Fabrizio Piscopo: la qualità paga

Mentre il business Tv prova a ripartire, si fanno i conti della crisi tra digitale ed esplosione del numero di broadcaster. Ma c’è un’unica certezza per l’amministratore delegato di Rai Pubblicità: «La concorrenza si batte grazie a un’offerta che sappia accontentare il maggior numero di persone possibili anticipando le richieste del mercato»

Mentre la Tv di Stato raccoglie la sfida della trasformazione in una media company, come chiesto dal d.g. Antonio Campo Dall’Orto, Rai Pubblicità si prepara a fare la propria parte in attesa di un’estate calda tra Europei di calcio e Olimpiadi di Rio. Dopo il 6% del primo trimestre dell’anno, la concessionaria continua a performare meglio del mercato dimostrando vitalità e freschezza dell’offerta. Crossmedialità e capillarità sono le parole d’ordine dell’amministratore delegato Fabrizio Piscopo, che vuol fare della sua azienda la protagonista dell’evoluzione del mercato italiano: «Anche se a conquistare gli spettatori sarà sempre la qualità dei contenuti», garantisce.

Siamo usciti dalla crisi? Cosa dicono i vostri indicatori che solitamente sono molto sensibili e ricettivi nei confronti delle aziende?Quindici mesi fa i dati macroeconomici indicavano che ci sarebbe stata una ripresa dell’economia in generale e, in particolare, del mercato adv. Rai Pubblicità ha colto immediatamente il trend di ripresa e fin da allora ha adottato una politica commerciale di riduzione dello sconto medio, ottenendo una chiusura del 2015 a +2,8% performando circa cinque volte più del mercato (-0,5%). Per il 2016 prevediamo che i segnali di crescita, già evidenti, si rafforzeranno dopo il secondo trimestre dell’anno.

Quali settori o aziende sono già reattivi e quali invece faticano a rialzarsi?I settori più dinamici e aggressivi sono anche quelli più performanti: sia le automobili che le telecomunicazioni, per esempio, sono ripartite per prime. A ruota seguono i trend più tipicamente conservativi, quali alimentari e farmaceutici. Per il 2016 prevediamo effervescenza su tutti i segmenti produttivi, grazie anche ai grandi eventi sportivi Rai (Europei e Olimpiadi).

Pensate che la raccolta tornerà ai livelli ante 2008? Se no, perché?Molto difficile: dal 2008 a oggi si sono persi tre miliardi di euro, il mercato si è frammentato e i broadcaster attualmente sono troppi (circa un centinaio, situazione unica in tutta Europa). Inoltre cresce il segmento digital che è intrinsecamente più economico della televisione e questo non aiuta il volume complessivo del fatturato. Mi sbilancio con una previsione: pensiamo che si possa crescere di un ulteriore miliardo e mezzo nei prossimi 4 anni. Al di là delle previsioni, quello che è certo, è che sempre più nei prossimi anni l’attenzione degli investitori si sposterà sul prodotto editoriale e sulla qualità dei contenuti. Può sembrare banale, ma non lo è: le migliori performance saranno delineate solo dalle offerte qualitativamente migliori e in grado di accontentare ampie e diverse fasce di pubblico in tutto l’arco della giornata, anche in mobilità.

Quali sono le esigenze delle aziende oggi? Vogliono formati e idee innovativi o pacchetti sicuri?Le aziende continuano a investire nell’advertising classico, che risponde a quelle esigenze di notorietà e diffusione dei valori del brand che solo la Tv generalista può garantire. Rai Pubblicità, oltre alla valorizzazione dei grandi eventi Tv, punta a creare iniziative speciali con grande coerenza fra i valori che intende comunicare il brand e i propri contenuti editoriali. Proprio per garantire questa coerenza abbiamo creato Air, la nostra agenzia creativa interna.

