Scoperta evasione fiscale da 300 milioni di euro: era legata alle vendite su piattaforme online

850 operatori economici hanno effettuato vendite irregolari di beni a consumatori privati, attraverso i canali dei colossi del marketplace.

La Guardia di Finanza di Pescara ha scoperto un maxi giro di evasione fiscale legato alle vendite su piattaforme online© Shutterstock

Un enorme giro d’affari che è sfociato in una truffa multimilionaria ai danni dello Stato: la Guardia di Finanza di Pescara ha scoperto che almeno 850 operatori economici, soprattutto stranieri, hanno effettuato vendite irregolari di beni a consumatori privati, senza dichiararlo al Fisco.

Le vendite, avvenute attraverso i canali dei colossi del marketplace, hanno un valore complessivo di 1 miliardo e 300 milioni, mentre le tasse evase ammontano a quasi 300 milioni di euro. L’inchiesta delle Fiamme Gialle si è concentrata sull’analisi dei dati riguardanti oltre 2.500 venditori, confrontati con le informazioni fornite dai gestori dei siti di e-commerce.

Va precisato che i dati vagliati interessano il periodo dal 2017 al 2018, mentre ora sono in fase di acquisizione i dati tra il 2019 e il 2020. Ai tempi, i gestori dei siti di e-commerce non sottostavano agli obblighi della Dac (direttiva (Ce) 2021/514) che dall’inizio di quest’anno obbliga le piattaforme web a fornire in automatico le informazioni.

Più precisamente, nel periodo considerato, la normativa in vigore prevedeva che l’Iva venisse assolta direttamente dall’operatore commerciale nello Stato membro di destinazione dei beni, ma solo se il giro d’affari annuale superava i 35.000 euro.

La normativa è cambiata, chiudendo la lacuna che ha permesso l’evasione milionaria, sia con l’istituzione del regime Moss (Mini One Stop Shop), in cui l’Iva viene versata nel Paese dell’operatore, sia poi successivamente con l’introduzione dell’art. 2-bis del Testo Unico Iva, che attribuisce al gestore del marketplace che facilita la vendita una responsabilità in termini di versamento pari a quella dell’esercente.

A mettere sull’attenti le autorità e ad avviare l’operazione Free Commerce sono stati i prezzi fin troppo competitivi rispetto ai venditori italiani che versavano regolarmente l’Iva, al contrario dei concorrenti stranieri che erano quasi del tutto sconosciuti al Fisco. L’indagine, oltre a portare alla luce tutte le posizioni debitorie, ha fatto anche emergere che gli ordini via web riguardavano principalmente merci tessili ed elettroniche.

Queste stesse merci provenivano da un’ampia rete globale di imprenditori che o omettevano di registrarsi ai fini Iva o dichiaravano un volume di vendite sul territorio italiano ben inferiore a quello reale. Così facendo, chiaramente, gli imprenditori massimizzavano i profitti e concorrevano in maniera sleale con gli altri operatori di mercato.

Attualmente sono in corso numerosi approfondimenti sulle posizioni fiscali di operatori che hanno effettuato cessioni sul web di merce di vario tipo senza adempiere agli obblighi tributari. La maggior parte degli imprenditori debitori si sono comunque dimostrati collaborativi e hanno già iniziato a versare quanto dovuto, adoperandosi per sanare al più presto la situazione.

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