AI, l’Europa deve cambiare: l’appello di top manager e imprenditori

Dal Ceo di Meta, Mark Zuckerberg a quello di Spotify, Daniel Ek, fino agli italiani John Elkann (Exor), Marco Tronchetti Provera (Pirelli), Francesco Milleri (EssilorLuxottica) e Lorenzo Bertelli (Prada): l'appello di 50 firmatari che promuove i benefici dell'intelligenza artificiale

AI, l'Europa deve cambiare: l'appello di top manager e imprenditori© Shutterstock

“L’Europa è diventata meno competitiva e meno innovativa rispetto ad altre regioni e ora rischia di rimanere ancora più indietro nell’era dell’AI a causa di decisioni normative incoerenti”. È quanto scrivono in una lettera aperta consultabile a questo link un gruppo di 50 tra top manager, imprenditori e ricercatori, che rappresentano aziende e istituzioni parte integrante dell’Unione europea, che chiedono una svolta sul fronte dell’intelligenza artificiale, soprattutto a livello normativo.

La lettera ha dato il via a un dibattito pubblico sul tema. I promotori dell’iniziativa invitano Bruxelles ad autorizzare l’uso di dati europei per addestrare i modelli di AI – in particolare quelli “multimodali” con testi, immagini e audio – al fine di sfruttare i benefici di questa tecnologia capace di “accelerare la crescita economica e la ricerca”. Tra i firmatari del documento figurano top manager italiani come John Elkann (Ceo di Exor), Marco Tronchetti Provera (vicepresidente esecutivo di Pirelli), Francesco Milleri (Ceo di EssilorLuxottica) e Lorenzo Bertelli (Cmo di Prada) ma anche punti di riferimento internazionali come il Ceo e fondatore di Meta, Mark Zuckerberg, e quello di Spotify, Daniel Ek.

Questi big dell’economia nazionale e mondiale invitano l’Europa a prendere “decisioni rapide, armonizzate, coerenti e chiare”, per non perdere terreno soprattutto rispetto a Stati Uniti, Cina e India. “Vogliamo vedere l’Europa prosperare e avere successo anche nel campo della ricerca e delle tecnologie relative all’AI”, aggiungono. “Negli ultimi tempi, le decisioni normative sono diventate frammentate e imprevedibili, mentre gli interventi delle autorità europee per la protezione dei dati hanno creato una grande incertezza sul tipo di dati che possono essere utilizzati per addestrare i modelli di AI. L’Europa”, concludono, “si trova di fronte a una decisione che avrà conseguenze sul continente per decenni. Può scegliere di riaffermare il principio di armonizzazione sancito nei quadri normativi come il Gdpr e offrire un’interpretazione moderna delle sue disposizioni che ne rispetti comunque i valori fondamentali, permettendo così che l’innovazione nell’AI si sviluppi qui con la stessa portata e velocità che in altre regioni del mondo. Oppure, può continuare a respingere il progresso, contraddire le ambizioni del mercato unico e restare a guardare mentre il resto del mondo sviluppa tecnologie a cui i cittadini europei non avranno accesso”.

© Riproduzione riservata