Il mercato che non c’era. Intervista a Vincenzo Pompa, Ceo di e4life

È quello della biodifesa, che parte dall’utilizzo delle onde elettromagnetiche nella difesa di mezzi militari, per approdare alla salvaguardia della salute delle persone. Come? Attraverso una tecnologia capace di inattivare i virus nell’aria. A raccontarcene la genesi e le performance è l’amministratore delegato dell’azienda che ne detiene l’esclusiva

Il mercato che non c'era. Intervista a Vincenzo Pompa, Ceo di e4life© Stefano Pinci

Da sempre guerre e viaggi nello spazio hanno fornito alle imprese spunti ed elementi tecnologici da sviluppare in prodotti e servizi innovativi per migliorare la vita quotidiana delle persone. E pare che anche una terribile pandemia come quella del Covid, che ha messo in ginocchio il mondo per alcuni anni, abbia fatto la sua parte. Lo si deduce dal fatto che nell’indagare come sconfiggere questo terribile virus, al di là dei vaccini e delle cure, degli scienziati si siano imbattuti nelle straordinarie capacità delle onde elettromagnetiche di inattivarne la carica virale: al momento parliamo soprattutto di virus influenzali e Covid, ma non solo. Da qui la messa a punto di un brevetto e di una tecnologia, e4shield (rigorosamente made in Italy), la nascita nel 2023 di un’azienda, e4life, e di due dispositivi e4you ed e4ambient.
Senza timori di smentita, si può dire che ci troviamo anche all’alba di un nuovo mercato, quello della biodifesa, un’avanzata diramazione dell’home healthcare, segmento della smart home, settore che entro il 2032 raggiungerà i 345,6 miliardi di dollari di fatturato a livello globale. A rendere possibile un progetto per certi versi visionario, due aziende, l’italianissimo Gruppo Elt, leader mondiale nel settore della difesa elettronica, e Lendlease, società globale di investimento e sviluppo in real estate attiva in Italia in progetti come Mind – Milano Innovation District e Milano Santa Giulia, che – dopo aver dato vita a e4life – hanno scelto di porne al vertice Vincenzo Pompa, manager con un lungo passato come consulente in Bain Italy nei settori technology, media, telco e digital nonché di “digitalizzatore” di Poste Italiane.

Comincio col dire che scoprire di recente l’esistenza dei vostri dispositivi è stata per me una sorpresa. Ammetto di utilizzare ancora le mascherine in metropolitana…
Non mi stupisce che lei abbia conosciuto da poco i nostri device, di fatto siamo una start up con un brand nuovo e una tecnologia assolutamente innovativa. Al momento ci siamo mossi per farci conoscere dai potenziali clienti business, anche a livello internazionale, meno sul largo consumo, anche se i dispositivi sono acquistabili sul nostro sito: aspettiamo di avere una platea di clienti B2B che ci permetta di avere maggior credibilità come brand per poterci rivolgere a un pubblico più ampio e generalizzato.

Di fatto la tecnologia e4shield usa onde elettromagnetiche di potenza inferiore rispetto a quelle dei soliti cellulari o Wi-Fi per distruggere l’involucro esterno di virus influenzali e Covid. Come nasce questa tecnologia? Ho letto che è ispirata a una ricerca scientifica taiwanese: come si è passati a farla diventare prima un brevetto e poi un prodotto italiani?
Tutto inizia in seno a Elt, Gruppo leader mondiale nel settore della difesa elettronica che detiene il 51% delle nostre quote, mentre il 49% è di Lendlease, società globale di investimento e sviluppo in real estate. Da 70 anni Elt lavora allo sviluppo di sistemi di difesa elettronica, per portare a casa sani e salvi equipaggi e mezzi militari. Le onde elettromagnetiche sono il suo core business, grazie al lavoro di oltre 800 ingegneri che progettano e fanno ricerca in tal senso. Proprio uno di questi ingegneri, durante la pandemia di Covid, avendo un figlio fragile e cercando, quindi, dal punto di vista ingegneristico delle soluzioni a questo problema, si è imbattuto su Nature nell’articolo di una equipe medica di Taiwan, che spiegava come il virus esposto a un campo elettromagnetico modificasse la sua morfologia. Da qui si è partiti per individuare in laboratorio la frequenza e la potenza corrette a innescare il fenomeno di risonanza sulla membrana esterna dei virus, e farla esplodere, disinnescandone di fatto la carica; perché è proprio la capsula proteica a veicolare il virus all’interno delle mucose umane e, quindi, a consentirgli di infettare l’organismo.

