La grandezza vinicola di una nazione si fonda anche sui suoi rossi e in questo campo l’Italia non ha alcun timore reverenziale, potendo sfoggiare prodotti di complessità straordinaria, diventati paradigmi dell’enologia mondiale, che tengono alta la nostra bandiera nelle carte dei vini dei ristoranti più prestigiosi. Vinciamo perché rossi sono i nostri vitigni Sangiovese e Nebbiolo, due uve che in nessun altro luogo al mondo riescono a esprimersi bene come in Toscana e Piemonte, dove nascono le loro massime espressioni: il Brunello di Montalcino nella prima, il Barolo nella seconda.
In ordine temporale, il Barolo precede il Brunello con l’opera di Camillo Benso conte di Cavour e l’influenza dell’enologia francese: i primi esemplari sono della seconda metà del 1800 e non passano molti anni prima che i grandi produttori emergano. Giacomo Conterno inizia con il nuovo secolo nel Comune di Monforte d’Alba (Cn), vinificando un Barolo che il figlio Giovanni comincerà a imbottigliare nel 1912. Un altro Giacomo, nipote del fondatore, nel 1924 produce la prima Riserva Monfortino e nel ‘74 acquista il primo vigneto: il cru «Francia», a Serralunga d’Alba, dove viene prodotto integralmente il Monfortino. La cantina è oggi gestita da Roberto Conterno, subentrato nel 1988 al padre, che porta sul mercato il Monfortino 2013 (tra i migliori mai prodotti), un “vino investimento”, vero godimento intellettuale e gustativo. Tra qualche anno potrà essere come la grande 2005, capolavoro di potenza e leggerezza, ruggente nell’acidità e nella quantità. Vino di enorme impatto – che mantiene ai massimi livelli la pulizia olfattiva ed esalta la spinta minerale-calcarea del suo vigneto – da giovane il Monfortino pare debordare al palato, con il suo frutto esplosivo sempre sui binari del tannino, ma con questo nettare bisogna guardare lontano, verso decenni di vita e miglioramento in bottiglia. Segnatevi queste quattro annate: 1947, 1971, 1978 e 2002.
A Montalcino (Si) la storia è leggermente più recente. Primo atto del grande Sangiovese ilcinese è il 1865, anno in cui il “vino rosso scelto Brunello” della tenuta Il Greppo vince un prestigioso premio alla Esposizione universale di Parigi del 1867. Lo realizza Clemente Santi, farmacista che introduce due innovazioni di portata storica: il 100% Sangiovese e il lungo, lunghissimo per l’epoca, invecchiamento in legno e bottiglia. Le conoscenze di chimica lo aiutarono a individuare tecniche di travaso e di invecchiamento in botti più avanzate rispetto a quelle dei suoi contemporanei. La figlia Caterina sposa il medico fiorentino Jacopo Biondi e dalla loro unione nasce Ferruccio Biondi Santi, che seleziona un clone particolare di Sangiovese, le cui uve vinificate in purezza danno inizio, con la 1888, al Brunello propriamente detto. Gli succede il talentuoso figlio Tancredi, enologo consulente in varie cantine d’Italia e autore delle più commoventi e mai più raggiunte versioni di questo vino. Dal primo Tancredi a Franco, artefice della crescita dai 4 ai 25 ettari attuali in vinificazione, arriviamo oggi al giovane erede Tancredi, che lavora tuttora in azienda anche se la proprietà è passata al gruppo francese Epi. Di questo Brunello vi consigliamo la Riserva 2006 e l’annata 2013, due vini che si scolpiscono in maniera sorprendente nell’immaginario del degustatore, con quel loro passare da note fruttate alla speziatura finissima. L’annata più giovane prende campo con una dolcezza di frutto tra amarena e fragole, in un bouquet ampio e una vena balsamica intrigante, ma puntiamo i riflettori soprattutto sulla Riserva 2006, in uno stato di forma eccezionale. Dal colore vivo e fresco, va seguito nei prossimi decenni perché dopo mezzo secolo può rivelarsi come la storica e impressionante annata 1955.
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