C’è chi vince (e alla grande)

Sei storie di grandi imprese che in questi anni sono riuscite ad aumentare utili, fatturato e dipendenti. I capi azienda di Ducati, Sisal, Conad Leitner, eDreams ed Eismann spiegano come hanno fatto

George Soros ha sentenziato che quello della crisi «è stato il periodo migliore della mia carriera». Ma per fare i soldi nell’ultimo triennio, nella congiuntura peggiore dell’era contemporanea, non bisogna per forza aver giocato con sofisticati strumenti d’investimento o derivati finanziari. Soros non è l’unico a esserne convinto. Nell’Italia che ha visto la produzione tornare indietro di cinque anni, i consumi calare del 2% e la borsa perdere un quinto della sua capitalizzazione (pari a 90 miliardi di euro) soltanto nel primo semestre del 2010 ci sono storie straordinarie di imprese che possono dire che è un periodo di grandi successi. Nel belpaese, spiega una ricerca di Tns per Dacia, il 69% della popolazione si affida al low cost e, contemporaneamente, il mercato lusso, secondo Bain&Co. E Altagamma, dovrebbe chiudere l’annata con un +10% per le vendite. Ecco perché le storie che Business People ha scelto di raccontare appartengono sia al mercato del “primo prezzo” che a quello del livello alto. Tutte storie di aziende che, indipendentemente dal settore, hanno dimostrato quanto “è facile” invertire il ciclo.

MAI FERMARE L’INNOVAZIONEDucatiGabriele Del TorchioChi è abituato a correre nella Moto Gp o in Superbike, non può che avere un approccio diverso per affrontare la crisi. Se Ducati cresce nel 2009 del 6% mentre il mercato crolla, è anche perché», spiega l’amministratore delegato Gabriele Del Torchio, «le competizioni hanno un effetto stimolante importantissimo: impari a fissarti degli obiettivi, ti senti parte di una famiglia, capisci, come diceva sempre Troy Bailey, che non devi mollare mai mollare». La sfida della rossa di Borgo Panigale per il 2011 si chiama Diavel, un bicilindrico da 1200 centrimetri cubi, un look accattivante perché – nella logica delle ibride Hypermotard e Multistrada – è un po’ custom un po’ sport cruiser. E già questo è un azzardo per una casa che è sinonimo nel mondo di bicilindrica sportiva. Al fondo di questa scelta c’è molto del pedigree di Del Torchio, manager che nella sua vita si è occupato di banche, meccanica e lusso. «Non si discute la vocazione di Ducati verso le sportive. Ci sono e ci saranno sempre. Lo dimostra la scelta di puntare su Valentino Rossi per diventare un po’ la nazionale della motoristica italiana. Eppoi i gran premi sono il miglior laboratorio: il controllo di trazione che nel 2007 era sulla Desmo 16 gp7 di Casey Stoner è stato trasferito sulle moto di serie. Ma un mezzo come la Diavel ci rende orgogliosi. Dimostra la nostra capacità di innovarci, ci permette di ampliare la clientela. Si, perché sconfiggere la crisi vuol dire cercare nuove fette di mercato e grazie a Diavel e Multistrada avremo raggiunto alla fine dell’anno una quota dell’8,5% a livello mondiale».Per l’anno in corso a Borgo Panigale si stima un fatturato vicino ai 390 milioni di euro (con una crescita tra il 6 e il 7%) e l’Ebitda in aumento del 18%. Il 76% della produzione si vende all’estero: dopo mercati consolidati come Stati Uniti, Francia, Germania, Giappone, prendono peso anche gli emergenti come il Brasile o il Far East. «Nel 2008 e nel 2009 il mercato ha perso rispettivamente l’8 e il 35%, per il 2010 ci aspettiamo un calo tra il -13 e il -15. In uno scenario simile sarebbe stato facile tagliare sullo sviluppo, invece abbiamo accelerato sui nuovi prodotti e portato gli investimenti a quota 40 milioni. E questo continuando a seguire due driver molto semplici: le moto non si devono rompere e devono avere costi di gestione bassi, non facciamo mezzi di trasporto, ma giocattoli per adulti che facciano sentire la gente dei privilegiati».NUOVI PRODOTTI PER VINCERESisal – Emilio PetroneQuando le cose vanno male non resta che affidarsi alla fortuna. Ma la congiuntura, che certo aiuta, non basta a spiegare il successo di Sisal. Nel 2009 il colosso italiano del gioco ha registrato un volume d’affari di 9,4 miliardi di euro, con una crescita del 43% rispetto al 2008, mentre i ricavi sono giunti a quota 426 milioni (+27%). Emilio Petrone, ad dell’azienda, dice che «per quanto ogni anno faccia storia a sé, il 2010 ha presentato non poche difficoltà». Ma l’anno che si sta per chiudere si potrebbero ripetere gli stessi risultati, visto che nei primi dieci mesi il Superenalotto ha raccolto 2,4 miliardi di euro in giocate distribuendo 853 milioni in vincite, e il Win for life ha rastrellato oltre 900 milioni di euro, assegnando oltre 590 milioni ma anche recuperando 200 milioni per la ricostruzione dell’Abruzzo. «Perché questo concorso», aggiunge Petrone, «al di là di quello che si pensi e sempre nella logica di “giocare il giusto”, è una leva di sviluppo per tutto il Paese». Da un lato, quindi, il Superenalotto, cioè la lotteria più ricca al mondo. Dall’altro, Win for life, quella che il Sole 24ore ha definito l’unica forma di previdenza integrativa credibile nel nostro Paese. Due prodotti che beneficiano del connubio tra innovazione e una rete di rivendite molto capillare sul territorio. «I due giochi non si sono cannibalizzati a vicenda, perché la gran parte dei giocatori ha mostrato di gradire entrambi, percependone immediatamente le diverse opportunità. Il merito del management è duplice: comprendere le richieste degli utenti e fare in modo che i rivenditori valorizzino i nostri prodotti». In quest’ottica, da ottobre, è stato lanciato il Win for life Gold, che distribuisce rendite trentennali per 10 mila euro al mese. A breve dovrebbero essere affiancati a quello di Milano altre cinque Wincity. «Sarà una lunga catena di punti vendita, un modo di presentare meglio i nostri prodotti nella logica dell’eat, drink e play». Quella del gioco è un’azienda che ha margini superiori a quelli che in genere si pensa.