In questa foto, e4you il dispositivo indossabile che sfrutta la tecnologia e4shield

Per la sua particolarità, potrebbe sembrare una di quelle trovate miracolistiche che hanno affollato le cronache durante la pandemia, invece siamo davanti a una tecnologia che ha ricevuto tutta una serie di validazioni scientifiche da diversi istituti che ne comprovano l’efficacia.
Difatti, e4life ha un’efficacia testata di inattivazione superiore al 90% contro il Covid e le sue varianti e il virus influenzale, grazie a un’azione neutralizzante quasi istantanea, assolutamente innocua per l’uomo e gli animali perché i suoi impulsi elettromagnetici hanno una potenza più bassa di un comune cellulare o apparecchio Wi-Fi. Questo vale sia per la versione ambientale del dispositivo, che si chiama e4ambient, che agisce su un’area di circa 50 mq, sia nella versione indossabile, e4you, certificata CE e Sar, il che garantisce che si possa indossare per tutto il tempo che si desidera il dispositivo senza alcuna preoccupazione per la salute. A dirlo non sono solo i nostri ricercatori, perché e4life è stata sottoposta a rigorosi test scientifici e validata dall’Ospedale Militare del Celio, dall’istituto indipendente ViroStatics e da un recente articolo pubblicato su Viruses e uno studio pubblicato su European Society of Medicine, associazione di medici, ricercatori e professionisti provenienti da tutto il mondo. La tecnologia e4shield è stata inoltre oggetto di una recente campagna di test presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Università degli Studi di Milano, che ha avuto a oggetto la duplicazione dei test già effettuati presso i laboratori di ViroStatics, sia sul virus del Covid che su quello dell’Influenza stagionale. I risultati ottenuti hanno confermato una straordinaria efficacia di inattivazione prossima al 90%. Recentemente anche la Commissione Europea in un report sviluppato da JRC ha inserito la tecnologia delle onde elettromagnetiche nel panel delle soluzioni efficaci per la inattivazione dei virus indoor e sempre lo stesso report ha, negli allegati, inserito la nostra tecnologia come esempio.

A livello intuitivo questa tecnologia potrebbe servire per contrastare anche altre tipologie di virus.
È così: stiamo già lavorando per ampliare il numero di virus umani sui quali può essere efficace l’inattivazione. Il prossimo che intendiamo testare è l’Rsv, il virus respiratorio sinciziale, molto rischioso quando colpisce i bambini. Siamo così convinti della sua efficacia, che – in collaborazione con Campus biomedico di Roma – ne stiamo verificando le capacità anche sui batteri, inizialmente su legionella e pneumococco. Altro fronte su cui puntiamo è l’estensione nei confronti dei virus animali, dato che in ambito sanitario ormai si parla di one health, dove mondo animale e umano vanno considerati congiuntamente. Anche alla luce del fatto che le pandemie dell’ultimo secolo, dalla Sars alla Mers e allo stesso Covid, hanno fatto il salto di specie dall’animale all’uomo. Abbiamo già effettuato delle verifiche nei confronti dell’aviaria e dell’influenza suina, confermandone l’efficacia anche in questo caso al 90%. Pertanto, da settembre saremo in grado di commercializzare anche dei device sviluppati appositamente per gli allevamenti di ovini e di suini.

Ormai non passa giorno senza la notizia di una ricerca internazionale che metta in allarme sulle potenziali prossime pandemie che potrebbero, secondo alcuni, far impallidire quella da Covid. Se ci fossero stati i vostri dispositivi, quante vittime si sarebbero risparmiate?
Non è un dato quantificabile, ma è anche vero probabilmente che – se non ci fosse stato il Covid – questa tecnologia non avrebbe visto la luce: e4life è figlia di quell’emergenza. Certo, è facile immaginare che l’impatto avrebbe potuto essere importante in molte circostanze: avere uno scudo elettromagnetico nei confronti dei virus respiratori sicuramente avrebbe contribuito a limitare fortemente il contagio. Riguardo invece al rischio pandemico, c’è una dichiarazione molto interessante dell’Oms, che mette in guardia sull’aviaria in quanto futura possibile nuova pandemia. L’aviaria è l’influenza dei polli già passata all’uomo; negli Usa è stato dimostrato che ha fatto il salto dai polli alle mucche, e – avendone infettato il latte – alle persone. Nel momento in cui una mutazione le consentirà di passare da uomo a uomo, potrebbe diventare pandemica. Le ricerche a riguardo sono consultabili da tutti, non sto inventando nulla.

Il device e4ambient, formulato in versione ambientale

Quale sarà il prossimo step?
Virus respiratori umani, virus respiratori animali e batteri, sono i tre filoni su cui stiamo lavorando e di cui ci occuperemo nei prossimi anni. Fino ad arrivare al culmine di questo processo di innovazione, ovvero a uno strumento integrato che possa fare la detection del virus, quindi un device capace di mappare prima l’aria per attivare la frequenza giusta al fine di inattivare gli agenti patogeni rilevati. È un progetto su cui stiamo lavorando in collaborazione con la New York University, e per il quale dovranno passare circa due anni per l’industrializzazione. Altro step è la miniaturizzazione del device per renderlo sempre più wearable.

Includerete la funzione in uno smartwatch?
Sarebbe l’ideale, lavoriamo affinché anche la nostra tecnologia possa essere integrata nativamente in oggetti d’uso comune, come un telefono cellulare. La visione a medio termine è proprio che essa possa evolvere verso nuovi patogeni, ma anche evolvere dal punto di vista dimensionale e tecnologico.

