No, non è un errore di digitazione, il tasto zero non si è inceppato: 2.500.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000 è la cifra che compare sulla multa che la Russia ha inflitto a Google. Si tratta di una sanzione record, con una cifra astronomica che supera di molto l’intero PIL mondiale, stimato a circa 110 trilioni di dollari.
A emettere la sentenza, come riporta il portale Rbc, è stato un tribunale russo. La causa è nata in seguito alla decisione di Google di non riattivare 17 canali YouTube legati a media filo-Cremlino, con la motivazione che violerebbero «la legislazione sulle sanzioni e delle regole commerciali». Va però precisato che più nello specifico, dall’inizio del conflitto in Ucraina, varie piattaforme tra cui YouTube hanno limitato o bloccato i canali di alcuni media russi, accusandoli di fare propaganda.
Tra questi, si trovano canali come Russia Today e Sputnik, sostenuti dal governo russo. Proprio queste restrizioni hanno spinto la Russia ad adottare misure sempre più dure nei confronti delle big tech statunitensi: a maggio 2023 Google è stata citata in giudizio per violazioni amministrative ed era già stata multata con l’esecuzione della sentenza basata sull’articolo 13.41 del Codice dei reati amministrativi russo, che stabilisce sanzioni per piattaforme che rimuovono contenuti ritenuti legali dal governo.
La multa aveva inizialmente importi più modesti, ma è salita a 2,5 decilioni di dollari per via di dell’imposizione, da parte del tribunale russo, di un meccanismo di raddoppio giornaliero in caso di mancato pagamento. Ma non è tutto qui, perché proprio questo meccanismo, secondo il Boston Consulting Group, porterà la cifra a moltiplicarsi, raggiungendo numeri inimmaginabili.
Dall’altra parte Google ha dichiarato bancarotta in Russia già nel 2022. Facendo ciò ha bloccato di fatto le proprie operazioni e ha reso improbabile qualsiasi pagamento della multa. Occorre anche dire che dato che l’importo è inverosimile (e praticamente inesigibile), la multa ha più che altro un valore simbolico: secondo il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, la cifra rappresenta infatti «la frustrazione della Russia verso Google e altre piattaforme occidentali, percepite come strumenti di interferenza estera».
Questa tensione riflette un fenomeno più ampio: molti governi, tra cui Russia, Cina e India, stanno attuando regolamenti sempre più restrittivi contro i giganti tecnologici occidentali, accusandoli di interferire con la sovranità nazionale e diffondere narrazioni politiche considerate sfavorevoli. Non a caso, in Russia si sta attualmente promuovendo la creazione e diffusione di piattaforme nazionali alternative, come RuTube, che potrebbero diventare gli unici servizi di streaming autorizzati.
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