L’Antitrust sanziona Shiseido: 400.000 euro per pubblicità ingannevole

Il brand ha ritenuto infondate le accuse di pubblicità ingannevole e ha mostrato delle prove, ma è stato sanzionato in sede amministrativa

Shiseido sanzionata da antitrust: 400.000 euro per pratiche commerciali scorrette© Shutterstock

Cifra di non poco conto quella della sanzione attribuita a Shiseido dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’Agcm ha ritenuto ingannevole una campagna pubblicitaria del brand, precisamente quella di alcuni prodotti solari della linea Expert Sun Protector. La società – attiva nel settore dei cosmetici di alta gamma – è accusata di aver diffuso messaggi poco chiari sull’efficacia e sulle precauzioni d’uso di queste creme solari, inducendo i consumatori in potenziale errore​.

Le 400.000 euro da pagare sono da attribuirsi alla colpa di aver enfatizzato una presunta tecnologia “rivoluzionaria” per la protezione solare, fornendo informazioni non trasparenti che avrebbero potuto alterare le scelte dei clienti. Di certo, l’intera vicenda pone l’accento sull’importanza di comunicazioni commerciali veritiere, specie in un ambito delicato come quello della protezione dai raggi UV.

I motivi della sanzione

Stando a quanto riportato dall’Agcm, la campagna promozionale di Shiseido sui solari Expert Sun Protector presentava caratteristiche ingannevoli tali da configurare una pratica commerciale scorretta ai sensi del Codice del Consumo​. Tutto il processo d’accusa e contestazione prende le mosse dal fatto che attraverso il sito web ufficiale e i canali social, la società aveva pubblicizzato una nuova tecnologia denominata SyncroShield, suggerendo vantaggi sul piano della durata ed efficacia della protezione solare non supportati da adeguate indicazioni ai consumatori​.

SyncroShield, descritta come una novità in grado di «rinforzare il velo protettivo anti-UV», faceva ritenere al pubblico che le creme garantissero una schermatura più intensa e duratura e non richiedessero ulteriori applicazioni durante l’esposizione al sole​. Secondo l’Antitrust, messaggi di questo tenore hanno introdotto un elemento di ambiguità e confusione: enfatizzando proprietà quasi auto-rigeneranti del prodotto, Shiseido avrebbe fornito informazioni non chiare sull’effettiva efficacia dei solari e sulle corrette modalità d’uso, in violazione dei doveri di diligenza professionale e delle norme sulla trasparenza verso i consumatori​.

​Il claim e la contraddizione

Il cuore della contestazione riguarda un claim pubblicitario preciso e la sua palese contraddizione con le istruzioni d’uso del prodotto. Nei materiali promozionali, Shiseido affermava che «la rivoluzionaria tecnologia Shiseido permette ad acqua, calore e sudore di rinforzare il velo protettivo anti-UV» dei suoi solari​. Una versione abbreviata di questo messaggio presentava il prodotto come dotato di un «velo protettivo che si rinforza con acqua e calore».

Questi slogan, volti a esaltare l’innovazione dei filtri solari, potevano indurre il consumatore medio a credere che l’efficacia della protezione aumentasse automaticamente con l’esposizione agli elementi (bagni in mare o piscina, sudorazione sotto il sole) e che quindi la crema mantenesse a lungo le sue proprietà protettive senza bisogno di riapplicazioni frequenti​. In sostanza, l’idea trasmessa dai claim era quella di una protezione dinamica e durevole, in grado di adattarsi e persistere attivamente grazie all’ambiente esterno.

Di fatto, però, la rappresentazione pubblicitaria si scontrava con le avvertenze reali fornite da Shiseido ai propri clienti: all’interno delle confezioni dei solari in questione, nel foglietto illustrativo, l’azienda stessa raccomanda esplicitamente di riapplicare il prodotto solare con frequenza, soprattutto in caso di sudorazione, dopo ogni bagno o dopo aver asciugato la pelle, per mantenere un adeguato livello di protezione​, In altre parole, le normali indicazioni d’uso seguono le linee guida standard per qualsiasi crema solare, sottolineando la necessità di applicazioni ripetute durante una prolungata esposizione al sole.

Questa precauzione fondamentale (indispensabile per garantire davvero la sicurezza dell’utente contro scottature e rischi dei raggi UV) smentisce di fatto il messaggio pubblicitario. Promettere un “velo protettivo” che si rafforza da sé si scontra con l’istruzione di dover rinnovare la protezione di frequente: l’Autorità ha rilevato dunque una evidente contraddizione tra ciò che la pubblicità lasciava intendere e ciò che il produttore ammetteva nelle istruzioni. La discrepanza è stata centrale nel giudizio di ingannevolezza: si è ritenuto che il consumatore, attratto dal claim innovativo, potesse trascurare o non comprendere appieno la necessità di ulteriori applicazioni, esponendosi così a rischi evitabili.

La difesa di Shiseido e le controdeduzioni

Nel corso del procedimento, Shiseido ha presentato una serie di controdeduzioni per difendere la propria condotta commerciale: la società ha innanzitutto rivendicato la solidità scientifica dei propri claim, sostenendo che l’efficacia della tecnologia SyncroShield fosse stata dimostrata tramite studi interni. In particolare, Shiseido ha illustrato dei test dai quali risulterebbe che il film protettivo delle sue creme solari si rafforza effettivamente a contatto con acqua e sudore​.

Questi dati, a detta di Shiseido, confermerebbero l’innovatività del prodotto e giustificherebbero le promesse fatte in pubblicità. Inoltre, la società ha precisato che le sue ricerche non pretendono di mostrare una auto-riparazione illimitata del filtro solare in caso di rimozione completa o danni gravi, ma solo un potenziamento in situazioni di normale utilizzo. Dunque, secondo l’azienda, le affermazioni oggetto di contestazione rifletterebbero reali benefici del prodotto, ampiamente supportati da evidenze sperimentali, e non costituirebbero esagerazioni arbitrarie.

Shiseido ha anche respinto l’idea che i suoi messaggi potessero trarre in inganno riguardo alla necessità di riapplicare la protezione solare: la società ha sottolineato che i claim pubblicitari facevano riferimento a un’intensificazione della protezione, non a una garanzia di protezione assoluta o infinita​. A riprova della propria buona fede, l’azienda ha evidenziato di aver sempre incluso nei foglietti illustrativi la raccomandazione di riapplicare il prodotto in caso di esposizione prolungata, come del resto previsto dalle linee guida dermatologiche internazionali​.

Il brand ha dunque ritenuto infondate le accuse di pubblicità ingannevole: a suo dire non vi sarebbe stata alcuna omissione sostanziale di informazioni né una violazione della dovuta diligenza professionale, vista la trasparenza complessiva offerta al consumatore tra messaggi promozionali e indicazioni d’uso. Le spiegazioni non sono però bastate a evitare la condanna in sede amministrativa.

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