Come stanno reagendo gli interlocutori a cui avete presentato la vostra tecnologia?
Dipende, in Italia stiamo avendo un buon riscontro da alcuni ospedali e abbiamo già avviato collaborazioni anche con varie istituzioni e università, e lo stesso sta accadendo in Inghilterra. In altri casi l’accoglienza è stata un po’ più “interlocutoria”, ma credo che sia comprensibile vista la componente assolutamente innovativa dei nostri device. Inoltre, come dicevo, in questa prima fase stiamo lavorando per far conoscere la nostra tecnologia alle aziende, le quali hanno il doppio interesse a proteggere i propri dipendenti e i propri clienti, si va dagli uffici veri e propri ai negozi, dai mezzi di trasporto agli ospedali, a qualsiasi ambiente in cui si opera e in cui possono esserci affollamenti di persone. È un modo per tutelare oltre alla salute anche la produttività dell’impresa. La tecnologia è già stata commercializzata e accolta bene anche a livello internazionale, suscitando l’interesse degli operatori alle fiere internazionali delle innovazioni come la Medica di Düsseldorf, l’Arab Health di Dubai, mentre a giugno partecipiamo alla Medtech di Birmingham. A livello di commercializzazione e distribuzione, oltre a Italia ed Europa, copriamo già tutta l’area del Golfo, e stiamo ottenendo le necessarie certificazioni perché i nostri non sono device medico-sanitari bensì elettronici; quindi, per la commercializzazione necessitano delle relative certificazioni di compatibilità comparabili a quella CE, che abbiamo peraltro già ottenuto per Australia, Arabia Saudita, Uae, Egitto e Singapore, e dovremmo presto ottenere per Canada e Giappone.

La biodifesa applicata a questo contesto è un mercato assolutamente nuovo, o mi sbaglio?
Non sbaglia: è un’evoluzione di quanto fa da sempre fa Elt Group, dal difendere tramite le onde elettromagnetiche aerei, sommergibili, carrarmati, ora è passata alla difesa dell’uomo, alla biodifesa appunto. Mentre Leandlease, società internazionale attiva nella riqualificazione delle grandi aree urbane, ha deciso di investire in e4life perché ha da sempre agito con la visione di creare luoghi in cui le comunità possano prosperare, come appunto Mind, il cui Dna racconta di un futuro da disegnare attraverso un presente da vivere, nella sua complessità, con programmi e progetti di innovazione, dalla scienza della vita all’evoluzione tecnologica. Di fatto, dare vita a un nuovo mercato, facendo conoscere un nuovo brand e una tecnologia così innovativa, non è un’operazione semplice per una start up con poco più di un anno di vita, e tre di ricerca e sperimentazioni alle spalle. Anche se, bisogna dire, avere due aziende come Elt e Lendlease alle spalle non è da tutti.

Nella sua carriera si è occupato della digitalizzazione dei servizi di Poste Italiane; quindi, ha avuto a disposizione un prezioso punto di osservazione. Qual è la capacità di assimilazione delle novità tecnologiche nel nostro Paese?
Saprà accogliere una novità come l’intelligenza artificiale? Domanda difficile. Credo che l’Italia abbia una buona propensione non solo nell’assimilare l’innovazione tecnologica, ma anche nel generarla. Quindi sono assolutamente ottimista, perché ha dimostrato sempre un buon livello di reazione, anche se a volte è il “Sistema Paese” a non essersi dimostrato all’altezza. Confido però che anche in tema di intelligenza artificiale potremo addirittura aspirare a essere dei precursori e degli sviluppatori di alcune soluzioni. Oggi ci sono delle aziende italiane che, facilitando processi, fanno innovazione quotidiana; è un tipo di innovazione defilata, non conclamata, ma non per questo meno rilevante. Pensi solo agli straordinari risultati che è riuscita a raggiungere Poste Italiane negli ultimi 15 anni nei servizi digitali…

Un’ultima cosa, qual è il concetto di innovazione che state applicando nello sviluppo della vostra impresa?
Più che un concetto, l’innovazione è la nostra ragione sociale: noi viviamo di innovazione, ne siamo immersi. Non potrebbe essere altrimenti. E soprattutto l’innovazione è un obiettivo mai raggiunto del tutto, quanto piuttosto un elemento in evoluzione. Si tratta di pensare in modo continuo a come migliorare e/o fare diversamente e/o indirizzare la stessa soluzione in modi diversi verso ambiti differenti. Passando dal concetto aulico al concetto molto basico: e4life non sarebbe mai nata se non ci fossero stati a monte i 70 anni di ricerca e investimenti di Elt e la spinta evolutiva e le risorse di Lendlease. L’innovazione è una forma mentis che non nasce mai per caso.


Questa intervista è stata pubblicata su Business People di giugno 2024. Scarica il numero o abbonati qui

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