All’inaugurazione degli Ibm Studios è venuta anche la numero uno global, Ginny Rometti, perché qui in piazza Gae Aulenti, nel cuore pulsante della Milano moderna, per la prima volta si tenta un esperimento che non ha pari in Europa. Si tratta di un centro ipertecnologico dove si sviluppano, assieme alle aziende, progetti su blockchain, big data e industria 4.0. Un investimento da 40 milioni di euro per i prossimi nove anni con la firma dell’architetto Michele De Lucchi per uno spazio iconico, una struttura in legno e acciaio che non passa inosservata, tra il verde degli alberi da una parte, le vetrine della moda a fianco e i grattacieli delle banche sullo sfondo. Le vere novità, però, si trovano all’interno dell’edificio. Lo abbiamo visitato assieme al direttore marketing, Luca Altieri.
All’ingresso degli Studios la presenza della security e dei sistemi di sorveglianza è quasi palpabile, cosa bisogna proteggere? Questo è il primo e unico studios in Europa, il terzo nel mondo. Dentro c’è il meglio che la tecnologia oggi può offrire alle aziende. E si può toccare con mano. Partiamo dal piano terra: ecco il Client Center, a livello strada. È uno spazio dedicato ad accogliere le aziende e far provare dal vivo le nuove tecnologie: cosa è la blockchain? Come funziona l’Intelligenza artificiale? Come è fatto il Cloud? Le risposte che diamo qui si vedono e si “toccano” grazie a demo che funzionano davvero con esempi concreti. Uno per tutti: sapete come si traccia la merce usando la tecnologia? Qui seguiamo il caso di un chicco di caffè, dalla pianta al bar. Il Client Center è fortemente connotato per industria: non soluzioni generiche e buone per tutti, ma mirate per specifiche realtà industriali e obiettivi di sviluppo. Dove vuole andare l’azienda nei prossimi tre o cinque anni? Bene, ecco allora le soluzione che Ibm può mettere in campo per aiutare il percorso di trasformazione digitale.
Il digitale è il futuro per l’impresa italiana, ma le pmi lo sanno?La diffusione del digitale è a macchia di leopardo: il Nord-Est è più evoluto, poi però abbiamo un caso d’eccellenza come la Puglia. Per quanto riguarda i settori, banche e assicurazioni sono state le prime a spostare il proprio modello di business dallo sportello al digitale, poi è arrivata la manifattura, aiutata dai finanziamenti e dalle agevolazioni del piano nazionale 4.0, infine il retail e la distribuzione. All’appello rispondono le grandi, mancano invece moltissime piccole e medie imprese e la pubblica amministrazione.
Cosa può fare Ibm per aiutare le pmi a diventare 4.0?Il digitale non è tutto, non basta sostituire una macchina o modificare un processo: la vera rivoluzione è cambiare a 360 gradi il business, dai processi di produzione all’approccio ai mercati al modello organizzativo. È il nostro lavoro ed è uno dei punti di forza rispetto ai nostri competitor: noi accompagniamo le aziende su questo percorso non soltanto con soluzioni tecnologiche, che sono fondamentali ma da sole non servono. Noi stiamo a fianco delle aziende e definiamo insieme il nuovo modello di business dell’impresa, come portarlo sul mercato e come riorganizzare l’interno. È il fattore distintivo rispetto ad altre società di consulenza, ciascuna forte in un particolare ambito, ma nessuna con un portafoglio completo come il nostro.
Saliamo al secondo piano: c’è fermento, gente che discute e scrive idee sulla lavagna, piccoli gruppi attorno a un progetto. Questo è l’Ibm Garage, non solo uno spazio fisico ma un metodo di lavoro: partiamo dai “mal di pancia” e dalle sfide del cliente che si siede con noi e sviscera esigenze e necessità. Si comincia con una prima fase del “pensare insieme” o design thinking, poi si passa al “creare insieme” la soluzione concreta. È un metodo americano, nasce dal mondo delle start up ma è ideale per le aziende italiane che si muovono in mercati molto dinamici, perché i costi sono estremamente bassi e soprattutto si accorciano i tempi rispetto alla classica e superata consulenza: il design thinking, dove la soluzione viene pensata e disegnata su un pezzo di carta, dura tre o quattro giorni, poi si comincia a creare insieme il prototipo, in cinque o sei settimane, il tutto sviluppato sul cloud, perché rende la tecnologia pervasiva e accessibile a chiunque, fortemente scalabile. La cosa stupefacente è che spesso dalla ricerca della soluzione a un preciso problema nasce non solo la risposta a quel particolare bisogno, ma anche l’idea per prodotti nuovi o addirittura nuove aree di business.