Il nuovo strumento messo al punto dal research di Rai Pubblicità – il Cross Audience Tool – fornisce sia i dati sulle abitudini di consumo del pubblico, sia dati sui valori che esso predilige. «Siamo in grado di calcolare i Grp’s effettivi di una campagna cross-mediale (Tv, radio, digital e cinema) e di superare il tradizionale target socio-demo, mirando direttamente ai consumi e ai valori del nostro pubblico, grazie a un sistema certificato da enti terzi e super partes come GfkEurisco e Mediasoft», assicura Piscopo. «Continuare a utilizzare i vecchi target è come utilizzare un fucile ad avancarica, con il mirino ormai un po’ storto, quando esiste un’arma di precisione con mirino laser».

C’è qualche opportunità che le aziende faticano a comprendere e assecondare?Clienti e centri media sono purtroppo ancora molto legati all’uso incondizionato dei target socio-demografici. Vorremmo stimolare un dialogo per provare a scalfire questo dogma: Rai Pubblicità è in grado di offrire degli strumenti di pianificazione più efficaci, che riescono a identificare i gusti, i consumi e i valori del pubblico mettendoli in relazione con la fruizione dei prodotti editoriali (vedi box a lato).

Come è cambiato il pubblico? Si sente già l’influenza dei Millennial?Grazie ai nostri dati, sappiamo che i target pregiati non sono affatto i più giovani tout court. Per fare un esempio, i cosiddetti baby boomers – il pubblico più maturo, ma anche più colto e abbiente – ha dei comportamenti molto giovanilistici, con forte propensione all’acquisto. Sono tecnologici, svolgono molte attività nel tempo libero e soprattutto hanno molto potere di acquisto, anche perché spesso sono ancora inseriti nel ciclo produttivo: in Italia si inizia a “fare carriera” a un’età più avanzata rispetto agli altri Paesi, intorno ai 35 anni, e si continua fino ai 65 e anche oltre. L’altro target molto importante sono appunto i Millennial,i primi nativi digitali. Grazie alla loro naturale propensione alla tecnologia, segnano una linea di non ritorno rispetto al consumo mediatico del passato.

Come pensate di competere con il Web?Per un’azienda come la nostra, che ha mezzi digitali e tradizionali, bisogna parlare di complementarietà e non di competizione. Il digitale ci permette di raggiungere nuovo pubblico, che in molti casi si sovrappone alla televisione e in alcuni casi è completamente nuovo. Quello che aggrega i viewers, e quindi anche gli investimenti,è il contenuto di qualità declinato su più mezzi e piattaforme.

Lei ha fondato Sky Pubblicità nel luglio del 2004. Qual è l’elemento che può rivendicare la Rai rispetto ai competitor?Dopo i recenti movimenti del mercato, possiamo innanzitutto affermare che Rai è l’unico vero broadcaster italiano con capitale interamente italiano. Un’eccellenza del nostro Paese che è in grado, tuttavia, di parlare con tutto il mondo. Oltre a essere un eccellenza “made in Italy”, la Rai produce, mentre Sky acquista, o al massimo co-produce. Rai è una fabbrica della televisione con grandi capacità produttive in tutti i settori: intrattenimento, fiction, cinema, news. Inoltre Rai ci consente di portare sul mercato un’offerta cross-mediale unica nel suo genere (Tv generalista e specializzata, radio, web e cinema). In aggiunta Rai, azionista di maggioranza di Raiway, è fondamentale per la diffusione capillare del segnale DVBT e sta già varando trasmissioni satellitari free in Ultra HD (4K) a partire dai prossimi Europei di calcio Uefa 2016. Non dimentichiamo poi un dato, forse il più importante, da anni siamo leader nella share audience, sempre vicina al 40%.

Mobilità, social media marketing e big data: quale sarà l’aspetto più importante per battere la concorrenza?La tempestività, cioè anticipare le tendenze del mercato e adattare in tempi rapidi le strategie commerciali. Corredo indispensabile della tempestività è l’agilità. Strategicamente, proprio per questo motivo, abbiamo lavorato per rendere Rai Pubblicità più veloce, snella e flessibile, capace cioè di sfruttare al meglio tutte le opportunità del mercato in tempi brevi. Per quanto concerne, invece, la politica editoriale, senza rinunciare a un’ottica di servizio pubblico, sarà indispensabile realizzare contenuti integralmente multimediali, ideati e prodotti per raggiungere il consumatore in tutti i segmenti di consumo, in modo da divenire un riferimento nella vita quotidiana.

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