner); Budweiser, Continental, Johnson&Johnson, McDonald’s, Oi, Sea­ra, Yingli (Fifa world cup sponsor); Apex­Brasil, Garotò, Itaù, Liberty seguros, Wise up (National partners). È una corsa contro il tempo quella che il Brasile sta portando avanti, per mostrare, attraverso il calcio, un’immagine più mo­derna e innovativa del Paese. Come an­nunciato dal Presidente della Fifa, Joseph Blatter, saranno 12 le città che ospiteran­no le partite del Mondiale verdeoro. Do­dici aree economiche, ognuna delle qua­li aveva bisogno di stadi e strutture spor­tive, di alberghi, acquedotti e moderni si­stemi per lo smaltimento dei rifiuti; senza dimenticare le opere infrastrutturali. Un vero e proprio rilancio economico-infrastrutturale, grazie al volano del calcio. Il governo brasiliano è pronto a investire una cifra “monstre” (48 miliardi di euro nell’arco dei prossimi 25 anni). Impre­se private (brasiliane e straniere) stanno avendo accesso a concessioni su 2.300 km di strade/autostrade da costruire ex novo o rammodernare. Solo sul segmen­to dei trasporti sono attesi investimenti per 13 miliardi di euro. Per la ferrovia, attraverso partnership pubblico-privato (per evitare monopoli o trust), arriveranno al­tri 33 miliardi di euro. Questi progetti sa­ranno spalmati nei prossimi cinque lustri, ma è chiaro che l’obiettivo primario è consegnare al mondo, in occasione del­l’evento iridato di calcio e dell’Olimpia­de (Rio 2016), un’immagine più moderna del Paese nel suo complesso. Sport, quin­di, acceleratore economico di un’intera nazione. Una lezione che arriva dal Bra­sile e che qualcuno, anche in Italia, do­vrebbe tenere a mente, sia nei palazzi go­vernativi, sia in quelli del calcio tricolore. PILLOLE MONDIALI

UN TROFEO PER POCHI ELETTIAppena otto Paesi hanno alzato la coppa del mondo al termine della competizio­ne iridata. Il Brasile, è l’unico team a po­ter vantare cinque titoli, conquistati tra il 1958 e il 2002. Italia e Germania sono ri­spettivamente al secondo e terzo po­sto, con quattro e tre titoli. Nel complesso, il numero di selezioni che han­no conquistato almeno un podio è di 24 unità (di cui dieci appartenenti al con­tinente europeo) ed è da registrare an­che la presenza, sotto il profilo storico, di Urss e Jugoslavia, due nazioni legate al­l’immaginario collettivo della “cortina di ferro”. Tra le curiosità di queste prime 19 edizioni, in attesa di Brasile 2014 (dove è atteso il debutto della Bosnia ed Erzego­vina) vi è la presenza di ben 84 “matrico­le”, rispetto alla prima rassegna di Uru­guay 1930, oltre all’esplosione dei de­butti del continente “nero”, per esempio, nell’edizione di Germania 2006, quando sono diventate popolari, per la prima vol­ta, le selezioni dell’Angola, della Costa d’Avorio, del Ghana e del Togo. Così come fa riflettere l’esplosione del calcio cinese solo nel 2002, durante la rassegna co-gestita da Corea del Sud e Giappone. Un continente, che, nei pros­simi anni, secondo molti addetti ai lavori, è destinato velocemente a crescere sotto il profilo sportivo, e a dare filo da torcere soprattutto all’Europa.

Calciatori da record

Tutti gli allenatori campioni del mondo

DIRITTI ALLE STELLE, FUTURO SOCIAL Sarà Sky, la televisione del magnate au­straliano Rupert Murdoch, a farla da pa­drona in occasione del prossimo Mon­diale verdeoro. Trasmetterà tutte le 64 partite previste (si inizia con la Seleçao a San Paolo il 12 giugno 2014 alle 22 ita­liane), mentre la Rai potrà trasmettere un totale di 25 partite, incluse quelle degli azzurri e la finalissima di Rio (13 luglio alle ore 21 italiane, all’interno del leg­gendario stadio Maracanà). Il valore della “torta” dei diritti Tv del Mondiale è pari a 2,3 miliardi di euro. Un nuovo record dopo 1,8 miliardi di euro del Sudafrica 2010 e il miliardo e duecento milioni di Germania 2006. La Coppa del Mondo fino al 1970 è sta­to un prodotto, per certi versi “sperimen­tale”, se parliamo di trasmissioni televi­sive, comunque per un pubblico pretta­mente radiofonico. Il salto di qualità, con l’inizio della vendita dei diritti delle parti­te alle Tv è proprio in occasione di Mes­sico 1970, la rassegna calcistica rimasta nell’immaginario collettivo tricolore per quello storico match notturno vinto dal­l’Italia sulla Germania per 4-3. Nell’edizione messicana il valore era intorno ai 180-200 milioni di euro, poi l’esplosione con Italia ‘90, quando furo­no superati ampiamente i 500 milioni di euro, ed edizione dopo edizione c’è stata sempre una evoluzione economica in tal senso. Adesso la sfida della Fifa, detentri­ce del torneo, e dei principali network Tv, è rendere sempre più social quest’evento. Non è difficile immaginare che colossi come Facebook, Twitter o Google stiano già lavorando, in vista della rassegna di Russia 2018, e ancor più per Qatar 2022, alla creazione di veri e propri stadi “virtuali” per rendere la partita finalmente un evento totalmente interattivo e socializzante. Saranno i new media le piatta­forme “avversarie” delle Tv nei prossimi dieci anni, ma anche i nuovi clienti per gli organizzatori svizzeri della Fifa. E il business del pallone continuerà a cresce­re, crisi economiche permettendo.

