Massimiliano Orfei: Sintonizziamoci su nuove abitudini

Massimiliano OrfeiMassimiliano Orfei, a.d. di Vision Distribution, realtà nata su iniziativa di Sky Group e cinque società di produzione indipendenti italiane© R. Ghilardi

Questa intervista a Massimiliano Orfei, amministratore delegato di Vision Distribution, è parte de LA RINCORSA DEL CINEMA – Vai all’articolo completo


Il cinema sta faticando a smaltire gli strascichi pandemici. Cosa ne rallenta la ripresa?
Accusiamo sicuramente un ritardo: basta vedere le curve di recupero dei Paesi europei a noi più vicini, come Francia, Spagna, Germania. Sono senza dubbio migliori delle nostre. Le cause sono molte ma, semplificando, pesano sia la nostra debolezza infrastrutturale (in termini di schermi, articolazione sul territorio e vetustà delle sale) che la dura politica di contrasto al Covid. Siamo reduci da lunghi lockdown, quindi scontiamo un impatto molto più forte sulle abitudini di consumo. I tempi di recupero sono per forza di cose più lunghi.

Non c’è anche un problema legato alla qualità delle proposte?
No, su questo sono molto meno netto di altri. Credo che la nostra offerta, come tutte le altre, viva alti e bassi. Si può fare sicuramente meglio e, quando questo accade, i risultati arrivano prima. La “colpevole” però non è la qualità, altrimenti dovremmo riscontrare un diverso gradimento per i film internazionali invece la crisi è sostanzialmente uniforme.

Alla luce del successo riscosso da vostri film come Otto montagne e Bones and all, crede che i festival possano fare la differenza nel promuovere il ritorno alla sala?
Il passaggio a un festival aiuta, ma non è necessariamente garanzia di risultato: dipende sempre dal titolo e dall’accoglienza che riceve. Di certo sono occasioni che possono amplificare la comunicazione del film, soprattutto in termini di publicity, e quindi vanno sfruttate, senza però attribuire alle kermesse una eccessiva importanza commerciale. Il vantaggio c’è, è oggettivo, ma non assoluto.

In qualità di distributori, su cosa punterete per riportare la gente in sala?
Prima della pandemia quasi qualunque tipo di film aveva una chance in sala, oggi invece i prodotti medi e piccoli, soprattutto di genere comedy, faticano. C’è quindi bisogno di sintonizzarsi con le nuove abitudini di fruizione e portare una proposta che abbia nel suo stesso Dna la sala, il che significa raccontare grandi storie, cercare di alzare il livello qualitativo e spettacolare dell’offerta e, al contempo, alzare l’asticella anche emozionale. Il tutto continuando a essere generalisti nella proposta, ossia coprendo tutti i generi e tutti i target.

Massimiliano Orfei

Una scena da Cento Domeniche (© Claudio Iannone)

Oggi c’è anche un’aspirazione internazionale maggiore?
Da parte nostra, sì. Per tradizione il cinema italiano è sempre stato destinato al mercato domestico, ma noi siamo convinti che sia più facile arrivare al pubblico italiano se il prodotto è in grado di catturare anche gli spettatori internazionali. Le due platee sono collegate. Ovviamente puntiamo su storie molto radicate e local, perché non avrebbe senso competere con gli americani sul loro stesso terreno di gioco…

Quindi, quali sono i vostri assi nella manica per la prossima stagione?
In autunno avremo il nuovo film di Stefano Sollima con protagonisti Pierfrancesco Favino e Toni Servillo; poi Caracas, il nuovo film di e con Marco D’Amore, nonché la nuova commedia di Gennaro Nunziante con protagonisti Pio e Amedeo. E ancora: il primo film da regista di Paola Cortellesi; Confidenza di Daniele Luchetti con Elio Germano e Pilar Fogliati, e Cento domeniche di e con Antonio Albanese. Sul fronte internazionale, puntiamo su Priscilla di Sofia Coppola e Limonov, ispirato al romanzo di Emmanuel Carrère.

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