In tempi di guerra in Ucraina il Cremlino ha una voce femminile in prima linea nel mondo, quella di Marija Zacharova, portavoce ufficiale del ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa diretto da Sergej Lavrov, già direttrice del dipartimento di informazione e stampa dello stesso dicastero.
Lo stile assertivo di Marija Zacharova
Nel solco della comunicazione tradizionalmente asciutta e diretta di Mosca, ancor più in concomitanza con un conflitto come quello con Kiev, le uscite pubbliche della politica russa sono sempre molto crude, quasi verbalmente aggressive. In occasione dell’interruzione delle vie di transito del gas russo attraverso il territorio ucraino, nel secondo giorno del nuovo anno, Zacharova ha affermato: “Kiev si è rifiutata di rinnovare gli accordi di transito siglati tra la società russa Gazprom e le ucraine ‘Naftogaz‘ e Ogtsu (Operatore ucraino del sistema di trasporto del gas). Tali accordi sono scaduti l’1 gennaio 2025, data a partire dalla quale è stato interrotto il transito del gas russo verso l’Europa attraverso il territorio dell’Ucraina”.
Nella sua dichiarazione, la portavoce ha accusato duramente gli Stati Uniti e di riflesso l’Europa: “A dover pagare il prezzo del clientelismo americano saranno anche gli altri Paesi che fanno parte di quella che, una volta, era un’Unione Europea prospera e indipendente. La responsabilità per l’interruzione delle forniture di gas russo è da attribuirsi in tutto e per tutto agli Usa, al regime fantoccio di Kiev, ma anche alle autorità dei Paesi europei, che pur di fornire sostegno finanziario all’economia americana hanno scelto di sacrificare il benessere dei propri cittadini”.
La Russia e Meta
Tra le conflittualità geopolitiche che il Cremlino affronta, rientrano anche quelle con le grandi aziende, soprattutto tecnologiche e in particolare americane. Nelle ultime ore si è acceso lo scontro con il Gruppo Meta, da Instagram a Facebook. Secondo Zacharova, con le sue ultime dichiarazioni Mark Zuckerberg “ha ammesso che la censura sui social network statunitensi ha iniziato a essere introdotta a passi da gigante dopo le elezioni del 2016”.
“È chiaro come il sole”, ha poi aggiunto la portavoce, “che le Big Tech erano ansiose ed entusiaste di collaborare con le agenzie di intelligence e l’amministrazione” della Casa Bianca, dove si sta insediando il nuovo presidente Donald Trump.
Marija Zacharova e l’Italia
I toni nelle relazioni con l’Italia si sono alzati, ad esempio, quando Mosca ha accusato il giornalista di Domani Davide Maria De Luca di essere “entrato illegalmente con i soldati ucraini nel territorio russo”. In particolare Zacharova ha postato uno screenshot che dimostrerebbe “l’irregolare” ingresso del reporter, scrivendo: “All’attenzione dei diplomatici italiani! Forse questa volta vedranno la notizia subito e non un mese dopo”.
In quel caso l’Ambasciata della Russia in Italia si è resa disponibile, forse con un filo di sarcasmo, “a ripetere agli uffici competenti italiani le disposizioni della legge russa sulla responsabilità che cade su chiunque attraversi illegalmente la frontiera di Stato russo”.
Marija Zacharova ha concentrato molto il suo lavoro e il suo “controllo” sui media globali, dal punto di vista russo, con una certa attenzione rivolta anche ai principali canali italiani nazionali. Inizialmente è stata addirittura aperta un’indagine sul reportage a Kursk guidato dall’inviata Rai Stefania Battistini, con l’accusa di aver attraversato “illegalmente” il confine entrando dall’Ucraina nella regione russa teatro di un’offensiva delle truppe di Kiev.
Successivamente Mosca ha imputato ai media tricolori di “elogiare i neonazisti ucraini mentre posano in reportage indossando simboli delle SS”, mentre Zacharova, ad agosto, ha fatto esplicito riferimento a un servizio dell’inviato della Rai in Ucraina Ilario Piagnerelli. “I media italiani ricordano sempre di più il Volkischer Beobachter (Osservatore popolare, il giornale organo ufficiale del Partito nazista)”, ha concluso la politica. Ad ottobre la portavoce di Mosca ha attribuito al governo di Roma un problema di “russofobia” in seguito ai visti negati a una delegazione russa per un convegno a Milano. Il ministro degli Esteri Tajani ha replicato da Bruxelles: “Non li diamo a chiunque, questione di sicurezza”.
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