Italia, tutte le città con gli stipendi più alti: la classifica

Confermato il divario tra Nord e Sud: in fondo alla classifica sugli stipendi nel settore privato si piazzano alcune province del Mezzogiorno

Un’analisi della Cgia basata su dati Inps e Ista restituisce una classifica delle città con gli stipendi più alti© Shutterstock

Cifre più alte al Nord rispetto al Sud con disuguaglianze salariali importanti a livello geografico: la classifica delle città con gli stipendi più alti d’Italia accende i riflettori su una serie di realtà cui bisognerebbe dare maggior peso, cercando di prendere provvedimenti per rendere meno estremi gli squilibri.

A stilare l’elenco delle buste paga più alte (e non solo) è un’analisi della Cgia basata su dati Inps e Istat, che restituisce subito il quadro della situazione: nelle regioni settentrionali gli occupati percepiscono una retribuzione media giornaliera lorda di 101 euro, mentre i colleghi meridionali ne guadagnano 75.

Andando alle città, dall’analisi provinciale delle retribuzioni medie lorde è Milano la realtà dove gli imprenditori pagano gli stipendi più elevati: 32.472 euro, ben 10mila euro in più rispetto alla media nel resto della Penisola (22.839 euro).

Seguono poi quattro province dell’Emilia Romagna: Parma con 26.861 euro, Modena con 26.764 euro, Bologna con 26.610 euro e Reggio Emilia con 26.100 euro. Secondo l’analisi Cgia il boom delle buste paga di questa regione è da attribuirsi alla concentrazione di imprese attive in settori ad alta produttività (auto di lusso, meccanica, meccatronica, automotive, biomedicale e agroalimentare).

Ultimo posto, invece, per Vibo Valentia dove in un anno di lavoro i dipendenti hanno portato a casa solo 12.923 euro. La città calabrese è preceduta da Nuoro (14.206 euro), Cosenza (14.313 euro) e Trapani (14.365 euro). La classifica delle città non è, però, l’unico dato importante dell’analisi Cgia: è infatti emerso un divario regionale anche su tasso di produttività, retribuzione media giornaliera e numero totale di giorni lavorati nell’arco dell’anno.

A Nord si resta in ufficio 38 giorni in più all’anno rispetto al Sud e tra le province più stacanoviste spiccano Lecco, Vicenza, Biella e Padova. C’è però da tenere in considerazione, come l’analisi ribadisce, che al Sud è complicato conteggiare le ore lavorate per via dell’economia sommersa e dell’irregolarità. Inoltre, la differenza di giorni lavorati dipende anche dal mercato del lavoro che nel Sud è caratterizzato da una presenza più massiccia di rapporti precari, intermittenti e stagionali.

Alla luce di tutto questo, secondo l’analisi Cgia sarebbe essenziale istituire un minimo salariale per legge, cosa che andrebbe a contrastare l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto e diffondere la contrattazione decentrata. In più, dal punto di vista fiscale sarebbe necessario proseguire nel taglio Irpef.

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