Il fallimento è l’anticamera del successo

Francesca Corrado ha aperto a Modena la prima Scuola di Fallimento italiana, perché se un'azienda non lavora sulla cultura dell’errore, non potrà mai essere innovativa

Francesca Corrado - scuola di fallimento

Benvenuti alla prima Scuola di Fallimento italiana. Sì, esatto: non di “errori”, “sbagli” o “abbagli”, ma proprio quella parola lì, che tanto detestiamo. Fallimento. “Più di un cliente, soprattutto nel mondo aziendale, ci ha chiesto di cambiare parola e scegliere un sinonimo”, svela la fondatrice Francesca Corrado che, però, non ha mai ceduto. Perché è quello il tabù da buttare giù: l’imperfezione non è un fallimento bensì l’anticamera del successo.

Com’è nata l’idea di una scuola di fallimento?
È frutto di una storia personale di errori e fallimenti. Fino al 2014 ero convinta di essere una donna di successo perché avevo raggiunto tutti i miei obiettivi. Peccato che, l’anno seguente, nel giro di due mesi perdo tutto: la mia società viene liquidata, non mi rinnovano nemmeno il contratto da docente universitaria, il fidanzato mi lascia e mi ritrovo pure senza casa, perché vivevo da lui. La prima reazione è dare la colpa agli altri e tenere tutto nascosto. Provavo in fatti vergogna: per tutti ero quella intelligente, di successo. Così, per sei mesi, mi faccio ospitare da amici, accampando scuse e bugie, finché non decido di tornare in Calabria, dai miei. Ed è qui che arriva la svolta. Mio padre era malato di Alzheimer ma proprio la sua malattia, e il modo che avevo trovato per relazionarmi a lui, mi fanno vedere il mondo in una prospettiva diversa. Capisco che c’è perdita e perdita, e la mia non era certo definitiva, a differenza della sua. Era sbagliato pensare “non mi innamorerò mai più” o “sono finita”: certo, avevo perso i soldi e il lavoro, ma non la mia capacità immaginativa. Così decido di tornare a Modena e la prima cosa che faccio è organizzare una festa dove brindo ai miei fallimenti. Mi rimetto in carreggiata e, intanto, inizio a fantasticare su una Scuola di fallimenti. Quando nel 2017 papà muore e mamma è colpita da un Ictus, decido di testare il primo corso: scelgo praticamente il momento peggiore ma è un modo per dimostrare alla vita che avevo capito la lezione. La risposta supera le aspettative. Continuo quindi a tenere i corsi all’interno della associazione Play Res (di cui sono tuttora presidente) e poi, nel 2019, apro ufficialmente la scuola.

Che tipo di servizi offrite?
Abbiamo corsi e percorsi, che spaziano da speach di 15 minuti a mesi di attività. In questo secondo caso, uniamo l’intervento frontale a una parte più ludica, dove le persone sperimentano quello che diciamo in teoria. Non si tratta di percorsi di coaching, perché noi non accompagniamo individualmente le persone, aiutandole a trovare le risposte dentro di sé. La nostra è più una scuola di pensiero: teniamo delle lezioni, dove ti spieghiamo come funziona la mente e poi, attraverso il gioco, te ne facciamo fare esperienza. Poi, se serve, ci avvaliamo di specialisti esterni, che vanno dagli ingegneri agli attori di improvvisazione teatrale.

Scuola fallimento

I NUMERI DELLA SCUOLA DI FALLIMENTO: 262 workshop, 25 mila persone raggiunte, 132 aziende coinvolte

Vi rivolgete anche alle imprese: il motore del business non sono però le idee vincenti?
Innovare vuol dire sperimentare per prove ed errori: se non lavori sulla cultura dell’errore, non potrai mai essere un’azienda innovativa. Non a caso oggi si spaccia per rivoluzionario qualcosa che in realtà già esiste e viene solo rinominato o migliorato. L’errore è una deviazione dall’obiettivo prefissato che, se analizzato, offre tantissime informazioni. Spesso ispira nuove scoperte. Con le aziende facciamo proprio questo: capiamo le ragioni dell’errore. Senza contare che condividere i passi falsi permette a tutti i dipendenti di non ripeterli, risparmiando soldi ed energie.

Con quali realtà avete lavorato?
A oggi con oltre 132 aziende, tra cui Banca Credem, Microsoft, Purina, Nestlé, L’Oréal…

Chi, tra gli studenti e i professionisti, fa più fatica a rivalutare l’errore?
Gli studenti. In particolare quelli che vanno molto bene a scuola. Nel momento in cui sbagliano è come se perdessero la propria comfort zone: provano un grande disagio, così o barano, o lasciano il gioco dicendo che non gli piace. Associano quindi l’esperienza dell’apprendimento a una fase di esaltazione: della serie, se vado bene, allora sono felice e quindi è bello quello che sto vivendo.

Avete anche una Scuola di fallimento di San Valentino: di cosa si tratta?
C’è chi vive la fine di una relazione come un fallimento invece si può essere anche separati e contenti. Attraverso questo corso, che teniamo solo il 13 febbraio, esaminiamo gli errori commessi in una relazione: spesso la fine di un amore dipende… dal suo inizio! Presi dal desiderio di conoscere e amare qualcuno, siamo ciechi davanti ad alcuni segnali.


Articolo pubblicato sul numero di giugno 2024 di Voilà – Acquistalo in edicola o scarica la tua copia da App Store o Google Play

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