Il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria nei confronti di Manufactures Dior, azienda specializzata nei settori della moda e del lusso e controllata dal gruppo Lvmh con la parigina Christian Dior come unico cliente, perché non è stata ritenuta in grado di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo.
L’indagine per presunto caporalato, coordinata dal pm Paolo Storari e condotta dai carabinieri di Milano, è simile ad altre già istruite in cui viene contestata la mancata applicazione di “misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative, ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici”.
Si parla in sostanza di manodopera in nero, clandestina e sfruttata, assenza di formazione sulla sicurezza e lavoro svolto in ambienti definiti “abusivi” in cui sembra che i macchinari fossero attaccati ai letti, con l’obiettivo di “avere forza lavoro reperibile 24 ore su 24”.
Non solo i collaboratori avrebbero sostenuto turni anche di 16 ore e avrebbero operato su spazzolatrici e taglia strisce senza protezioni: le macchine sarebbero state “scientemente” private dei dispositivi di sicurezza per “aumentare produttività e profitto”.
È stato calcolato che le borse venivano prodotte così a un costo di soli 56 euro e acquistate a questa cifra dal marchio, per poi essere vendute nei negozi a 2.600 euro.
Il Tribunale ha deciso quindi per il commissariamento. Dopo Alviero Martini e Armani, è il terzo caso in pochi mesi in cui un marchio del lusso viene accusato di caporalato.
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