L’intervista a Ester Gazzano, Head of Consumer Marketing Europe di Spotify, è parte dello speciale
MAI PIÙ SENZA
In passato ha affermato che l’approccio di Spotify è hyperlocal: cosa intendeva?
Per parlare del nostro approccio, bisogna partire dalla nostra missione, ovvero liberare il potenziale della creatività umana. Per metterla in pratica, lavoriamo ogni giorno in tutti i Paesi dove siamo presenti per far sì che, prima di tutto, a essere valorizzati siano gli utenti, gli artisti e i creator locali. Nel concreto significa che, anche quando lavoriamo a campagne globali, se il design, la visual identity, il tone of voice e l’esperienza in app possono essere uguali in tutti i Paesi, il contenuto, gli artisti e i creator coinvolti, i copy, la prospettiva creativa sono invece completamente localizzati. Il nostro piano marketing, inoltre, include regolarmente campagne che nascono 100% locali. L’esempio più rappresentativo in Italia è sicuramente Sanremo, per cui costruiamo ogni volta una comunicazione sviluppata interamente in Italia dal concept al design fino al piano media.
Proprio al Festival è andata in onda la campagna Neverending Sanremo, che si è aggiudicata anche due Effie Award. La Tv, tuttavia, non è il solo canale per la vostra comunicazione. Come si compone il vostro marketing mix?
Il concept Con Spotify Sanremo non finisce mai prese vita con uno spot Tv che raccontava la storia di un ragazzo che non ha mai smesso di ascoltare Brividi di Mahmood e Blanco, la canzone vincitrice dell’edizione 2022, e continua a cantare senza sosta l’iconica ultima nota del ritornello. La relazione fra la Tv e la piattaforma porta benefici reciproci. Se da un lato, infatti, Spotify può aiutare il Festival a raggiungere le nuove generazioni che fanno della piattaforma il loro “luogo” primario per ascoltare musica, il Festival a sua volta, col suo pubblico trasversale, aiuta Spotify a raggiungere target meno attivi e che notiamo invece negli ultimi anni ingaggiarsi sempre di più proprio durante quel periodo. La campagna poi andava oltre la Tv, raggiungendo i social media, dove l’acuto era diventato protagonista indiscusso dei profili Instagram, Facebook e Twitter del brand. Il concetto è stato portato anche sul nostro canale TikTok e su YouTube con contenuti sponsorizzati. Tutti questi canali vanno a comporre il nostro mix, ma non solo. Ad esempio, quest’annoabbiamo lanciato l’esperienza in-app Che canzone di Sanremo sei? che ha accompagnato gli utenti nelle due settimane prima del festival. In sintesi, la componente digitale resta l’elemento principale del nostro media mix, ma non è l’unico. Abbiamo partner e canali fondamentali come Meta, Tik Tok e YouTube che ci permettono di lavorare in efficienza e con qualità, mentre i creator rappresentano un ulteriore elemento per noi imprescindibile, tanto che alcuni sono diventati veri e propri advocate del brand, in primis come utenti autentici e credibili. Ci piace poi fare incursioni anche su altri canali, come la Tv, in occasione dei grandi eventi, o con l’Out of home quando cerchiamo l’impatto, o tramite attivazioni esperienziali quando pensiamo di poter aggiungere valore Irl (in real life, ndr) per i nostri utenti. La chiave è nella diversificazione e nell’approccio multicanale.
Si parla molto di AI generativa nel vostro lavoro, è diventata davvero un elemento imprescindibile?
Spotify investe nell’AI e nel machine learning da più di un decennio, e questo ha dato forma all’esperienza personalizzata degli utenti come la conosciamo oggi. Stiamo, quindi, esplorando attivamente le opportunità collegate per dare, da un lato, maggior contesto ai suggerimenti di ascolto, dall’altro per ottimizzare l’inserimento di annunci pubblicitari a beneficio dei brand che utilizzano Spotify per raggiungere le proprie audience di riferimento; infine, per migliorare gli strumenti creativi da fornire ad artisti e creatori digitali. Focalizzandoci sugli utenti, le raccomandazioni personalizzate facilitate dall’IA aiutano a scoprire nuovi contenuti che altrimenti potrebbero non trovare, aumentando così la loro soddisfazione e il coinvolgimento.