DIVERSIFICO E CRESCOConad – Camillo De BerardinisCamillo De Berardinis, numero uno di Conad, nota che «la congiuntura genera selezione in un mercato fermo e competitivo come il nostro, nel quale si regge e si scalano posizioni soltanto a scapito della concorrenza». Ecco allora il vecchio supermercato che si mette a fare il benzinaio, il farmacista, l’ottico, e addirittura l’assicuratore. Conad è cresciuta negli anni nei quali i consumi sono calati. Con i suoi 3 mila negozi (e altrettanti soci), 1.800 prodotti a marchio proprio e 6,3 milioni di famiglie clienti fisse, controlla ormai un decimo del mercato italiano. Nel 2009 il fatturato è salito a 9,3 miliardi di euro, con un patrimonio netto aggregato di 1,43 miliardi di euro, in aumento del 6,19% rispetto al 2008. Nel 2010 il giro d’affari dovrebbe arrivare a 9,780 miliardi, con un incremento stimato del 5,1%. Ma non è questa l’unica crescita che inorgoglisce De Berardinis. «Quest’anno la superficie dei nostri impianti ha toccato quota 1,440 milioni di metri quadri, 3,5% in più rispetto al 2009, il 40% in più negli ultimi otto anni. Con i nuovi interventi speriamo di arrivare a fine 2011 a 1,490 milioni di metri quadri».Tra shop automatici e superstore, dietro questi numeri c’è un complesso lavoro di aperture e chiusure, acquisizioni e ristrutturazioni, per fare della Conad un erogatore di prodotti e di servizi «più funzionale rispetto alle esigenze della clientela». Se un tempo bastava abbellire il banco frutta o non lesinare sconti, oggi accanto al “Bis” (due prodotti al prezzo di uno) ci sono «i distributori di carburante, le parafarmacie, l’ottica, abbiamo realizzato “Sapore e dintorni”, punto di vendita di prodotti tipici regionali. È nata una linea per bambini, Kids, stiamo guardando al benessere e in alcune regioni diamo la possibilità di pagare le tasse comunali». Una contaminazione che valorizza il marchio, viene incontro alle esigenze della clientela e approfitta delle ultime liberalizzazioni. «Sul totale del fatturato i nuovi servizi come parafarmacie e distributori di carburanti non incidono per più di 250 milioni di euro. Ma questa assieme con la mediazione del socio locale che ha la capacità di interpretare le sensibilità del territorio, è la strada per migliorare l’offerta tradizionale».

PER VINCERE VADO ALL’ESTEROLeitner – Michael SeeberIl suo unico rammarico è che «le cose sarebbero potute andare ancora meglio se gli enti locali non ci avessero bloccato i contratti già chiusi e rinviato la consegna degli impianti di risalita pronti. Da noi purtroppo, in Alto Adige come in tutt’Italia, il governo ce l’hanno in mano i funzionari e non i politici». Michael Seeber, il re delle funivie, presidente dell’azienda leader nel mondo (in continua concorrenza con un concorrente austriaco) per gli impianti di risalita a fune, sostiene che «la crisi, a meno che non ci sia la guerra mondiale, si affronta molto meglio se si investe dove il ciclo è favorevole». Sarà per questo che l’azienda è andata in Egitto: i gestori dell’aeroporto del Cairo le hanno chiesto di costruire una minimetro con la quale i passeggeri si spostano dal terminal 2 al terminal 3. E sempre in Alto Adige hanno bussato da New York per il rifacimento (e al costo di 13 milioni di dollari) della storica funivia Roosevelt Island. E sarà sempre per questo che il fatturato 2009 è salito a 612 milioni (+15% rispetto al 2008), mentre gli investimenti sono passati a 54 milioni e i dipendenti nel mondo a 2400. «E nel 2010 andremo sicuramente sopra i 700 milioni di fatturato, di euro di fatturato». A fare uscire l’Italia dalla crisi saranno, quindi, le commesse conquistate all’estero. E non a caso, in questo biennio nero, Leitner si è rafforzata con tre nuovi stabilimenti in Austria, Stati Uniti e India con un investimento di oltre 30 milioni di euro. «Il nostro giro d’affari si realizza per l’84% fuori dai confini, per questo dopo Madras abbiamo aperto in Cina. Qui, al momento, non facciamo granché, ma ci vuole pazienza. In India, investendo nell’eolico, abbiamo generato un fatturato di 170 milioni, il 50% rispetto all’anno scorso».Più che alla pazienza bisogna guardare alla diversificazione di quest’azienda che, nata a fine dell’Ottocento per costruire sistemi per il trasporto di persone, si è via via allargata ai veicoli battipista (Beast è il più grande al mondo) e agli impianti per catturare l’energia del vento. «Investire sui nuovi prodotti ci ha permesso di conquistare i mercati emergenti negli anni della crisi ed evitare di andare avanti soltanto con i pezzi di ricambio».

