Nuovo capitolo Italia-Cina: intesa industriale su sei punti

Dopo l'abbandono della Via della Seta, l'obiettivo è rafforzare i rapporti di partenariato muovendosi verso obiettivi comuni

Nuovo capitolo Italia-Cina: intesa industriale su sei puntiLa presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, con il presidente cinese, Xi JinpingPhoto by Vincent Thian - Pool/Getty Images

È stata annunciata a Pechino, nel corso del business forum Italia-Cina, la firma del memorandum di collaborazione industriale (MoU). Il patto d’affari fra i due Paesi è ufficiale e si traduce in un piano triennale, che da una parte è volto a sperimentare forme differenti di cooperazione e dall’altra apre un nuovo capitolo del rapporto commerciale fra le due nazioni.

Di nuovo capitolo si deve necessariamente parlare, specie se si tiene presente che l’Italia aveva consegnato a Pechino una nota chiara in cui annunciava l’abbandono della Via della Seta. Un abbandono che era per altro necessario, dato che sulla carta i vantaggi commerciali sarebbero stati reciproci, ma a conti fatti erano unilaterali, a vantaggio di Pechino.

L’Italia si è dunque ritrovata nella posizione di chiedersi quanto un accordo con la Cina fosse equo e sostenibile e ha cercato nuove strade per un MoU bilanciato. Sono state firmate in tutto sei intese in vari campi: dai prodotti agricoli e alimentari alle indicazioni geografiche, dall’istruzione all’ambiente, dallo sviluppo sostenibile fino all’industria.

Teoricamente, tutti i punti fissati e delineati dovrebbero essere strategici, mirati a rilanciare la cooperazione fra Italia e Cina e a rafforzare i rapporti di partenariato muovendosi verso obiettivi comuni. Stando a quanto dichiarato sia dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni sia dal primo ministro cinese Li Qiang, nel memorandum vengono riaffermati principi condivisi, come l’importanza di relazioni commerciali equilibrate.

Il MoU prevede scambi di visite, maggiore condivisione di informazioni sulle rispettive politiche, regolamenti e standard tecnici, organizzazione di conferenze congiunte e reciproco sostegno alle aziende. Focus anche sul fatto che «comprende ora settori industriali strategici come la mobilità elettrica e le rinnovabili – ha detto Giorgia Meloni – ambiti dove peraltro la Cina già da tempo opera sulla frontiera tecnologica, il che le richiede di agire come un’economia pienamente sviluppata, quale è, condividendo con i partner le nuove frontiere di conoscenza».

Di fatto, però, l’abbandono del precedente accordo non ha certo esaltato la Cina, che nonostante l’avvio della nuova collaborazione sembra rimanere tendenzialmente scettica: «Il governo italiano deve dimostrare una sufficiente sincerità nel cooperare con la Cina – ha detto Li Qiang – dopo che si è ritirata dalla Via della Seta. E deve saper gestire in modo efficace le differenze, in particolare nei colloqui sui dazi alle auto elettriche».

Argomento senz’altro spinoso: la premier ha infatti ribattuto sul fatto che se l’obiettivo è avere un libero mercato, quel mercato deve essere trasparente ed equilibrato. E proprio l’equilibrio deve anche riguardare gli “strumenti di difesa economica” come i dazi, che devono rispettare un principio di proporzionalità.

Un altro argomento spinoso emerso durante il business forum? Lo squilibrio nella bilancia commerciale, oggi a favore della Cina. Ciò che sembra essere sempre più importante è una cooperazione su nuovi livelli, nella speranza che il cammino intrapreso sia davvero virtuoso e porti a vicendevoli benefici.

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