L’ultimo piano invece è più silenzioso: siamo nello Strategy & Design Lab. Se nel Garage arriviamo al prototipo, qui si scala il prodotto all’interno dell’azienda e si allineano tutti i processi, fino a cambiare il modello di business dell’azienda cliente, soprattutto quelle più grandi. Nello Strategy Design Lab lavorano i nostri consulenti di fascia più alta e si occupano non solo di soluzioni specifiche, ma soprattutto di ridisegnare gli interi processi e i modelli.
Dall’inaugurazione a oggi, quante aziende sono entrate negli Studios? La macchina è avviata in ciascuna delle sue tre componenti, anche con eventi di Ibm global e di terze parti al piano terra. Nel Garage le aziende possono venire a vedere come funziona anche gratuitamente: è un investimento reciproco di mezza giornata, ci si incontra, ci si confronta insieme sulle soluzioni, sui tempi, su opportunità e benefici. Lo stesso accade nello Strategy & Design Lab. Siamo a pieno regime? Auspicabilmente no: il riscontro è molto buono, ma francamente mi aspetto di avere l’overbooking in futuro.
Facciamo qualche esempio concreto?Con alcuni store della moda e del lusso lavoriamo per rendere il negozio phygital, un mix tra fisico e digitale, per far vivere al cliente che entra fisicamente nel negozio una nuova esperienza emozionale e interattiva, per esempio usando la realtà aumentata. Abbiamo lavorato anche con Groupama per sviluppare, sfruttando l’intelligenza artificiale di Watson, un sistema per aumentare l’efficienza e l’efficacia nella gestione dei sinistri. Raccogliamo i dati del veicolo e del guidatore in tempo reale e questo permette, in caso di incidente, non solo di ridurre i tempi di gestione delle pratiche, ma anche le frodi. Inoltre, la collaborazione con Ibm favorirà un’accelerazione della trasformazione digitale di tutte le operazioni analizzando gli insight per prevenire i rischi per il cliente e per fornire loro il livello assicurativo corretto. Altro esempio: con l’Università Ca’ Foscari di Venezia abbiamo usato l’artificial intelligence per creare un ambiente virtuale dove lo studente trova tutte le informazioni, dalla sua iscrizione alla laurea, compresi i consigli per il piano di studi. Si tratta di milioni di dati sempre online che l’assistente virtuale raccoglie, analizza e usa per rispondere alle domande degli studenti, con un tasso di riuscita del 99%.
In Europa siete i primi, significa che non avete un modello di riferimento.Lo stiamo creando noi e ne siamo fieri. Lo adatteremo al mercato ma, ancor meglio, guideremo noi il mercato in questa direzione. Non saremo folllower ma leader, è nel nostro Dna: siamo partiti vendendo bilance, poi computer, software e infine soluzioni. Oggi sviluppiamo progetti sulle tecnologie esponenziali come l’Intelligenza artificiale. Sempre con un obiettivo, la fedeltà a due valori: fare innovazione, ma che serva davvero, e mettendo al centro il cliente. I calcoli per mandare l’uomo sulla Luna sono stati eseguiti dai computer Ibm, il laser che si usa nella vita di tutti i giorni, dalle casse del supermercato ai lettori ma anche in chirurgia, lo abbiamo inventato noi. Siamo sempre stati pionieri e lo siamo anche oggi con gli Ibm Studios. Lo facciamo perché il Paese ha bisogno di digitalizzazione: l’Italia è al 24° posto nell’Europa dei 28, quindi c’è molto da fare. Per guidare il digitale servono competenze e servono luoghi fisici come questo, dove vedere e toccare con mano le nuove tecnologie.
Intervista pubblicata sul numero di Business People, novembre 2019
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