La narrativa comune vuole il cinema in crisi strutturale, con sale che – quando non chiudono del tutto – diventano ipermercati o oggetto di speculazione da parte di gruppi stranieri. I titoli strillati sulle pagine delle principali testate, online e cartacee, tuonano numeri a due (a volte anche a tre) cifre profetando un apocalittico futuro di sale bingo a meno di interventi da parte degli amministratori della cosa pubblica. In realtà, a essere veramente in crisi sarebbero i quotidiani, che hanno bisogno di sensazionalismi: il cinema gode di ottima salute, così come le economie che genera. Ce lo spiega Alessandro Maggioni, a.d. di Dca Italy e presidente di Fcp Associnema.
«Per come la vedo io il cinema si sta trasformando in un luogo di intrattenimento e aggregazione a 360 gradi. Nonostante la percezione diffusa di crisi, in Italia il numero di presenze nel 2023 è rimasto stabile rispetto all’anno precedente, con incassi in linea con le aspettative. Il nostro Paese resta lontano dai livelli di affluenza di Francia, Germania e Regno Unito, ma questo potrebbe rappresentare un’opportunità per incentivare una cultura cinematografica più radicata. Un aspetto chiave è il cambiamento della composizione del pubblico: se prima della pandemia le sale erano frequentate soprattutto da over 50 e over 60, negli ultimi anni si è registrato un incremento significativo di spettatori under 34. Questo segnale positivo indica che il cinema sta riconquistando le fasce più giovani, elemento fondamentale per il futuro del settore. Film come Il ragazzo dei pantaloni rosa – che ha attirato tantissimi giovani, anche se non era stato prodotto per quel target specifico – hanno dimostrato che esistono spazi di mercato poco esplorati e che un pubblico giovane è pronto a riempire le sale».
Anche il concetto di “famiglia al cinema” sta evolvendo, spiega Maggioni. «Non si tratta più solo di genitori con bambini piccoli, ma anche di famiglie con figli adolescenti o giovani adulti che scelgono di condividere l’esperienza. Questo cambiamento allarga il target per la programmazione e le strategie pubblicitarie. Parallelamente, il numero di cinema attivi in Italia è rimasto stabile, con 1.305 sale e 3.532 schermi nel 2024, in incremento rispetto all’anno precedente. Alcune sale hanno chiuso, ma altre sono state rilevate o ristrutturate, dimostrando che non si tratta di una crisi irreversibile, bensì di un riassetto del settore, dove le strutture si stanno adattando alle nuove esigenze del pubblico».
Quanto incidono le politiche di distribuzione?
Un elemento fondamentale in questo processo di cambiamento è la destagionalizzazione delle uscite cinematografiche. Tradizionalmente, i mesi estivi erano considerati un periodo debole per il cinema, ma negli ultimi anni sempre più pellicole vengono distribuite in questo periodo, incentivando le sale a rimanere aperte e contrastando la percezione che il cinema sia un’attività prettamente invernale. Questo sta influenzando la crescita del settore, e gli investitori stanno riscoprendo il valore del grande schermo come mezzo efficace per le campagne pubblicitarie. Quando un’azienda investe in una campagna e vede una sala piena, riconosce l’efficacia del mezzo e tende a replicare l’esperienza. Il 2024 ha già mostrato risultati positivi per l’advertising cinematografico, grazie al successo di alcuni titoli che hanno riportato il pubblico in sala.

Dca Italy è la concessionaria nazionale esclusiva per la pubblicità nei cinema dei circuiti The Space Cinema e Uci (72 strutture su tutto il territorio nazionale con 732 sale)
La pubblicità cinematografica è, quindi, in controtendenza ed è aumentata rispetto al passato?
La promozione dei film sembra più diffusa rispetto al periodo pre-pandemia. Si nota un incremento di affissioni, campagne digitali e una maggiore presenza della pubblicità cinematografica negli spazi pubblicitari urbani. Tuttavia, il vero cambiamento sta nella distribuzione delle campagne: grazie alla targhettizzazione digitale, oggi è possibile mostrare i contenuti pubblicitari solo a chi potrebbe essere interessato, migliorando l’efficacia del messaggio. La “dieta cinematografica” degli spettatori è cambiata durante la pandemia, con un’apertura a generi diversi, il che ha reso ancora più necessaria una promozione ampia e ben strutturata. Con oltre 900 titoli distribuiti in sala nel 2023 e una quantità prevista ancora maggiore per il 2024-2025, l’esigenza di una comunicazione efficace è diventata centrale.