INTERVISTE A…

Pino Wilson (Italia 1974)

Christof Innerhofer (campione olimpico)

Francesco Pannofino (attore e doppiatore)

EVOLUZIONE DELLA SPECIE Nella prima edizione del mondia­le (Uruguay 1930) si giocò con palloni cosiddetti “d’epoca”. Per poterla gon­fiare, la sfera, veniva ricoperta da 18 strisce di cuoio (legate tra loro da strin­ghe di cotone). Un passo in avanti fon­damentale, sotto il profilo dell’evolu­zione del pallone, avvenne nei primi anni Cinquanta. La Select, ditta dane­se ancora oggi attiva nella produzione di palloni per lo sport, cominciò a com­mercializzare un modello inedito, de­stinato a modificare la storia di que­sta disciplina. Per migliorare la rotondi­tà, il rivestimento venne formato da 32 pannelli di cuoio, divisi in 12 pentago­ni e 20 esagoni, creando di fatto una forma geometrica nota come “icosae­dro troncato”. Da più di 40 anni e per 12 edizioni consecutive, l’Adidas fornisce i palloni per i Mondiali di calcio. Per esempio il Telstar degli anni ‘70 (fu il primo mon­diale ad essere trasmesso in Tv), costi­tuito da 32 pentagoni in bianco e nero; il Tango che vide il trionfo dell’Italia a Spagna ‘82; l’Atzeca di Messico ‘86 (pri­mo pallone “sintetico”) e l’Etrusco per Italia ‘90 (aveva come particolarità una serie di disegni: tre teste di leone in ogni esagono). Da Francia ‘98 in poi i palloni hanno abbandonato i tradizionali bian­co e nero diventando colorati; un ulte­riore problema, a detta dei portieri, per­ché il colore crea comunque problemi visivi a chi deve parare. In Giappone-Corea è stato lanciato Fevernova, diven­tando subito popolare per il fatto di esse­re totalmente “dorato” e in schiuma. Nel 2006, in occasione del mondia­le di Germania, Adidas ha debutta­to il “Teamgeist”, un pallone compo­sto solo da 14 pannelli, per scendere poi ad otto in Sudafrica con il “Jabula­ni”, realizzato con la tecnologia “grill ‘n groove”, per migliorare la precisione dei tiri e il controllo della sfera. Il dise­gno di questo pallone era composto da 11 colori; rappresentava lo stadio della finale, l’Fnb stadium, e il numero non è stato scelto a caso: ben 11 quante le lingue ufficiali del Sudafrica. In Brasile a Rio sarà utilizzato “Brazu­ca” (significa “brasiliano”). Il pallone è stato testato, per due anni e mezzo, da più di 600 giocatori (proprio per evitare polemiche, che, comunque, non man­cheranno e faranno parte del “sale” di questo Mondiale verdeoro) ed è com­posto da soli sei pannelli. Garantisce la sua sfericità anche in condizioni di pioggia più intensa e la struttura del­la superficie migliora controllo, stabili­tà e l’aerodinamica in campo. Migliore è anche il rimbalzo che, grazie alla ca­mera d’aria interna, ne garantisce l’ef­fetto desiderato, così come quella pre­sente nei palloni ufficiali della Cham­pions league. VERSIONE A RISCHIO “PAPERE” Super-colorati, dorati, a strisce. Ne pen­sano e ne producono di tutti i colori, verrebbe da dire, ma del vecchio e in­tramontabile pallone in cuoio neppure l’ombra. “È il passato” amano dire gli ad­detti ai lavori. a conferma che di fantasia e creatività nel pallone ce n’è sempre di meno, perché, ormai, a torto o a ragione, è tutta tecnologia. Negli ultimi anni Adi­das ha dovuto “gestire” il malcontento di alcuni portieri (casualmente testimonial di aziende “avversarie”) perché, a sentire questi ultimi, quando questi nuovi pallo­ni vengono colpiti con una certa violen­za, soprattutto da lontano, all’inizio man­tengono la traiettoria, ma quando si avvi­cinano alla porta sembrano ”ovali” assu­mendo talvolta traiettorie illeggibili. Per ovviare a questi problemi la casa di Her­zogenaurach, in vista di Brasile 2014, ha coinvolto ben 600 calciatori, legati, tra l’altro, al numero più allargato di marchi concorrenti. Proprio per evitare che, durante l’evento, qualcuno si “svegli” e de­cida di criticare Brazuca più per motivi commerciali che tecnici. Al di là della tecnologia applicata ai pal­loni, chi ha giocato in porta sottolinea il fatto che tra i fattori principali alla base delle papere ci sono: il campo scivoloso, l’umidità, un colpo di vento, ma, soprat­tutto, la distrazione del portiere, ovvero quanto di più “umano” da opporre pro­prio alla super tecnologia di questi stru­menti di gioco.

Resta sempre aggiornato con il nuovo canale Whatsapp di Business People
© Riproduzione riservata