Progetti editoriali, mostre e soprattutto sostegno ai giovani che si dedicano ai mestieri artigiani, che fanno del made in Italy quell’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo. Sono gli obiettivi della Fondazione Cologni per i Mestieri d’arte. Per far questo si adopera nel mettere in contatto i maestri con i nuovi talenti, perché l’arte tricolore sia riconosciuta e salvaguardata. Come dice il presidente e fondatore Franco Cologni: «Le aziende italiane non devono mai perdere di vista l’importanza del mestiere d’arte, che contiene abilità, passione, concentrazione e visione chiara di un obiettivo. Bisogna riconoscere il primato dei maestri e trasmetterne le conoscenze, perché la tecnologia non potrà mai sostituire l’anima di chi produce».
Con quale spirito nasce la Fondazione, e com’è strutturata?
La Fondazione Cologni dei Mestieri d’arte promuove, sostiene e finanzia iniziative culturali, scientifiche e divulgative. Ha una vivace attività editoriale attraverso, per esempio, le collane Mestieri d’arte e Ricerche (con Marsilio Editori), nella serie Storietalentuose (con Carthusia) e con il magazine Mestieri d’arte & design, edito da Swan Group in italiano e in inglese. Organizza convegni e mostre, come quelle in occasione delle Giornate europee dei Mestieri d’arte (Milano); finanzia la ricerca scientifica. In generale, porta avanti azioni culturali per un “nuovo Rinascimento” dei mestieri d’arte, rivolgendosi soprattutto ai giovani. A loro è dedicato il progetto “Una scuola, un lavoro: percorsi di eccellenza”, con il quale finanziamo tirocini formativi: mettiamo “a bottega” presso artigiani di alto profilo diplomati delle più importanti scuole italiane di arti e mestieri, pagando loro le spese e offrendo un contributo mensile.
In cosa consiste l’eccellenza italiana in questi lavori?
Possiamo pensare al maestro d’arte come a un professionista in grado di interpretare alla perfezione un progetto di un creativo e di trasformarlo in prodotto. I più grandi designer scelgono le aziende italiane perché trovano non solo un ambiente culturale fertile, ma anche “mani intelligenti” che sanno interfacciarsi con il designer e con il committente, restituendo una visione concreta sull’uso dei materiali e delle tecniche. Il maestro d’arte ha ben in mente come deve essere il prodotto finale e sa come arrivarci. Certo, la contemporaneità impone nuovi stili e tecniche diverse, svolte tecnologiche e spesso tempi ridotti. Ma è dal dialogo che nasce il made in Italy, un prodotto con un’anima che solo la mano di un maestro sa infondere. La sua è una creatività che si confronta con una tradizione, con una cultura e con un forte senso del prodotto. Lo stesso paradigma si può applicare a tutti i campi in cui l’Italia è apprezzata nel mondo: la nostra è un’eccellenza “fatta a mano”.
Ha dichiarato che «non riusciamo più a cogliere – e ad apprezzare – la differenza tra ciò che è fatto bene e ciò che è fatto male». Da cosa dipende?
I mestieri d’arte rappresentano un giacimento culturale, economico e produttivo straordinario, cui però non è associata una pari visibilità. Se da un lato assistiamo a un certo risveglio dell’attenzione, soprattutto da quando i marchi del lusso hanno riproposto la loro origine artigianale nelle loro campagne, dall’altro non sembra esserci un raccordo significativo tra mondo del lavoro, scuola, orientamento e promozione culturale.
Cosa potrebbero fare le piccole e medie aziende, che esportano puntando sulla creatività dei designer e la sapienza degli artigiani, per salvaguardare questi mestieri?
Investire sulle nuove generazioni, aprirsi al confronto con la creatività, mettere insieme le reti “lunghe” dell’export e della globalizzazione con le reti “corte” del territorio e della tradizione. Secondo il direttore di Wired, Chris Anderson, la prossima rivoluzione industriale potrebbe essere guidata da piccole imprese in grado di coniugare artigianato e alta tecnologia. L’Italia ha un alto potenziale, ma occorre saperlo individuare e sviluppare adeguatamente.
Il direttore della Fondazione, Alberto Cavalli, ha evidenziato come «anche la moda, per giustificare valori importanti, non punta più sul solo appeal: sempre più si vedono, negli spot, mani che lavorano». Cosa può fare il settore per valorizzare queste professionalità?
Per lavorare con i grandi della moda non basta saper tagliare, cucire, ricamare. Occorre rendersi interpreti della loro visione ed estetica. Questo è possibile solo se le mani lavorano con intelligenza, se la mente è attiva e concentrata, se il cuore batte con passione per arrivare a un risultato all’altezza delle aspettative. È necessario sottolineare con forza e autenticità il valore aggiunto che i maestri d’arte apportano al prodotto-moda made in Italy. E trasmettere la conoscenza, con tirocini, apprendistati, progetti di formazione che aziende o atelier non devono mai stancarsi di promuovere. Il futuro del “bello e ben fatto” all’italiana è nelle mani degli artigiani di domani.
LA FONDAZIONE COLOGNI PER I MESTIERI D’ARTE |
Istituzione privata non profit nata a Milano nel 1995 per volontà di Franco Cologni, la Fondazione mira a un Rinascimento dei mestieri d’arte. Le sue iniziative si rivolgono soprattutto ai giovani, per formare nuove generazioni, salvaguardando le attività artigianali d’eccellenza. Si propone anche di individuare i nuovi mestieri d’arte, tracciandone una prima mappa e sottolineandone caratteristiche peculiari e specificità. A questo scopo promuove, sostiene e finanzia una serie di progetti culturali, scientifici e divulgativi: dall’attività editoriale e l’organizzazione di convegni e di mostre al finanziamento della ricerca scientifica attraverso il centro di ricerca “arti e mestieri” presso l’Università Cattolica di Milano. |