EFFICIENZA E RISPARMIOEdreams – Angelo GhiglianoRispetto alle altre agenzie di viaggi «noi siamo aperti 24 ore su 24». A differenza delle compagnie aeree low cost «non dobbiamo per forza vendere al prezzo migliore, ma garantire qualità e servizio imbattibili». Secondo il country manager Angelo Ghigliano è questa la filosofia di eDreams. La più grande agenzia elettronica europea oggi offre voli di oltre 100 compagnie su 60 mila tratte internazionali, pacchetti per 30 mila località diverse grazie ad accordi con 150 mila alberghi. E nel 2009 ha visto il suo fatturato sfiorare i 650 milioni di euro, in crescita di 43 milioni rispetto al 2008, rispondendo alle richieste di 5,5 milioni di viaggiatori. «E in Italia», aggiunge Ghigliano, «siamo cresciuti in modo esponenziale tanto che in alcuni mesi abbiamo registrato un incremento a tre cifre, anche perché il business travel supera ormai il 35% delle nostre vendite». Come è stato possibile? Certamente il desiderio delle persone di trovare i migliori prezzi conta moltissimo. E certamente la necessità di risparmiare sui viaggi di lavoro o di svago è determinante, ma Ghigliano aggiunge un’altra spiegazione: «Il punto di svolta nel settore è arrivato nel 2003 quando in Spagna la Iberia ha deciso di puntare sul web: il fatto che una compagnia di bandiera facesse una scelta strategica a favore delle prenotazioni via web, ha aumentato la fiducia dei consumatori in una fase nella quale era “pericoloso” comprare qualcosa in rete con la carta di credito». Proprio per questo è stato deciso di ampliare la gamma di tariffe dedicate o lanciare sconti anche sulle fee. «Ormai ci sono quasi 400 vettori low cost e ogni giorno partono migliaia e migliaia di voli. Soltanto chi lavora nel settore sa come è decisivo studiare nuove modalità di ricerca, di prenotazione o di pagamento».

IL PORTA A PORTA VA ALLA GRANDEEismann – Giovanni PaolinoC’è qualcosa di romantico nel successo di Eismann. «Nei momenti di crisi aumentano i lavoratori – cinquantenni licenziati in tronco o i giovani precari è lo stesso – che accettano di entrare nella vendita diretta. E questo», dice l’amministratore delegato della divisione italiana Giovanni Paolino, «è per noi una leva straordinaria di crescita, visto che il nostro cliente non compra soltanto i bastoncini surgelati, ma un servizio, la faccia del venditore. Sono certo che in alcuni casi si ‘acquistano’ anche dieci minuti di compagnia». Il gigante europeo della vendita diretta di surgelati nel 2009 ha registrato performance record. «I clienti», dice Paolino, «sono passati dai 300 mila del 2008 a 450 mila del 2009 e il fatturato da 95 ai 101 milioni di euro. E quest’anno pensiamo di chiudere a quota 113 milioni. E pensare che nel 2000, quando sono arrivato, non sapevamo se avremmo avuto futuro».Più in generale è il settore delle vendite dirette a girare a mille. Avedisco, l’associazione di categoria presieduta dallo stesso Paolino, ha segnato nel primo semestre 2010 un balzo nel fatturato pari al 5,88% rispetto a dodici mesi precedenti, con un giro d’affari che è arrivato a quota 426,616 milioni. La principale variante resta la faccia del venditore. «Abbiamo raddoppiato i venditori autonomi, aperto nuove filiali e rafforzato il numero dei dipendenti». Una contesa complessa, anche perché i costi della catena del freddo rendono alto il prezzo finale. «La svolta è arrivata quando abbiamo messo su una struttura parallela ai venditori, che visitano la clientela e la accudisce. Girano nelle zone dove sono più bassi gli ordini, consegnano il catalogo e spiegano ai potenziali clienti il nostro servizio. Ripeto, è la faccia lo strumento che fa la differenza». Parola di un manager che ha iniziato più di venti anni fa vendendo enciclopedie porta a porta.

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