L’Italia rimane fra le 30 economie del mondo con la maggiore incidenza del contante nei pagamenti, anche se registra un buon miglioramento dell’impatto ambientale legato alle transazioni fisiche. Nel complesso il nostro Paese sta recuperando posizioni nella classifica del Cash Intesity Index anche se resta piuttosto in basso, in ventunesima posizione, davanti a Paesi come Cipro, Polonia, Grecia, Croazia, Romania e Bulgaria ma dietro Slovenia, Portogallo e Lettonia.
La nona edizione del Rapporto Verso un’Italia cashless, presentato ieri a Cernobbio dalla Community Cashless Society nel corso del forum organizzato da The European House-Ambrosetti, conferma che l’Italia è tra i Paesi più dipendenti dal contante al mondo, al ventottesimo posto generale.
“Abbiamo 260 miliardi di cash in giro nell’economia, siamo in un viaggio positivo, ma rimaniamo ultimi in Europa”, ha dichiarato Valerio De Molli, Managing Partner e Ceo di The European House-Ambrosetti. “I risultati dell’edizione 2024 del Rapporto restituiscono la fotografia di un’Italia a due velocità: se, da una parte, quasi l’80% della Generazione Z utilizza pagamenti cashless, dall’altra si mantiene una certa attitudine all’uso del contante soprattutto tra la popolazione over 60. Tra i motivi, anche i bias culturali che vedono nel digitale un rischio maggiore di frodi. Tuttavia, stiamo andando incontro a una società sempre più cashless, un approdo che ha anche il vantaggio di essere sostenibile”.
L’Italia, che è la seconda economia europea per emissioni di CO2 prodotte dai pagamenti in contante (160,8 milioni di kg su un totale Ue di 1,2 miliardi), si sta muovendo a una velocità superiore al resto dell’Europa sul piano della sostenibilità. Nel 2022 il calo delle emissioni nel Paese riconducibile a riduzione del contante è stato dell’8,1%: è la sesta migliore performance europea, il doppio di quella tedesca (-3,8%) e quasi il doppio di quella francese (-4,7%).
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