Ci sono altri elementi che ritiene indispensabili nello svolgere al meglio il suo ruolo?
Per me, gli elementi chiave sono ascolto, autenticità e coerenza. In un contesto dove gli utenti hanno una libertà di scelta e un potere decisionale incomparabile col passato, è indispensabile ascoltarli il più possibile. Il tutto per mettere in atto strategie di marketing autentiche, in linea con i valori del brand e coerenti nel tempo, a costo a volte anche di sacrificare occasioni, canali, trend rilevanti. Insomma, in Spotify crediamo che abbia senso fare leva su queste occasioni solo se come brand abbiamo davvero un punto di vista unico e che aggiunga valore per gli utenti.
Nella sua carriera ha lavorato anche in multinazionali come Armani Beauty, Uber e Hasbro. Cambia il settore e l’approccio nella comunicazione, cosa non è cambiato mai, invece?
Il processo in cui credo profondamente per sviluppare al meglio le strategie marketing: mettere il consumatore al centro, usare tutti i dati a disposizione per prendere decisioni informate, ma anche rischi calcolati, tentare di innovare senza stravolgere, in un mix tra qualcosa di già fatto, ma che dimostra di continuare a funzionare, e una costante ricerca di approcci e modi nuovi. Il tutto mirato sempre a imparare qualcosa di diverso, per migliorarsi costantemente. Suona sfidante, e un po’ lo è, ma è anche la parte più stimolante di questo lavoro.
Tornando alla strategia di Spotify, i podcast stanno diventando un secondo pilastro. Come vi state muovendo per promuovere questo formato?
Spotify ha rivoluzionato per sempre l’ascolto della musica quando è stato lanciato nel 2008. Il nostro passaggio al podcasting ha portato innovazione e una nuova generazione di ascoltatori sulla piattaforma, ma non è certo finita qui. Nel 2022 siamo entrati in un nuovo mercato dell’audio molto promettente con l’aggiunta degli audiolibri, che a poco a poco stiamo rendendo disponibili in un crescente numero di Paesi. La musica resta al centro delle nostre attività, ma, allo stesso tempo, il nostro obiettivo è che Spotify sia sempre più la destinazione numero uno per i migliori contenuti, e quindi per gli utenti e i creator. Per quanto riguarda i podcast, la promozione avviene su più livelli, online e offline. Dai tool sulla piattaforma per generare maggiore awareness su questi contenuti, agli eventi fisici per stimolare la community e creare un ecosistema vivo e connesso, fino all’inserimento in tutte le nostre campagne marketing. Il dato interessante è che gli ascoltatori di podcast trascorrono in media più tempo sulla piattaforma, consumando ogni tipo di contenuto, con conseguente maggiore ascolto audio complessivo. Dunque, i due tipi di contenuti si potenziano a vicenda.
Quali sono le prossime frontiere che vede per il marketing musicale?
Personalizzazione e rilevanza culturale sono e resteranno elementi fondamentali. Se parliamo di personalizzazione, non si può non considerare Wrapped, la nostra campagna globale più importante, in cui Spotify celebra i propri utenti e i creator, offrendo un’esperienza aggiuntiva in app totalmente personalizzata e sharabile, che riassume il proprio anno in musica e non solo. Rilevanza culturale significa però anche avvicinare altre fandom in maniera trasversale, realizzando partnership con mondi affini. Dopotutto, noi crediamo che la musica possa aiutare ad amplificare e migliorare ogni momento della nostra vita, e quindi cerchiamo di accompagnare i nostri utenti nei momenti in cui vivono altre loro passioni. Lo sport è chiaramente uno di questi campi fondamentali. Quando entriamo in un territorio, però, lo vogliamo fare in modo credibile e coerente, da qui la scelta della partnership più importante della storia di Spotify con FCB e tutte le attività parallele che portiamo avanti nel mondo del calcio, come quella con la spagnola Kings League.