Multiplex e sale indipendenti: quali sono le differenze dal punto di vista pubblicitario?
Offrono vantaggi diversi. I multiplex garantiscono una maggiore visibilità per le campagne e attraggono investitori interessati alla copertura di massa. D’altra parte, le sale indipendenti hanno un pubblico più selezionato e fidelizzato, ideale per campagne più mirate. Comunque, il pubblico delle due tipologie di sale non è così distinto come si potrebbe pensare: i multiplex non sono frequentati solo da giovani, così come i cinema d’essai non si rivolgono solo a una nicchia ristretta. Un trend emergente è l’integrazione della ristorazione di alto livello nei cinema (B24 al Barberini a Roma e il cinema Anteo di Milano). Il cinema non è più solo la visione di un film, ma può includere un aperitivo prima o un cocktail dopo. Il posizionamento fisico delle sale può fare la differenza in termini di affluenza, attirando un pubblico in cerca di un’esperienza più sofisticata e completa.
C’è un pubblico o un genere preferito dagli inserzionisti del grande schermo?
Gli inserzionisti mostrano un interesse crescente verso la Generazione Z, un pubblico chiave per il futuro del cinema. Tuttavia, persistono alcune resistenze: i film horror, per esempio, vengono spesso esclusi dalle pianificazioni per timore di associazioni negative con il brand, nonostante attirino un pubblico giovane e assiduo. Uno dei principali punti di forza del cinema rispetto ad altri mezzi è la capacità di catturare l’attenzione del pubblico. Uno spettatore pagante sceglie consapevolmente di immergersi in un’esperienza senza distrazioni e tale livello di coinvolgimento rappresenta una leva potente. Ricerche dimostrano che l’attenzione in sala è significativamente più alta rispetto a quella di altri mezzi pubblicitari, come la televisione o i social media, dove la pubblicità viene spesso percepita come un’interruzione fastidiosa. Nel cinema, invece, il pubblico è predisposto all’ascolto e alla ricezione del messaggio pubblicitario, si aspetta di ricevere informazioni e contenuti di valore. Un altro aspetto interessante è la distribuzione dei trailer nei cinema. Sarebbe utile comprendere meglio i criteri con cui vengono selezionati i film a cui abbinarli, poiché una scelta più mirata potrebbe incentivare il ritorno degli spettatori in sala. Le case di distribuzione potrebbero sfruttare questa opportunità per ottimizzare gli investimenti pubblicitari e massimizzare il coinvolgimento del pubblico.
Utilizzate l’AI nelle vostre strategie di marketing e distribuzione?
L’AI ci potrebbe aiutare a sviluppare delle campagne sempre più efficaci ma dobbiamo tener presente il mercato italiano, che risente di un numero di contatti relativamente basso rispetto ad altri media per ragionare in ottica programmatic. Confrontando i dati di affluenza nelle sale dei Paesi europei, in rapporto al numero di abitanti, vediamo che l’Italia ha circa 59 milioni di persone, e al cinema l’anno scorso ne sono andate 69,7 milioni. Non sono molte, se si pensa che in Francia, con 68 milioni di abitanti sono stati staccati più di 180 milioni di biglietti. Inoltre, l’eccessiva segmentazione farebbe salire di molto il costo-contatto, che è il nostro principale parametro di vendita, e con questi numeri avrebbe poco senso. Ai nostri clienti invece consigliamo di allargare il ventaglio di diffusione, per raggiungere una platea più ampia possibile. Senza contare che molti non acquistano i diritti cinematografici perché non la considerano una priorità in fase di trattativa. A volte sono gli stessi attori a opporsi alla pubblicità in sala, pur promuovendo i film sui social. Questo limita le opportunità di sfruttare al meglio il potenziale del mezzo. Il cinema ha un valore unico in termini di attenzione del pubblico: in un’ottica programmatic conterebbe solo il bacino di utenza raggiungibile, non può certo essere questo l’unico criterio. Se il cinema garantisce al cliente un’attenzione del 60% e un altro mezzo si ferma al 2%, a prescindere dal target raggiunto, in termini di Roi c’è una bella differenza.
Intervista pubblicata sul numero di Business People di marzo 2025. Scarica il numero o abbonati qui
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